Palestina. Se Hamas rafforza la propria posizione, Qatar permettendo

 L'asse con il Qatar, le rinnovate relazioni con l'Egitto, il dialogo con Fatah. Il movimento di resistenza islamico prova ad adattarsi alla nuova realtà geopolitica che lo circonda con una grande novità: la doppia leadership potrebbe essere un ricordo del passato.


di Marco Di Donato

L'8 dicembre 2012 Khaled Mesha'al ha visitato Gaza per la prima volta nella sua vita e le immagini della sua prostrazione sul terreno palestinese hanno immediatamente fatto il giro del mondo.
L'ultima drammatica offensiva israeliana ha rafforzato l'immagine del movimento islamista che, secondo i rilievi del Palestinian center for policy and survey research, allo stato attuale vincerebbe una eventuale contesa elettorale per la poltrona di presidente dell'Autorità nazionale palestinese.
Isma'il Haniyeh (leader di Hamas a Gaza) otterrebbe infatti il 48% contro il 45% di Abu Mazen. Solo tre punti di distacco, che però segnerebbero il sorpasso degli storici avversari di Fatah.
Perché nemmeno nel 2005, l'anno procedente alla vittoria elettorale del movimento di resistenza islamico alle elezioni legislative, si registravano margini di consenso così ampi.
Le scorse settimane migliaia di sostenitori di Hamas si sono riuniti in piazza a Nablus, dopo cinque anni di totale assenza dalla scena: anche questo è un segnale di come il movimento islamista stia, seppur faticosamente, riemergendo anche nella West Bank.
Hamas esce dunque rafforzato dalla breve ma drammatica crisi che ha coinvolto la popolazione civile di Gaza, l'esercito israeliano e i miliziani palestinesi, ma forse più di tutto c'entrano gli eventi di questi ultimi due anni.
La salita al potere dei Fratelli Musulmani in Egitto, la visita della massima autorità di Doha nella Striscia di Gaza, il rinnovato sostegno turco.
Tre elementi che hanno permesso, o quanto meno stanno permettendo, al movimento di resistenza islamico di riallacciare relazioni internazionali dopo anni di isolamento.
Il sostegno ottenuto dal Qatar, ad oggi indiscusso protagonista regionale, sembra essere il principale punto di forza di Hamas.
Secondo alcuni analisti come Mehdi Lazar della Sorbonne di Parigi, il Qatar starebbe usando Hamas per isolare ulteriormente la posizione iraniana nella regione.
Doha avrebbe prima promesso 250 milioni di dollari per il prossimo febbraio per poi aumentare la posta in gioco fino a 400 milioni.
E Hamas ha disperatamente bisogno di quel denaro, specialmente se si considera - continua ancora Lazar -, che in seguito allo spostamento del Politburo da Damasco e alla presa di distanza nei confronti di Bashar al-Assad, Teheran ha deciso di non finanziare più (o quanto meno di ridurre) il flusso di denaro nella casse del movimento di resistenza islamico.
Ciononostante, il 'trasloco' di sede del Politburo (ufficio in esilio da cui Khaled Mesha'al ha storicamente diretto le attività di Hamas) dalla capitale siriana a quella del Qatar non si è ancora tradotto nell'apertura di una rappresentanza ufficiale.
Ma potrebbe non essercene bisogno.
La grandissima novità per Hamas consiste infatti nella possibilità di gestire diversamente il valico di Rafah, condizione questa che ha permesso la recentissima visita di Mesha'al. Una visita che solo un anno fa sarebbe stata impensabile.
Una visita che inevitabilmente apre nuovi scenari per le strategie future del movimento islamista. La possibilità di riunire la leadership in un unico luogo in maniera stabile, Gaza appunto, permetterebbe ad Hamas di superare il faticoso bicefalismo che da sempre caratterizza la sua catena di comando.
I dissidi fra leadership interna ed esterna sono infatti da considerarsi come uno fra i principali punti di debolezza di Hamas. Divergenze, dissonanze, quando non persino scontri fra gli uomini che risedevano a Gaza e quelli di stanza a Damasco su questioni di politica estera, ma soprattutto interna.
Haniyeh e Mesha'al potrebbero essere oggi invece in grado di unire i propri uffici e garantire maggiore linearità al processo decisionale del movimento di resistenza islamico. Il tutto a condizione che uno dei due leader rinunci a parte del suo potere.
Scenario non impossibile, se si considera come recentemente proprio Mesha'al abbia espresso la volontà di non ricandidarsi alla guida dell'ufficio politico in esilio di Hamas.
Chiunque guiderà Hamas è molto probabile che si trovi a farlo da una nuova posizione di rinnovata forza, riassunta proprio nelle parole di Khaled Mesha'al che, dinanzi ad una folla estasiata riunitasi in piazza l'8 dicembre 2012 in occasione dell'anniversario della nascita del movimento, ha pronunciato un infuocato discorso.
“La Palestina è la nostra, dal fiume (il Giordano, ndr) al mare (Mediterraneo, ndr), dal Sud al Nord. Non ci sarà nessuna concessione su un solo centimetro di terra […] Non riconosceremo mai la legittimità dell'occupazione israeliana e pertanto non vi è alcuna legittimità per Israele: non importa quanto tempo ci vorrà”. Ovviamente Qatar permettendo.

Palestina. Se Hamas rafforza la propria posizione, Qatar permettendo


27 dicembre 2012

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