(Betlemme) - «Dal 2001 ad oggi in Cisgiordania l'esercito israeliano
ha sradicato più di mezzo milione di alberi d'ulivo per la costruzione
del muro di separazione, per l'ampliamento degli insediamenti e per le
strade di collegamento tra le varie colonie israeliane. Uno degli
obiettivi principali della nostra campagna è quello di ripiantare gli
olivi là dove sono stati distrutti o confiscati». Chi parla è Kristel
Denise, la coordinatrice dell’iniziativa olandese di solidarietà con la
campagna palestinese Albero d’ulivo, lanciata nel 2002 dalle organizzazioni cristiane Ymca di Gerusalemme Est e Ymca di Palestina,
con lo scopo di mantenere viva la speranza dei palestinesi attraverso
atti di concreta solidarietà da parte della società civile
internazionale. La campagna punta tra l’altro a ripiantare 50 mila ulivi
in tutto il territorio della Cisgiordania, alberi che vengono
“sponsorizzati” da individui, associazioni, Chiese, organizzazioni per i
diritti umani, e gruppi di solidarietà di tutto il mondo.
«L'ulivo è il simbolo della Palestina e viene associato alla pace,
alla saggezza, alla prosperità, alla pazienza e alla perseveranza -
spiega Kristel -. Viene definito l'albero generoso: richiede poca acqua e
poca cura, eppure dà grandi quantità di olive, che i palestinesi usano
per produrre olio ed altri beni come il sapone e i farmaci naturali. In
media ogni singolo albero produce ogni anno 9 chili di olive, che
equivalgono a due litri d’olio».
Secondo quanto riportato dal rapporto dell'Ufficio Onu per le
questioni umanitarie (Ocha) del 16 ottobre 2012, circa il 48 per cento
delle terre agricole palestinesi è coltivato a ulivi (circa 8 milioni di
alberi) e l'olio d'oliva rappresenta il 14 per cento del reddito
agricolo totale della Palestina, costituendo la base principale di
sostentamento per oltre 80 mila famiglie.
La raccolta delle olive, che avviene nei mesi di ottobre e novembre,
rappresenta un evento molto importante per i palestinesi dal punto di
vista economico, sociale e culturale.
«Alcuni bambini in questo periodo non vanno scuola e molte persone
prendono ferie dal lavoro per aiutare la famiglia - continua Kristel -. È
un momento in cui, sotto gli ulivi, si fanno picnic famigliari e i più
anziani raccontano storie tradizionali».
Nei mesi autunnali e in quelli primaverili la campagna Albero d’ulivo organizza
un programma speciale per i gruppi di internazionali che desiderano
aiutare i contadini palestinesi nel raccogliere e piantare gli alberi di
ulivo nelle aree minacciate dagli attacchi dei coloni e dalle
restrizioni imposte dall'esercito israeliano.
«La mia famiglia non sarebbe stata in grado di fare la raccolta senza
la presenza di giovani internazionali», racconta Shirin Elayan, una
vivace donna di Hussan, un villaggio a sud-ovest di Betlemme. «Ogni anno
i coloni dell'insediamento di Bitar Illit che sorge su terra confiscata
alla nostra famiglia e a quella appartenente a molti altri palestinesi
dell'area, ci tirano sassi e bruciano i nostri alberi. Avere accanto a
noi la presenza di internazionali, è una forma di protezione e garanzie
perché se ci sono loro molto spesso soldati e coloni limitano le
aggressioni».
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