"Il ruolo degli islamisti nella nuova strategia americana". L'opinione di Ahmed Assid





Che ruolo stanno giocando i partiti islamisti saliti al potere nei paesi delle 'Primavere'? Rassicurare l'Occidente, il Golfo e Israele che i loro interessi non saranno toccati. E comprimere la democrazia con l'islamizzazione interna. E' l'opinione di Ahmed Assid, attivista marocchino.


di Ahmed Assid* - traduzione a cura di Anna Toro 

La politica estera americana si fonda su quel principio eterno del pragmatismo, così definito da William James: “Nessuna cosa ha un valore in sé; il valore proviene dall'uso che se ne fa”.
Ed è questo il principio che fa sì che l'America non abbia amici o nemici eterni, ma che solo i suoi interessi lo siano. 
Il principio del pragmatismo, dunque, porta gli Stati Uniti a rivedere continuamente le sue alleanze. Così, se i suoi alleati tradizionali si trovano in una posizione di debolezza o disgregazione, allora gli americani cercheranno alternative strategiche per preservare i loro interessi da qualunque minaccia che potrebbe pesare su essi.
Di fatto, dunque, i governanti possono cambiare, le politiche possono differire, gli slogan possono evolvere, ma tutto resterà sempre e comunque al servizio degli interessi superiori dello Zio Sam.
Dopo la rivoluzione tunisina e tutto ciò che ne è seguito, in quel paese e altrove, la preoccupazione degli americani si è incentrata sulla sorte di questo spazio, di questo tassello che loro hanno trascorso decenni a installare, e che ha messo il petrolio e la sicurezza di Israele al riparo da tutti i rivolgimenti politici in Medio Oriente.
Poi è arrivata la Primavera araba con le sue rivoluzioni, che hanno tolto il tappo all'inarrestabile ascesa degli islamisti nella maggior parte dei paesi interessati.
Questa ascesa politica è stata certamente favorita da numerosi fattori.


La prima responsabilità è dei regimi decaduti, attraverso la strumentalizzazione della religione in campo politico e il ricorso al salafismo nelle scuole e nei media, al fine di ostacolare le correnti islamiste che erano di volta in volta in odore di santità o in disgrazia.
Poi, durante le rivoluzioni e immediatamente dopo, è stato evidente l'impegno di Arabia Saudita e Qatar nel provare a prendere il controllo della situazione in favore dei loro alleati occidentali, preservando comunque i loro dogmi conservatori. Un'equazione che è stata riassunta da uno dei principali promotori di questo nuovo approccio politico, ossia lo stesso emiro del Qatar.
"L'ascesa degli islamisti non minaccia gli interessi dell'Occidente, tanto quanto non mette in pericolo Israele o i regimi arabi “stabili”. E' chiaro ed evidente che questa equazione, e l'approccio da essa supportato, non tiene alcun conto delle aspirazioni popolari arabe in materia di democrazia, di modernità e di sviluppo.
Ecco dunque che gli islamisti recentemente promossi agli affari rendono la cortesia... Dopo il loro accesso ai governi dei rispettivi paesi, non hanno cessato di indirizzare messaggi e segnali rassicuranti ai paesi del Golfo, a quelli occidentali e a Israele.
L'ultimo avvenimento recente che si iscrive in questa politica è  la designazione estremamente rapida di un ambasciatore egiziano a Tel Aviv  da parte del nuovo presidente Morsi, dei Fratelli (Musulmani, ndt), lo stesso che durante la campagna elettorale non aveva cessato di inveire contro “il nemico sionista”, a cui prometteva i peggiori tormenti e i più feroci castighi.
Non c'è neanche bisogno di ricordare, poi, la singolare presenza di un israeliano all'ultimo congresso del PJD marocchino, immediatamente seguita da una ridicola farsa per sedare gli ingenui e rassicurare gli scettici. Lo stesso per quanto riguarda Ennahda in Tunisia, e gli esempi non si fermano certo qui.
Sembra dunque, attraverso tutti questi avvenimenti, che gli islamisti saranno necessariamente gli araldi (e pure gli “eroi”) della normalizzazione dei rapporti con Israele nei mesi e negli anni a venire

L'obiettivo dell'operazione è evidente: rassicurare l’Occidente sul fatto che i suoi interessi non saranno minacciati, neppure influenzati, e che gli islamisti sono pronti a prendere in mano la strategia regionale.
Ma, nel frattempo, in maniera progressiva e grazie ai capitali del Golfo, una missione di islamizzazione interna piuttosto muscolare e virile sarà portata avanti con tutti i mezzi, pacifici e non. E allora l'Occidente non potrà dire niente, né fare nulla contro questa prevedibile compressione democratica.
E visto che qualsiasi alleanza ha dei limiti e che qualsiasi strategia ha dei difetti, l'elemento perturbatore di tutto ciò potrebbe trovarsi nelle forze democratiche dei paesi in questione, nel grado di maturità dei loro popoli e nelle aspirazioni di queste società che hanno messo gli islamisti al potere.
Quegli islamisti che non hanno la stessa concezione di democrazia dei loro giovani.

*Ahmed Assid è uno scrittore, filosofo e attivista politico marocchino. Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano marocchino al-Hadat al-Maghribiyya e, in lingua francese, da Panoramarco.

21 settembre 2012


"Il ruolo degli islamisti nella nuova strategia americana". L'opinione di Ahmed Assid

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