Michael Warschawski : la guerra di Israele contro l'Iran: vista da sotto e da sopra



La guerra di Israele contro l’Iran: vista da sotto e da sopra.
di Michael Warschawski 
Tre giorni di vacanza con la famiglia in Galilea: questa è una grande opportunità per incontrare Israele, il vero Israele, non quello di alcuni quotidiani e sondaggi di opinione. I giornali che leggiamo annunciano tutti un imminente attacco di Israele contro l’Iran e sono prevenuti nei confronti delle energiche dichiarazioni del ministro della difesa Ehud Barak. Eppure, le centinaia di persone che abbiamo incontrato in vacanza sembrano essere lontane centinaia di miglia da quest’apocalisse.
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Gli israeliani fanno entrambe le cose: si godono le vacanze e credono che Israele dovrebbe attaccare l’Iran.

Promuovendo la prosperità economica, essi approfittano dei numerosi siti ricreativi della zona, dei parchi acquatici e dei ristoranti di frutti di mare sulle rive del lago di Tiberiade, creando enormi ingorghi di traffico sulle strade che portano al monte Hermon e alle molte tombe di rabbini miracolosi che intervengono per dare un bambino a una coppia senza figli o che trovano un marito per una donna che vi ha quasi rinunciato. 
Ancor più sorprendente è il gran numero di famiglie in vacanza. Almeno l’80% dei vacanzieri che abbiamo incrociato, confermando in tal modo le statistiche propalate riguardanti la comunità ebraica di Israele, sono religiosi. In molti casi si trattava di famiglie numerose con più di sei figli a coppia. 
Dato che il turismo è popolare e relativamente a buon mercato, con noi, in Galilea, di persone appartenenti alla classe media e di residenti laici di Tel Aviv c’è ne solo pochi; gli altri possono permettersi una vacanza in Grecia o, con un po’ più di denaro, in Turchia o in Toscana. 
In diverse occasioni ho cercato di deviare le conversazioni sulla questione iraniana. Coloro che non hanno risposto dicendo: “lascia da parte la politica, sei in vacanza,” erano quasi unanimi nel sostenere la necessità di un attacco preventivo contro la Repubblica iraniana. Sembra che, ancora una volta, la maggior parte degli israeliani siano degli struzzi e la ricetta sia quella di nascondersi dietro all’espressione yihye [con enfasi] beseder [con accenti]! Tradotta grossomodo “Non ti preoccupare, andrà tutto bene.” Non c’è dubbio che sono troppo giovani per ricordare un altro capitolo della storia di Israele, nel quale lo slogan nazionale era yihye beseder: il fiasco dell’ottobre del 1973 e i migliaia di morti. Gli spensierati vacanzieri della Galilea, o quelli che se ne stanno sdraiati sulla spiaggia di Tel Aviv, sono in totale disaccordo con i rapporti allarmistici dei funzionali della sicurezza e di altri esperti, che, tutti, mettono in guardia contro un attacco del genere. 
“Sono pronto ad assumermene la responsabilità,” ha annunciato di recente Netanyahu. Questo conforterà sicuramente le famiglie delle vittime della rappresaglia iraniana – solo (sic) 500, ha promesso Barak. Due fanatici ci stanno portando alla catastrofe, al rischio di una guerra totale nella regione e alla morte di migliaia di persone. 
Di ritorno da questi pochi giorni di vacanza, ho letto sul giornale di una richiesta di cittadini rivolta ai piloti, con la quale si chiede loro di non obbedire agli ordini di bombardare l’Iran e, soprattutto, di “una lettera urgente al primo ministro”, firmata dai più grandi scrittori di Israele, tra cui Amos Oz e Yoran Kaniouk, nella quale hanno domandato che, per lo meno, venga coinvolto l’intero governo in una decisione qual è l’attacco di un altro paese, come stabilito dalla Legge costituzionale. Manifestazioni parallele contro la guerra sono in aumento, specie a Tel Aviv. Ma non è troppo tardi? 
(tradotto da mariano mingarelli)


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