Siria: la guerra delle menzogne e dell’ipocrisia
di Robert Fisk – 30 luglio 2012
C’è mai stata in Medio Oriente una guerra di simile ipocrisia? Una guerra di tale codardia e di tale meschina moralità, di tale falsa retorica e di tale umiliazione pubblica? Non parlo delle vittime fisiche della tragedia siriana. Mi riferisco alle totali menzogne e alla totale mendacità dei nostri padroni e della nostra opinione pubblica – orientale e occidentale – in risposta al massacro, una brutale pantomima degna più di una satira alla Swift che di Tolstoj o Shakespeare Mentre il Qatar e l’Arabia Saudita armano e finanziano i ribelli siriani per rovesciare la dittatura alauita/sciita di Bashar al-Assad, Washington non biascica una parola di critica contro di loro. Il presidente Barack Obama e il suo Segretario di Stato, Hillary Clinton, dicono di volere la democrazia in Siria. Ma il Qatar è un’autocrazia e l’Arabia Saudita è tra le più funeste dittature-reali-califfali del mondo arabo. I governanti di entrambi gli stati ereditano il potere dalle proprie famiglie – proprio come ha fatto Bashar – e l’Arabia Saudita è un alleato dei ribelli salafiti-wahabiti siriani, proprio com’è stata il fervente sostenitore dei talebani medievali durante gli anni bui dell’Afghanistan In effetti 15 dei 19 dirottatori-assassini di massa dell’11 settembre 2001 provenivano dall’Arabia Saudita, dopo di che, naturalmente, abbiamo bombardato l’Afghanistan. I sauditi stanno reprimendo la stessa propria minoranza sciita proprio come ora vogliono distruggere la minoranza alauita-sciita in Siria. E noi crediamo che l’Arabia Saudita voglia creare una democrazia in Siria?
Poi abbiamo la milizia/il partito sciita Hezbollah in Libano, braccio destro dell’Iran sciita e sostenitore del regime di Bashar al-Assad. Per trent’anni Hezbollah ha difeso gli sciiti oppressi del Libano meridionali dall’aggressione israeliana. Si è presentato come il difensore dei diritti dei palestinesi nella West Bank e a Gaza. Ma di fronte al lento crollo del suo spietato alleato in Siria, ha perso la lingua. Non ha pronunciato neppure una parola – né lo ha fatto il suo principesco Sayed Hassan Nasrallah – a proposito degli stupri e degli omicidi di massa di civili siriani da parte del soldati di Bashar e della milizia “Shabiha”.
Poi abbiamo gli eroi degli Stati Uniti: La Clinton, il Segretario alla Difesa Leon Panetta e lo stesso Obama. La Clinton invia ad Assad un “monito severo”. Panetta – lo stesso uomo che ha ripetuto alle ultime forze statunitensi in Iraq la vecchia menzogna del collegamento di Saddam all’11 settembre – annuncia che le cose stanno “entrando in una spirale fuori controllo” in Siria. Lo stanno facendo da almeno sei mesi. Se n’è reso conto solo adesso? E poi Obama la settimana scorsa ci ha detto che “considerate le scorte di armamenti nucleari del regime, continueremo a rendere chiaro ad Assad … che il mondo sta osservando.” Ora, non fu un giornale della Contea di Cork (Irlanda) chiamato lo Skibbereen Eagle [L’aquila di Skibbereen] che, timoroso dei disegni della Russia sulla Cina, dichiarò che stava “tenendo d’occhio … lo zar della Russia?” Ora è il turno di Obama di sottolineare quale piccola influenza egli abbia sui potenti conflitti del mondo. Di sicuro Bashar deve essere preso dalla tremarella!
Ma quale amministrazione statunitense vorrebbe davvero vedere gli atroci archivi delle torture di Bashar svelati ai nostri occhi? Perché, solo pochi anni fa, l’amministrazione Bush inviava mussulmani a Damasco ai torturatori di Bashar perché strappassero loro le unghie per ottenere informazioni, imprigionati a richiesta del governo statunitense nello stesso girone infernale che i ribelli siriani hanno fatto saltare in aria la settimana scorsa. Le ambasciate occidentali hanno doverosamente fornito ai torturatori dei prigionieri le domande per le vittime. Bashar, capite, era il nostro pupillo.
Poi c’è quel paese confinante che ci deve così tanta gratitudine: l’Iraq. La settimana scorsa ha sofferto in un giorno solo 29 attacchi dinamitardi in 19 città, che hanno ucciso 111 civili e ne hanno feriti altri 235. Lo stesso giorno il bagno di sangue siriano ha divorato circa lo stesso numero di innocenti. Ma l’Iraq era “a fondo pagina” rispetto alla Siria, sepolto “alla fine della videata”, come diciamo noi giornalisti; perché, naturalmente, abbiamo donato la libertà all’Iraq, la democrazia jeffersoniana, ecc. ecc., non è così? Dunque questo massacro a est della Siria non ha avuto lo stesso impatto, vero? Nulla di quel che abbiamo fatto nel 2003 ha portato alle sofferenze odierne dell’Iraq. Giusto?E, parlando di giornalismo, chi nel programma della BBC Notizie dal Mondo ha deciso che persino i preparativi per le Olimpiadi dovessero avere la precedenza per tutta la settimana scorsa sulle violenze in Siria? I giornali britannici e la BBC in Gran Bretagna naturalmente si apriranno con le Olimpiadi in quanto evento locale. Ma, in una deplorevole decisione, la BBC – trasmettendo al mondo notizie “mondiali” – ha anche deciso che il passaggio della fiamma olimpica era più importante della morte di bambini siriani, anche quando ha il suo coraggioso corrispondente che invia i suoi dispacci direttamente da Aleppo.
Poi, naturalmente, ci siamo noi, da bravi liberali, così veloci nel riempire le strade di Londra per protestare contro il massacro israeliano dei palestinesi. Giustamente, è ovvio. Quando i nostri dirigenti politici sono lieti di condannare gli arabi per la loro barbarie ma troppo timidi per spiccicare una parola della critica più moderata quando l’esercito israeliano commette crimini contro l’umanità – o vede i suoi alleati commetterli in Libano – la gente comune deve ricordare al mondo di non essere timida come i propri politici. Ma quando il conto dei morti raggiunge i 15.000 o i 19.000 – forse quattordici volte il numero delle vittime del barbaro massacro israeliano a Gaza nel 2008-2009 – a malapena un singolo dimostrante, eccettuati gli esuli siriani, scende in strada a condannare questi crimini contro l’umanità. I crimini di Israele non raggiungono questa dimensione dal 1948. Giusto o sbagliato che sia, il messaggio che emerge è semplice: pretendiamo giustizia e il diritto alla vita per gli arabi se sono massacrati dall’occidente e dai suoi alleati israeliani; ma non quanto sono massacrati dai loro fratelli arabi.
E tutto ad un tratto ci dimentichiamo la “grande” verità. Che questo è un tentativo di abbattere la dittatura siriana non a motivo del nostro amore per i siriani o del nostro odio per il nostro ex amico Bashar al-Assad, o per il nostro disprezzo della Russia, il cui posto nel pantheon degli ipocriti è chiaro quando osserviamo la sua reazione a tutte le piccole Stalingrado della Siria. No, tutto questo riguarda soltanto l’Iran e il nostro desiderio di schiacciare la Repubblica Islamica e i suoi infernali progetti nucleari – ammesso che esistano – e non ha nulla a che vedere con i diritti umani o con il diritto alla vita o la morte dei bambini siriani. Quelle horreur!
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