Sam Bahour and Fida Jiryis :Perché la Giornata della Terra è ancora importante
Sintesi personale
Ogni anno dal 1976, il 30 marzo, i palestinesi in tutto il mondo commemorano la Giornata della Terra per ricordare l'uccisione di sei palestinesi da parte dell'IDF. Le vittime del Land Day non erano i palestinesi dei territori occupati, ma cittadini dello stato, un gruppo che oggi conta oltre 1,6 milioni di persone, pari al 20,5 per cento della popolazione. Si tratta di cittadini considerati di serie B in uno stato che si definisce ebraico e democratico, ma in realtà non lo è.In quel giorno terribile di 36 anni fa, in risposta all'annuncio di Israele di volere espropriare migliaia di acri di terra palestinese per "motivi di sicurezza ," furono organizzati cortei e uno sciopero generali. La notte prima, in un ultimo tentativo di bloccare le proteste previste, il governo impose il coprifuoco nei villaggi palestinesi di Sakhnin, Arraba, Deir Hanna, Tur'an, Tamra e Kabul, nella Galilea occidentale. Il coprifuoco fallì , i cittadini scesero in strada. La Comunità palestinesi della Cisgiordania e di Gaza, così come quelli delle comunità dei rifugiati in tutto il Medio Oriente, manifestarono per esprimere la loro solidarietà.Negli scontri con l'esercito israeliano e la polizia, sei cittadini arabo -israeliani furono uccisi, circa 100 feriti e centinaia gli arrestati. Il mese successivo alle uccisioni, un documento interno del governo, noto come il Memorandum Koenig, raccomandava di "garantire gli interessi ebraici nazionali a lungo termine e di diluire le concentrazioni esistenti arabe ."Israele ha cercato di "diluire" la sua popolazione palestinese - sia musulmana sia cristiana - da allora. Trentasei anni dopo, la situazione è disastrosa come sempre.Razzismo e discriminazione dilagano in Israele in modo più insidioso della violenza fisica. La pulizia etnica fa parte del discorso pubblico. Ministri israeliani utilizzano il termine "trasferimento di popolazione" dei cittadini palestinesi .La pretesa di israele di essere riconosciuto come "stato ebraico" li spinge a negare sé la propria esistenza e ad accettare luna situazione di inferiorità nella propria terra. La minaccia di revocare la cittadinanza a chi non presta giuramento di fedeltà ,è una pratica sconosciuta in altri paesi.I fondi per la salute e l'istruzione assegnati dal governo israeliano al settore arabo sono, pro capite, una frazione rispetto quelli assegnati agli ebrei . Nonostante le centinaia di nuove città e insediamenti ebraici approvati e realizzati dalla creazione di Israele, lo stato continua ad impedire a città e villaggi arabi di espandersi. Palestinesi che vivono in Israele sono fortemente discriminati in materia di occupazione e di salari. La Giornata della Terra viene , quindi , utilizzata dai palestinesi in Israele e altrove per ricordare e raddoppiare gli sforzi per l'emancipazione. I nomi delle sei vittime della Giornata della Terra sono scolpiti nel monumento del cimitero di Sakhnin e la lapide riporta queste parole : "Si sono sacrificati per noi ... quindi, sono vivi ". Sul retro del monumento ci sono i nomi dei due scultori che l'hanno creato: un arabo e un ebreo . Forse questo riconoscimento comune della tragedia palestinese, oggi è richiesto ad Israele per farci andare oltre l'abisso della negazione. Da parte nostra, come palestinesi di seconda generazione nati e cresciuti fuori della Palestina, noi vediamo la Giornata della Terra come un campanello d'allarme per gli ebrei israeliani e gli ebrei in tutto il mondo: solo la libertà e l'uguaglianza possono fornire una pace duratura per tutti i soggetti coinvolti.
Sam Bahour è un palestinese-americano . Il suo blog è www.epalestine.com.
Why Land Day still matters
La riforma degli alloggi, di cui il primo ministro Benjamin Netanyahu si è fatto portabandiera ignora totalmente o quasi le necessità della comunità araba. A sostenerlo è un rapporto pubblicato dal ‘Dirasat – Arab Center for Law and Policy’ in occasione della ‘giornata della Terra’ (Yom haadama, in ebraico e Yom al ard, in arabo) che ricorre domani.
Misna - Nel documento, che porta la firma dell’avvocato Keis Nasser si sottolinea che le raccomandazioni espresse dal comitato Trajtenberg per le riforme socioeconomiche “non portano alcuna soluzione per il problema della carenza di alloggi nella comunità palestinese”. Basato su sopralluoghi, interviste e documenti del ministero degli Interni israeliano, il rapporto evidenzia i numerosi ostacoli che impediscono lo sviluppo di centri e villaggi palestinesi sul territorio israeliano. “Tali ostacoli – è sottolineato – che impediscono alla comunità araba di espandersi in maniera lecita, la costringono a costruire abitazioni abusive, sempre a rischio demolizione”.
Per esempio il documento – di cui il quotidiano Haaretz risporta ampi stralci – cita la sospensione da parte del Distretto settentrionale per la pianificazione urbanistica delle costruzioni in 26 tra villaggi e conglomerati per “inadeguato sistema fognario”. Un cane che si morte la coda poiché, denuncia il rapporto “le risorse necessarie per migliorare le infrastrutture civili sono rese inaccessibili ai palestinesi dall’amministrazione centrale”.
Nel presentare il rapporto, il direttore di Dirasat Yousef Jabarin ha citato la “massiccia e progressiva confisca di terreni alle famiglie palestinesi” tra le cause della penuria di abitazioni per la comunità araba.
La riforma delle abitazioni – che prevede oltre alla realizzazione di case popolari anche pesanti sanzioni per le società di costruzione che cercano di speculare sulla crisi immobiliare – rientra in un vasto programma di riforme disegnato attorno alle raccomandazioni del comitato Trajtenberg “per il cambiamento economico e sociale”. Il comitato era stato creato dal primo ministro Netanyahu per andare incontro alle richieste della classe media e dei giovani, scesi in piazza nei mesi scorsi per lamentare l’aumento dei prezzi delle case e il carovita.
Misna - Nel documento, che porta la firma dell’avvocato Keis Nasser si sottolinea che le raccomandazioni espresse dal comitato Trajtenberg per le riforme socioeconomiche “non portano alcuna soluzione per il problema della carenza di alloggi nella comunità palestinese”. Basato su sopralluoghi, interviste e documenti del ministero degli Interni israeliano, il rapporto evidenzia i numerosi ostacoli che impediscono lo sviluppo di centri e villaggi palestinesi sul territorio israeliano. “Tali ostacoli – è sottolineato – che impediscono alla comunità araba di espandersi in maniera lecita, la costringono a costruire abitazioni abusive, sempre a rischio demolizione”.
Per esempio il documento – di cui il quotidiano Haaretz risporta ampi stralci – cita la sospensione da parte del Distretto settentrionale per la pianificazione urbanistica delle costruzioni in 26 tra villaggi e conglomerati per “inadeguato sistema fognario”. Un cane che si morte la coda poiché, denuncia il rapporto “le risorse necessarie per migliorare le infrastrutture civili sono rese inaccessibili ai palestinesi dall’amministrazione centrale”.
Nel presentare il rapporto, il direttore di Dirasat Yousef Jabarin ha citato la “massiccia e progressiva confisca di terreni alle famiglie palestinesi” tra le cause della penuria di abitazioni per la comunità araba.
La riforma delle abitazioni – che prevede oltre alla realizzazione di case popolari anche pesanti sanzioni per le società di costruzione che cercano di speculare sulla crisi immobiliare – rientra in un vasto programma di riforme disegnato attorno alle raccomandazioni del comitato Trajtenberg “per il cambiamento economico e sociale”. Il comitato era stato creato dal primo ministro Netanyahu per andare incontro alle richieste della classe media e dei giovani, scesi in piazza nei mesi scorsi per lamentare l’aumento dei prezzi delle case e il carovita.
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