“Non sarò parte di questi crimini”: parla una refusenik

Qualche giorno fa, la 18enne israeliana Noam Gur ha pubblicamente annunciato la sua intenzione di rifiutare l’obbligo al servizio militare.

Nella lettera aperta, Gur comincia dicendo: “Rifiuto di entrare nell’esercito israeliano perché non intendo far parte di un esercito che, fin dalla sua creazione, è stato impegnato nel dominio di un’altra nazione, nel saccheggio e il terrorismo contro una popolazione civile sotto il suo controllo”.  (“I refuse to join an army that has, since it was established, been engaged in dominating another nation: An interview with Israeli refuser Noam Gur,” Mondoweiss, 12 March 2012).
La corrispondente di Electronic Intifada, Jillian Kestler-D’Amours, ha parlato con Gur sulle ragioni che l’hanno portata alla decisione di rifiutare il servizio militare, su quali reazioni abbia finora ricevuto e su quello che vuole che altri giovani israeliani sappiano in merito alla realtà dell’esercito israeliano.
JKD: Perché hai deciso di rifiutare il tuo servizio militare?
NG: Israele, dal giorno della sua creazione, sta commettendo crimini di guerra e crimini contro l’umanità, dalla Nabka (il trasferimento forzato di 750mila palestinesi tra il 1947 e il 1948) ad oggi. Lo vediamo nell’ultimo massacro a Gaza, lo vediamo nella vita quotidiana dei palestinesi sotto occupazione nella Striscia e in Cisgiordania, lo vediamo nella vita dei palestinesi in Israele, il modo in cui vengono trattati. Non credo di appartenere a questo posto. Non credo di poter personalmente prendere parte a tali crimini e penso che abbiamo il dovere di criticare l’istituzione militare e i crimini che compie e uscire allo scoperto per dire che non serviremo in un esercito che occupa un altro popolo.
JKD: Questo porta ad un’altra domanda: perché hai deciso di rendere pubblico il tuo rifiuto, invece di – come in genere fanno altri israeliani che non svolgono il servizio militare – usare una scusa?
NG: Dieci anni fa ci fu un imponente movimento di refusenik e negli ultimi due o tre anni è quasi scomparso. Sono la sola refusenik quest’anno, per me è un modo per far sapere alla gente che ancora esistiamo, prima di tutto. In secondo luogo, non voglio restare in silenzio. Sento che fin dalle scuole superiori, siamo sempre rimasti in silenzio. Lasciamo sempre che le nostre critiche escano fuori in piccoli circoli. Il mondo non lo sa, i palestinesi non lo sanno. Non so se cambierà qualcosa, ma io posso solo provare. Mi sento meglio con me stessa, sapere che ho provato a compiere anche solo il più piccolo cambiamento.
JKD: La tua famiglia ha avuto un’influenza nella tua decisione di rifiutare il servizio militare?
NG: I miei genitori non sono politicizzati. Entrambi hanno servito nell’esercito. Mio padre ha preso parte alla prima guerra in Libano ed è stato ferito. Mia madre, la stessa cosa. La mia sorella maggiore era nella polizia di frontiera. Il mio destino era terminare gli studi e entrare nell’esercito. Era il mio percorso naturale. Da quando ho 15 anni, ho iniziato ad interessarmi alla Nakba del 1948. Ho cominciato a leggere e a comprendere il quadro completo. Non so esattamente perché, ma è successo. Più tardi, ho letto le testimonianze e le storie di palestinesi della Cisgiordania e di ex soldati, ho conosciuto amici palestinesi e partecipato a manifestazioni di protesta in Cisgiordania, vedendo cosa sta avvenendo con i miei occhi. A 16 anni, ho deciso di non servire nell’esercito.
JKD: Quale reazione c’è stata dopo il tuo annuncio pubblico?
NG: I miei genitori non mi hanno sostenuto. Credo che mia madre e mio padre sappiano che non hanno possibilità di fermarmi perché è la mia decisione e ho 18 anni. Non sono più in contatto con la maggior parte dei miei compagni di scuola, molti di loro sono nell’esercito. Ho ricevuto tante positive risposte negli ultimi giorni, ma anche commenti poco amichevoli.
JKD: Come ti hanno fatto sentire simili commenti?
NG: Mi hanno fatto capire che devo andare avanti con quello che sto facendo. Molti commenti mi hanno fatto sentire…anche se erano crudeli, mi hanno fatto capire che sto facendo la cosa giusta perché sto seguendo i miei ideali. È quello che penso sia giusto e non mi importa di quello che la gente dice.
JKD: Cosa accadrà quando formalmente rifiuterai il servizio militare?
NG: Il 16 aprile devo presentarmi al centro di reclutamento di Ramat Gan. Andrò lì e dichiarerò che rifiuto. Starò lì qualche ora e poi sarò giudicata e condannata alla prigione, da una settimana ad un mese. passerò il mio tempo in un carcere femminile e poi sarò rilasciata. Quando sarò fuori, andrò di nuovo a Ramat Gan e di nuovo sarò condannata, da una settimana ad un mese. Continuerà così fino a quando l’esercito deciderà di smettere.
JKD: Cosa deve cambiare dentro la società israeliana perché sempre più giovani decidano di rifiutare il servizio militare?
NG: Non sono sicura ch questo possa accadere. Credo che siamo ad un punto di non ritorno. Se davvero vogliamo cambiare qualcosa nella società israeliana, la pressione deve essere davvero forte, da fuori. È per questo che sostengo la campagna Boicottaggio Disinvestimento & Sanzioni. È davvero difficile cambiare qualcosa dall’interno. Quasi impossibile.
KD: Cosa vorresti dire agli altri diciottenni israeliani che stanno per cominciare il servizio militare?
NG: Credo sia importante che ognuno guardi a cosa sta facendo. Penso che molti diciottenni, per mia esperienza personale, non sappiano cosa stanno per fare. Non sanno quello che accade a Gaza e in Cisgiordania. Il solo modo in cui vedranno i palestinesi per la prima volta sarà da soldati. Sarebbe intelligente per cominciare, prima di entrare nell’esercito, capire qual è la realtà. Cercare di realizzare, parlare con la gente. Non è così spaventoso. Cercare di leggere quello che la gente dice. Penso sia veramente importante capire quello che sta avvenendo.
Jillian Kestler-D’Amours è una reporter e regista di documentari a Gerusalemme. Potete trovare il suo lavoro su http://jkdamours.com

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