Giorgio Gomel, :Semi di pace


È difficile sostenere ideali di pace quando risuonano tamburi di guerra e incombono minacce di una deflagrazione fino al ricorso ad armi di distruzione di massa. È difficile discutere di modi di convivenza pacifica fra le genti quando si ripete, con cadenza angosciosa, come in questi giorni di marzo, lo stillicidio di devastazioni e lutti fra Gaza e il sud di Israele, risultato di una violenza insensata e inutile. È difficile, ma necessario. Necessario anche per ricordare a noi stessi, in un'Europa ripiegata su se stessa e indifferente alle sorti del mondo appena al di là dei suoi confini, che il conflitto fra israeliani e palestinesi è lì, irrisolto e minaccioso.
In Israele l'opinione pubblica appare chiusa in un rassegnato fatalismo, convinta dell'impossibilità della pace, tranne che per una minoranza preoccupata per l'anomalia di un'occupazione di territori abitati da palestinesi e delle continue vessazioni che a questi infligge nella vita quotidiana. Forse per l'incombere della minaccia esterna – l'Iran, Hezbollah, Hamas -, per il peso di condizioni economico-sociali difficili che hanno animato la protesa di massa dell'estete scorsa e per una tendenza a negare a se stessi la gravità di quanto accade per il futuro stesso di Israele.
Fra i palestinesi, il tentativo di alcuni gruppi di lottare in forme non violente contro l'occupazione, imitando in qualche modo le rivolte esplose nei paesi arabi, sembra per ora sopito. L'accordo da poco concluso fra Fatah e Hamas in vista di un governo di unità nazionale, regolari elezioni, abbandono della violenza e ripresa del negoziato con Israele appare già in dubbio..Appena Hamas si dispone, con ambiguità e contraddizioni, a un compromesso con Israele, le formazioni più oltranziste – la Jihad islamica – ritornano alla pratica nichilista del terrorismo contro le città del sud di Israele, ne provocano le ritorsioni, contano le vittime della loro stessa parte.
In questo quadro di un grigio monocolore, Confronti, con coraggio e ostinazione, insiste, organizzando e ospitando in Italia da 14 anni Semi di pace, un'iniziativa meritoria che consente a ONG israeliane e palestinesi, diverse per orientamento e attività, ma unite nell'aspirazione alla pace e alla riconciliazione, di comunicare i loro progetti a associazioni, scuole, comuni, mass media in Italia.
Come ha ricordato Vincenzo Vita, dell'associazione Italia-Palestina, nella conferenza stampa che ha presentato l'iniziativa alla Camera dei deputati, il conflitto fra i due popoli è relegato in secondo ordine nelle priorità del mondo, dell'Europa, dell'Italia ; è nostro dovere richiamare su di esso l'attenzione. A nome del Gruppo Martin Buber-Ebrei per la pace, ho detto come le ONG che partecipano a Semi di pace siano minoranze nei loro paesi, spesso osteggiate perché “visionari” o peggio “traditori”, ma è la storia stessa dei popoli a essere tracciata spesso da minoranze.
Quest'anno da Roma a Firenze, da Prato a Torino abbiamo ascoltato tre israeliani – Yehuda Stolov, Eitan Kremer eYuval Rahamim – e tre palestinesi –Morad Ahmad Muna, Daoud Boulos e Rihab Essai - esponenti di Interfaith encounter association, Neve Shalom-Wahat al-Salam e Parents' Circle.
La prima organizza incontri periodici fra ebrei, mussulmani e cristiani, muovendo dall'idea che le religioni possano essere strumenti di dialogo ed educazione alla pace, invece che elementi di divisione e oscurantismo. La seconda è un'esperienza unica, straordinaria che unisce utopia e realtà : un villaggio fra Gerusalemme e Tel Aviv dove da oltre trenta anni convivono famiglie di ebrei e arabi, condividendo lavoro, istruzione, vita quotidiana.
Infine Parents' Circle. Ne conobbi il padre fondatore molti anni fa – Yitzhak Frankenthal che perse il figlio Arik rapito e trucidato da Hamas nel 1994. Da allora per 500-600 famiglie di vittime della guerra e del terrorismo, israeliane e palestinesi , il lutto condiviso è diventato una spinta per un'azione politica comune. Invece di reagire alla violenza con la pulsione della vendetta, l'istigazione all'odio, il pregiudizio e la paura del “nemico” , esse ricercano il dialogo e la riconciliazione per fermare lo spargimento di sangue e lottare per la pace. 
Giorgio Gomel

http://www.martinbubergroup.org/documenti/art12-3.asp

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