Chris Hedges :L’AIPAC lavora per l’1 per cento


7 marzo 2011  Chris Hedges ha fatto questo discorso sabato sera a Washington, D.C: durante la dimostrazione Occupiamo l’AIPAC, organizzato da “Le donne di CODEPINK per la pace” e da altri gruppi pacifisti, religiosi e di solidarietà.
 La battaglia per la giustizia in Medio Oriente è la nostra battaglia. Fa parte della vasta battaglia globale contro l’1 per cento. E’ la battaglia per vivere invece che per morire. E’ la battaglia per comunicare invece che per  uccidere. E’ una battaglia per l’amore e non per l’odio. Fa parte della grande battaglia contro le forze delle grosse imprese di morte che regnano su di noi – l’industria dei carburanti fossili, i fabbricanti di armi, lo stato di sicurezza e sorveglianza, gli speculatori di Wall Street, le elite di oligarchi che aggrediscono i nostri poveri, i nostri uomini e donne che lavorano, i nostri bambini, uno su quattro dipende  dai buoni  alimentari  per mangiare, le elite che stanno distruggendo il nostro ecosistema e i suoi alberi, la sua aria e la sua acqua e che stanno mettendo in dubbio la nostra sopravvivenza come specie. Quello che è stato fatto a Gaza, la prigione all’aperto più grande del mondo, è un pallido riflesso di ciò che sta accadendo lentamente al resto di noi. E’ una finestra su come aumenta lo stato globale di sicurezza, il nostro nuovo sistema di governo che il filosofo della politica Sheldon Wolin chiama “totalitarismo al contrario”. E’ il riflesso di un mondo dove i potenti non sono obbligati dalla legge, sia a Wall Street che nei resti  infranti dei paesi che invadiamo e occupiamo, compreso l’Iraq con i suoi centinaia di migliaia di morti. E uno dei più grandi   promulgatori di questa demente ideologia di violenza usata per il gusto della violenza, di questo evidente disprezzo per le regole della legge nazionale e internazionale, è il Comitato Americano Israeliano per gli Affari Pubblici (American Israel Public Affairs Committee)  o AIPAC. ( vedi:http://it.wikipedia.org/wiki/AIPAC, n.d.T.).Ho trascorso sette anni in Medio Oriente. Ero il capo dell’Ufficio per il Medio Oriente per il New York Times. Ho vissuto due di quei sette anni a Gerusalemme. L’AIPAC non parla a nome degli Ebrei o di Israele. E’ un portavoce degli ideologi di destra, alcuni dei quali hanno potere in Israele e alcuni dei quali hanno potere a Washington, che credono che, poiché hanno la capacità di dichiarare guerra.     hanno il diritto di fare la guerra, e la cui lealtà, alla fine, non  è verso i cittadini di Israele, della Palestina o degli Stati Uniti, ma verso le elite delle grosse aziende, i contractor della difesa, coloro che fanno della guerra un affare, coloro che hanno trasformato  dei cittadini palestinesi, israeliani e americani, comuni  oltre a  centinaia di milioni di poveri del mondo, in  merci da sfruttare, reprimere e controllare.Non abbiamo portato la libertà, la democrazia e le virtù della civiltà occidentale al mondo  musulmano. Abbiamo portato il terrorismo di stato, la distruzione massiccia, guerra e morte. Non c’è una distinzione morale tra un attacco condotto con i droni e l’esplosione di un ordigno esplosivo rudimentale, tra chi si suicida facendosi esplodere e un assassinio mirato. Abbiamo usato il pugno di acciaio delle forze armate americane per impiantare le nostre compagnie petrolifere, occupare l’Afghanistan e assicurarci che il mondo musulmano rimanga remissivo e accondiscendente. Abbiamo appoggiato un governo israeliano che ha compiuto crimini di guerra in Libano e a Gaza e sta quotidianamente rubando  porzioni sempre più grandi di terra palestinese. Abbiamo impiantato una rete di basi  militari, alcune della dimensione di piccole città, in Iraq, Afghanistan, Arabia Saudita, Turchia e Kuwait, e ci siamo assicurati  il  diritto di costruire basi negli stati del Golfo :Bahrein, Qatar, Oman e Emirati Arabi Uniti.  Abbiamo esteso le nostre operazioni militari all’Uzbekistan, Kirghisistan, Tagikistan, Egitto, Algeria e Yemen. Nessuno crede, tranne forse noi, che abbiamo intenzione di andarcene.E non dimentichiamo che nel profondo del nostro mondo segreto di lontane  colonie penali in alto mare, di luoghi segreti,  e di centri usati per gli interrogatori e le torture, pratichiamo la crudeltà e la barbarie che accompagnano sempre il potere imperiale incontrollato.  C’erano tantissime di immagini crude e di video della prigione di Abu Ghraib che sono state rapidamente dichiarati riservati e nascosti agli occhi del pubblico. E in questi video, come ha riferito Seymour Hersh, le madri arrestate con i loro figli, spesso ancora bambini, guardavano con orrore i figli che venivano ripetutamente sodomizzati. Questa cosa è stata filmata. E nel sonoro si sentono i bambini che gridano. E le madri facevano arrivare di nascoste messaggi scritti  alle loro famiglie che dicevano :” Venite a ucciderci per quello che sta succedendo.” Siamo il più grosso problema del Medio Oriente. Siamo noi che diamo legittimità ai Mahmoud Ahamadinejad, ai kamikaze, e ai  jihadisti estremisti. Più a lungo facciamo cadere bombe  a frammentazione  e ci prendiamo la terra dei Musulmani, più a lungo uccidiamo impunemente, più prolifereranno questi  mostri, riflesso della nostra stessa immagine distorta.“ Se fissate l’abisso,” scriveva Friederick Nietzsche, “l’abisso vi fissa.” Non sono amico del regime iraniano che ha contribuito a creare e ad armare Hezbollah, che sta certamente  intromettendosi in Iraq, che ha perseguitato gli attivisti per i diritti umani, gli omosessuali, le donne e le minoranze religiose ed etniche , che abbraccia il razzismo e l’intolleranza, e usa il suo potere politico per negare la volontà popolare.E, certo, è un regime che sembra deciso a fabbricare un’arma nucleare, sebbene vorrei far notare che nessuno ha offerto alcuna prova che questo stia accadendo. Ho passato del tempo nelle carceri iraniane. Una volta sono stato deportato da Tehran in manette. Non ricordo però che l’Iran organizzato abbia  un colpo di stato negli Stati Uniti  per sostituire un governo eletto con un brutale dittatore che per decenni ha perseguitato, assassinato e imprigionato gli attivisti democratici. Non ricordo che l’Iran abbia armato e finanziato uno stato vicino per fare guerra contro il nostro paese. L’Iran  non ha mai abbattuto uno dei  nostri aerei passeggeri, come ha fatto il    l’incrociatore USS Vincennes- soprannominato Robocruiser dagli equipaggi delle altre imbarcazioni americane – quando nel giugno 1988 ha sparato missili contro un airbus carico di civili iraniani, uccidendoli tutti. L’Iran non sta promuovendo attacchi terroristi all’interno degli Stati Uniti, come fanno attualmente  i nostri servizi segreti e quelli israeliani in Iran. Non abbiamo visto uccidere dal 2007 cinque dei nostri migliori scienziati nucleari sul suolo americano.  Gli attacchi in Iran comprendono kamikaze,  rapimenti, decapitazioni, sabotaggi e ”uccisioni mirate “ di funzionari di governo e di altri capi politici iraniani. Che cosa faremmo se la situazione fosse capovolta? Come reagiremmo se l’ Iran compisse analoghi atti di terrorismo contro di noi?
Siamo e siamo stati da molto tempo, il motore principale dell’estremismo in Medio Oriente. Il favore più grande che possiamo fare agli attivisti per la democrazia in Iran, come in Iraq, Afghanistan, nel Golfo Persico e negli stati che  punteggiano  il Nord Africa, è di ritirare le nostre truppe dalla zona e di cominciare a parlare agli Iraniani e al resto del mondo musulmano nella lingua civile della diplomazia, del rispetto e degli interessi reciproci. Più ci aggrappiamo alla dottrina fatale della guerra permanente, più diamo credibilità agli estremisti che hanno bisogno, che,  in effetti bramano un nemico che parli con gli stessi crudi slogan del gergo nazionalista e di violenza che usano loro. Più forte gli Israeliani e i loro idioti alleati di Washington chiedono di bombardare l’Iran per contrastare le sue ambizioni nucleari, più felici saranno i religiosi  moralmente falliti  che ordinano di picchiare e uccidere i dimostranti. Possiamo ridere quando le folle che appoggiano [il presidente] Ahmadinejad ci definiscono “il Grande Satana”, ma c’è una realtà molto palpabile che pervade la terribile algebra del loro odio. E dal momento che perfino gli scenari più ottimisti dicono che qualsiasi attacco contro le installazioni nucleari iraniane nel migliore dei casi  rallenterà  il presunto programma  iraniano di armamenti, [soltanto] di tre o quattro anni, possiamo essere sicuri che la violenza genererà  violenza, proprio come il fanatismo genera fanatismo.L’ipocrisia di questa crociata morale così decantata, viene colta da chi sta in Medio Oriente. L’Iran ha firmato il Trattato di non-proliferazione nucleare. Il Pakistan, l’India e Israele non lo hanno fatto e hanno sviluppato in segreto programmi per armi nucleari. Israele adesso possiede circa 400/600 armi nucleari. La parola “Dimona”, il nome della città dove sono collocate le installazioni nucleari in Israele,  è il simbolo    nel mondo musulmano della minaccia mortale di Israele all’esistenza dei Musulmani.
Quali lezioni imparano gli Iraniani dagli alleati israeliani, pachistani e indiani? Dato che siamo impegnati attivamente nello sforzo di destabilizzare il regime iraniano, dato che usiamo una retorica apocalittica per descrivere che cosa si deve fare al regime iraniano, e dato che Israele potrebbe annientare l’Iran molte volte di seguito, che cosa ci aspettiamo dagli Iraniani? Oltre tutto, il regime iraniano  capisce che la dottrina della guerra permanente comporta condurre attacchi “preventivi” e ingiustificati. E sa che se l’Iraq, come la Corea del nord, avesse avuto una bomba atomica non avrebbero mai sofferto l’invasione e l’occupazione americana. Coloro che a Washington  sostengono l’attacco all’Iran, essendo così poco informati sulle limitazioni e il caos della guerra come lo sono riguardo al Medio Oriente, credono di poter bloccare la produzione nucleare e neutralizzare l’esercito iraniano di 850.000 uomini. Dovrebbero considerare attentamente la campagna aerea di Israele del 2006 nel Libano meridionale, che ha visto la vittoria di Hezbollah e che ha unito la maggior parte dei Libanesi al seguito del gruppo islamico militante.  Se i massicci bombardamenti di Israele sul Libano non sono riusciti a pacificare 4 milioni di Libanesi, come possiamo sperare che  pacifichino un  paese di 70 milioni di abitanti? La realtà, però, non sembra  influire sull’universo neoconservatore o sull’efficacia della sua dottrina di guerra permanente.Ho osservato, nel corso degli anni, come questi neoconservatori si erano intromessi     in modo disastroso in Medio Oriente. L’appoggio da parte dei neo conservatori della destra israeliana  – io ho seguito la campagna del 1992 per l’elezione a primo ministro di Yitzhak Rabin quando preminenti donatori dell’AIPAC hanno riversato denaro e risorse al Likud per sconfiggere Rabin – non riguarda Israele. Riguarda l’avanzamento di questa ideologia perversa. Rabin detestava questi neoconservatori. Quando ha fatto la sua prima visita a Washington dopo essere stato eletto primo ministro, ha respinto le richieste di un incontro da parte della lobby dicendo ai collaboratori: “Non parlo con le canaglie.”Questi neoconservatori, che come i nostri, si nascondono dietro la retorica del patriottismo, della sicurezza nazionale, e della pietà religiosa, non sono devoti  a nessuna dottrina percepibile, tranne che la forza. Essi, come tutti i nazionalisti fanatici,  sono individui e striminziti e deformi, capaci soltanto di comunicare nel linguaggio dell’auto-esaltazione e della violenza.“Il nazionalista è per definizione  un ignorantone,” ha detto lo scrittore iugoslavo Danilo Kiš. “il nazionalismo è la linea di minore resistenza, la maniera facile. Il nazionalista è sereno, sa o pensa di sapere quali sono i suoi valori, i suoi, cioè quelli nazionali, cioè i valori etici e politici della nazione a cui appartiene; non si interessa degli altri, non sono una sua preoccupazione, diavolo – sono altre persone (altre nazioni, un’altra tribù). Non  hanno neanche bisogno di indagare. Il nazionalista considera l’altra gente nelle sua immagine – come nazionalisti.”L’AIPAC non   conduce  la  politica medio-orientale negli Stati Uniti. Temo che sia peggio di questo. L’AIPAC fa parte di uno schieramento di istituzioni neoconservatrici potenti e ben finanziate che adorano la forza e guidano  le nostre relazioni con il resto del  mondo. Questi neoconservatori scelgono un nemico e poi la nostra compiacente classe di giornalisti, specialisti, analisti militari, opinionisti e commentatori televisivi  si mettono  in fila e agiscono come eccitati sostenitori della  guerra.   Momenti come questi mi fanno sentire imbarazzato di essere un inviato. La nostra elite politica, Repubblicana e Democratica, trova in questa ideologia un’attrattiva semplice e puerile. Questa ideologia non richiede   un’alfabetizzazione  culturale, storica o linguistica. Riduce il mondo a bianco e nero, bene e male.  Il rullo di tamburi per la guerra in Iran suonato dall’AIPAC, fa parte di questa ampia, malata visione binaria di un mondo che può essere sottomesso dalla forza, un mondo dove tutti saranno costretti a inginocchiarsi davanti a questi gruppi scelti delle grosse imprese e ai neoconservatori, dove a nessuno, compresi alla fine anche noi,  sarà permesso sussurrare il dissenso.La guerra preventiva, in base alla legge formulata  dopo Norimberga, è definita come atto criminale di aggressione. George W. Bush, il cui disprezzo per la supremazia della legge, era leggendaria, è andato all’ONU  per una risoluzione di attaccare l’Iraq, sebbene la sua interpretazione che  tale risoluzione giustificasse l’invasione dell’Iraq aveva un dubbio valore legale. In questo attuale dibattito sulla guerra in Iran, però, quella pretesa di legalità viene ignorata. Dove è la risoluzione di Israele all’ONU che lo autorizzi ad attaccare l’Iran? Perché nessuno si domanda che Israele ne cerchi una? Perché l’unica discussione sui mezzi di informazione e tra le elite politiche è incentrata sulle domande: “Israele attaccherà l’Iran?” “E’ in grado di compiere con successo un attacco?” “Che cosa succederà se ci sarà un attacco?” La domanda fondamentale resta inespressa. Israele ha il diritto di attaccare l’Iran? E la risposta  è molto, molto chiara. No, non ce l’ha.Questi neoconservatori erano troppo ciechi e troppo innamorati del loro potere per vedere che cosa avrebbe innescato l’invasione dell’Afghanistan e dell’Iraq, e sono quindi incapaci di capire la conflagrazione che si scatenerebbe attaccando l’Iran, che cosa significherebbe per noi, per Israele, per i nostri alleati e per diecine, forse centinaia  di migliaia di innocenti.“Dove non c’è una visione, la gente muore,” avverte la Bibbia.E siccome le nostre elite non hanno una visione, spetta a noi. Le insurrezioni dalla Tunisia all’Egitto alla Grecia a Occupiamo Wall Street, ai nostri raduni fuori dalle porte dell’AIPAC a Washington,  sono la stessa lotta originaria per il buon senso, , la pace, e la  giustizia, per un mondo  che si è liberato violentemente  dalla stretta di coloro che vorrebbero distruggerlo. E le abiette adulazioni della nostra elite politica, compreso Barack Obama, davanti all’AIPAC e al suo conto bancario è ancora un’altra finestra sul fallimento morale della nostra classe politica, un altro segno che i meccanismi di potere sono inutili e a pezzi. Ci è rimasta soltanto la disobbedienza civile. E’ il nostro dovere patriottico. Siamo chiamati a far sì che si ascoltino le grida delle madri, dei padri e dei bambini negli squallidi campi profughi di Gaza, nei sobborghi di Tehran  e nelle zone industriali  desolate dell’Ohio. Siamo chiamati a opporci a queste forze di morte,  aipromulgatori  della violenza,  a coloro il cui cuore è diventato freddo a causa dell’odio. Siamo chiamati ad abbracciare e difendere la vita con intensità e passione se dobbiamo sopravvivere come specie, se dobbiamo salvare il nostro pianeta dalle  devastazioni dell’avidità delle grosse imprese e dallo spettro di una guerra infinita e  inutile.Il poeta israeliano Aharon Shabtai, nella sua poesia “Rypin”, tradotta da Peter Cole, ha esaminato che male fanno  il potere, la  forza, e il narcisismo alla compassione, alla giustizia e al decoro umano. Rypin era la cittadina tedesca da dove suo padre era scappato durante i massacri:

Quelle creature con gli elmetti e i calzoni  khaki,
mi dico che  non sono Ebrei,
nel vero senso della parola. Un Ebreo
non si adorna di  armi come se fossero gioielli
Non crede nella  canna di un fucile pistola che mira a un bersaglio
Ma nel pollice del bambino a cui hanno sparato
Nella casa dove egli da  va e viene
Non nella carica esplosiva che la disintegra,
Per prima cosa,  l’anima rozza e le armi
li disprezza  per natura.
Alza lo sguardo non sull’ufficiale o sul soldato
Con il dito sul grilletto,  ma verso la giustizia
E grida per chiedere  compassione.
Perciò, non ruberà la terra alla sua gente
E non li farà morire di fame nei campi  di prigionia.
Lo voce che chiede l’espulsione
Si ode uscire dalla gola  rauca dell’oppressore
Un segnale sicuro che l’Ebreo è entrato in terra straniera
E, come Umberto Saba si è  dovuto nascondere  nella sua stessa città.
A causa di queste voci, padre
A 16 anni con la tua famiglia, sei fuggito da Rypin;
Però qui adesso Rypin è  tuo figlio.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale : Chris Hedges’s Zspace Page
Traduzione di Maria Chiara Starace

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