29 Novembre: Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese

Con la risoluzione 32/40b, nel 1977 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituisce la Giornata internazionale di solidarietà con la popolazione palestinese, da celebrarsi il 29 novembre di ogni anno, in ricordo del 1947, data in cui l’Onu approva il piano di spartizione della Palestina storica in due Stati: uno ebraico, l’altro palestinese. Dei due, solo uno ha visto la luce ed è internazionalmente riconosciuto. 

Due Stati per due popoli.
La Gran Bretagna, per uscire dall’empasse in cui si è infilata con le sue stesse mani, adotta questo concetto di base nel febbraio del 1947 quando, in un contesto regionale sempre più complesso, decide di rimettere il proprio mandato sulla Palestina storica alle Nazioni Unite.
Alza le mani in segno di resa, non prima di aver segnato la storia con una serie di colpevoli errori - avviati nel 1917 con la Dichiazione Balfour - e affida alle neonate Nazioni Unite il compito di sciogliere quella matassa che è diventata la convivenza tra arabi-palestinesi ed ebrei in terra di Palestina.
A maggio la nomina della commissione incaricata di studiare la situazione sul campo – la UNSCOP, United Nations Special Commitee on Palestine – che elabora il suo piano e lo presenta all’Assemblea Generale.
Questa, il 29 novembre del 1947, dopo due votazioni vane, approva a larga maggioranza la Risoluzione 181 II, nota come Piano di Partizione della Palestina in due Stati: uno arabo, l’altro ebraico, con Gerusalemme posta sotto l’egida internazionale dell’Onu
Si legge nelle conclusioni: "La commissione ha realizzato che il punto cruciale della questione palestinese deve essere individuato nel fatto che due considerevoli gruppi, una popolazione araba con oltre 1.200.000 abitanti e una popolazione ebraica con oltre 600.000 abitanti con un'intensa aspirazione nazionale, sono diffusi attraverso un territorio che è arido, limitato, e povero di tutte le risorse essenziali. È stato pertanto relativamente facile concludere che finché entrambi i gruppi mantengono costanti le loro richieste è manifestamente impossibile in queste circostanze soddisfare interamente le richieste di entrambi i gruppi, mentre è indifendibile una scelta che accettasse la totalità delle richieste di un gruppo a spese dell'alto".
Come dire, insomma, che pur non sapendo come uscirne un’ipotesi va avanzata. La straordinarietà del progetto presentato vede l’inedita convergenza delle due super-potenze dell’epoca: Stati Uniti e Unione Sovietica. I paesi arabi rifiutano il piano, che viene invece accettato dalla larga parte della componente ebraica, ad eccezione delle componenti ultra-nazionaliste e della destra estrema: Lehi e Irgun, che negli ultimi anni si sono macchiate di atti di terrorismo contro gli stessi britannici, si dicono contrarie.
“La divisione della Palestina è illegale e non sarà mai riconosciuta – è il commento di Menachem Begin, all’epoca capo dell’Irgun – la Grande Israele (la Eretz Israel che si estende dal Mar Rosso al Giordano, ndr) sarà ristabilita. Tutta. E per sempre”.
Nonostante la partizione rappresenti per gli ebrei della diaspora immigrati in Palestina il primo passo verso la realizzazione del sogno sionista, quella di Begin è una dichiarazione di guerra per la conquista della “terra promessa”, che scoppierà appena pochi giorni dopo l’approvazione della risoluzione nella Guerra del ’48.

La Naqba.
È l’inizio della al-Naqba, la “catastrofe” palestinese, che nel corso di due anni vedrà la popolazione araba massacrata e cacciata dai propri villaggi. 
Ma cosa prevede il piano, e perché viene categoricamente rifiutato dai paesi arabi? La componente ebraica immigrata nella Palestina storica, all’epoca della Risoluzione, rappresenta appena 1/3 della popolazione totale. Eppure il piano prevede che il 56% del territorio sia destinato al neonato stato ebraico, i cui confini vengono stabiliti dalla “linea verde”, che non saranno mai riconosciuti ne’ rispettati dalla futura Israele.
A quest’ultimo viene inoltre attribuito il 55% delle terre coltivabili, l’80% dei terreni cerealicoli, la maggior parte delle aree a coltivazione di agrumi, il 40% dell’industria impiantata in Palestina, oltre a tutti gli sbocchi sul mare, non previsti per lo Stato palestinese. 
Un recente sondaggio, condotto dalla Sderot Conference for Society e pubblicato dal quotidiano Ha’aretz, rivela che il 73% della popolazione israeliana non ha idea di cosa rappresenti la data del 29 novembre 1947. Dovrebbe, perché fu solo l’inizio della graduale e inesorabile aggressione sionista nei confronti della popolazione palestinese. In quella data, la Comunità Internazionale stabiliva che i due popoli presenti sul territorio della Palestina storica dovessero avere pari diritti, ed ognuno uno Stato.
La storia insegna che uno solo vide la luce, mentre l’altro ancora attende di essere riconosciuto. Certo, numerose risoluzioni internazionali stabiliscono quali sarebbero i diritti dei palestinesi, ma nessuna è mai stata applicata.

La giornata di "solidarietà".
Le Nazioni Unite contemplano la necessità di istituire una giornata di “solidarietà”, ma non quella di accettare tra i suoi membri anche la Palestina. In questo caso, piuttosto che i diritti, vale il peso dei veti statunitensi. 
Un’altra data che andrebbe ricordata, e per la quale le Nazioni Unite dovrebbero istituire una giornata “del ricordo”, è quella del 9 aprile 1948. È il massacro di Deir Yassin, villaggio palestinese che aveva concordato un patto di non-aggressione con le milizie dell’Irgun, ma che venne comunque rastrellato e la sua popolazione massacrata.
A capo della spedizione proprio Menachem Begin, futuro primo ministro dello Stato di Israele, che con quel gesto manteneva la parola data.
Il 'piano di partizione' della Palestina non era la realizzazione della Eretz Israel che i sionisti avevano sognato. Quella “terra promessa” di ispirazione biblica, per il cui raggiungimento la strada inizia con la guerra del ’48, proseguendo ancora oggi, con armi differenti. Quelle di un’occupazione fatta di esercito e colonie illegali, negli ultimi territori occupati rimasti nel mondo. 
Il 29 novembre di ogni anno la Giornata internazionale di solidarietà con la popolazione palestinese viene ricordata dal discorso formale del presidente Onu di turno.
Anche quest’anno, non è mancato quello di Ban Ki Moon. Ma cade nel vuoto, un anno dopo l’altro, mentre la Palestina aspetta di essere riconosciuta, la sua popolazione di essere liberata dall’occupazione, e il secondo dei due Stati di poter nascere. 

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