Una domanda a Obama: Israele fu fondata in conseguenza di un negoziato?


  Il presidente Obama ben conosce la risposta alla domanda posta nel titolo dell’articolo. Perciò, quando nel suo discorso di giovedì, di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, egli ha espresso il proprio rifiuto all’adesione dello Stato palestinese all’ONU, ed ha minacciato di ricorrere al veto se il presidente palestinese Mahmoud Abbas avesse presentato la richiesta di adesione al Consiglio di Sicurezza, ha commesso ben cinque errori.
Il primo è l’aver rinnegato un principio americano fondato su tre fattori: il diritto all’autodeterminazione dei popoli (su cui si sono basati gli americani nella loro guerra di indipendenza), il primato dello Stato di diritto, e il diritto naturale alla libertà. Obama ha inferto un colpo a tutto ciò, a vantaggio di ciò che egli definisce “negoziati”.
Il secondo errore è che egli ha mentito quando ha affermato che “gli Stati vengono fondati solo attraverso negoziati”. Non esiste alcun esempio di ciò, ad eccezione del Sud Sudan. Obama accetterebbe di prendere nei confronti dei palestinesi gli stessi impegni che gli Stati Uniti si sono assunti nei confronti del Sud Sudan? Egli è pronto a trattare Israele con lo stesso metodo e con lo stesso spirito in base ai quali l’America ha trattato il governo sudanese di Khartoum? Il presidente americano sa bene che sono tutti consapevoli del fatto che egli non sarebbe disposto a fare una cosa del genere, e che non sarebbe in grado di assumersi un simile impegno. Inoltre egli sa bene che il Sud Sudan – e il Sudan nel suo complesso – sono una cosa, e Israele un’altra. Il fatto che Obama abbia scelto questo esempio denota un approccio smaccatamente selettivo, e un goffo e ripugnante raggiro politico. Gli Stati Uniti furono fondati come risultato di un negoziato o della guerra di indipendenza dal colonialismo britannico? E Israele? Questo Stato non fu forse imposto sui territori palestinesi, anche in conseguenza del voto delle Nazioni Unite? Israele non fu fondata in conseguenza di un negoziato, ma con la forza delle grandi potenze, prime fra tutte la Gran Bretagna e l’America. Quale Stato in Europa, in Asia, o in Africa fu fondato in conseguenza di un negoziato? Era convinzione diffusa che Obama fosse troppo intelligente e dignitoso per ricorrere a giochetti mediocri come questo con la storia politica dell’ordine internazionale.
Il terzo errore è che Obama, in armonia con la politica distorta degli Stati Uniti, subordina il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi al consenso degli israeliani. Riconsideriamo le cose e precisiamo ulteriormente: Obama subordina la creazione di uno Stato palestinese, che riunisca i palestinesi che furono scacciati dalla propria terra, ed i cui diritti storici e politici furono violati, al previo consenso degli israeliani che furono portati dall’Europa per sottrarre la terra ai palestinesi con la forza delle armi e del terrorismo. In altre parole, Obama non solo cancella il diritto storico del popolo palestinese alla propria terra, ma anche il suo diritto naturale all’autodeterminazione, ad ottenere l’indipendenza dall’ultima e più odiosa occupazione che l’era moderna conosca, ed a godere del proprio diritto su ciò che resta della terra di Palestina!
Ma la cosa peggiore è che il presidente americano, e prima di lui i responsabili del ministero degli esteri a Washington ed i membri del Consiglio della Sicurezza Nazionale, ben sanno che i negoziati a cui invitano i palestinesi in realtà non sono affatto tali. Essi sono una copertura politica che Israele ha utilizzato ed utilizza, con la protezione e l’incoraggiamento degli Stati Uniti ormai da più di trent’anni, per portare a termine l’usurpazione dei territori palestinesi. In altre parole, il rifiuto da parte di Obama dell’adesione dello Stato palestinese all’ONU conferma che i negoziati e il cosiddetto “processo di pace” sono soltanto un inganno sotto una vergognosa copertura giuridica.
Il quarto errore è che Obama con questa sua posizione disconosce il diritto internazionale come principio essenziale alla base della fondazione degli Stati, della loro sovranità e della loro indipendenza.
Quinto, l’affermazione di Obama secondo cui “non esistono scorciatoie per uno Stato palestinese” è un tipo di menzogna che prevede un’audace sfrontatezza e il disprezzo dei diritti dei palestinesi, per di più essendo pronunciata dalla più alta tribuna internazionale. Non ci si aspettava questo da un presidente che sembrava più prudente da un punto di vista politico e maggiormente rispettoso dei principi del diritto e della sua etica.
I palestinesi hanno vissuto sotto l’occupazione e in esilio per più di sessant’anni. Questa è una “scorciatoia”? Per più di mezzo secolo Israele ha distrutto le città e i villaggi palestinesi, ha ucciso decine di migliaia dei loro abitanti, e continua a ucciderli quotidianamente. Questa è una scorciatoia? L’America ha finanziato la colonizzazione israeliana dei territori palestinesi per più di trentacinque anni. Questa è una scorciatoia? Israele ha utilizzato le armi americane, le munizioni americane, i soldi americani, e la copertura politica americana per reprimere ed uccidere i palestinesi e per derubarli delle loro terre nei passati decenni. Questa è una scorciatoia? Di cosa parla il presidente americano?
Esiste una verità storica sui negoziati e sulla “scorciatoia” su cui tanto insiste il presidente Obama. Si è mai chiesto il presidente americano quando sono cominciati i negoziati arabo-israeliani? E dove sono finiti? Storicamente questi negoziati cominciarono nel novembre del 1973, dopo la fine della guerra di ottobre. All’epoca questi negoziati furono noti come i “negoziati del chilometro 101” tra egiziani ed israeliani per disimpegnare le truppe dopo il cessate il fuoco nella penisola del Sinai (al chilometro 101 della strada Cairo-Suez si incontrarono gli ufficiali militari egiziani ed israeliani per negoziare l’implementazione della risoluzione 338 del Consiglio di Sicurezza (N.d.T.) ). Nel 1977 ebbero inizio i negoziati di Camp David, coronati dal famoso accordo del 1979 alla Casa Bianca. Negli anni ’80 proseguirono i negoziati indiretti dietro le quinte in numerose capitali arabe ed internazionali, tra gli arabi e i palestinesi da un lato e gli israeliani dall’altro. Nel 1991 ebbe inizio la Conferenza di Madrid che inaugurò quello che è ormai conosciuto come il “processo di pace”. Nel 1992 ebbero luogo i negoziati israelo-palestinesi segreti che si conclusero con gli accordi di Oslo nel 1993. Da allora i negoziati tra la controparte palestinese e quella israeliana sono proseguiti. Stando così le cose, qual è l’età effettiva dei negoziati? Più di 33 anni. E malgrado ciò, questi negoziati non hanno portato a nulla per quanto riguarda la pista palestinese. L’Egitto ha riconosciuto Israele e ha normalizzato le relazioni con Tel Aviv, seguito dalla Giordania nel 1994. Nel frattempo sono venute le due iniziative diplomatiche arabe, la prima nel 1982, la seconda nel 2002. A ciò bisogna aggiungere le garanzie americane ed internazionali. Ma gli israeliani non si sono smossi dalla loro posizione di profondo rifiuto – basata su un fondamento razzista – dell’idea di uno Stato palestinese. Ai palestinesi non resta che il 22% della Palestina. Parallelamente a ciò, Israele si è trasformata nella maggiore potenza militare della regione grazie alla tecnologia ed ai soldi americani. E malgrado ciò, Obama si ostina a dire che la controparte palestinese rifiuta i negoziati e cerca una “scorciatoia” per lo Stato palestinese.
L’ex presidente americano Jimmy Carter fu mediatore nei negoziati che si conclusero con l’accordo di Camp David fra Egitto e Israele. La conclusione a cui egli è pervenuto dopo una lunga esperienza è che “l’occupazione israeliana dei territori palestinesi è l’ostacolo principale al raggiungimento di una pace complessiva in Medio Oriente”. Questo è ciò che egli ha affermato nel suo famoso libro “Palestine: Peace Not Apartheid”, pubblicato nel 2006. Un altro presidente, Bill Clinton, ha detto la scorsa settimana – secondo la rivista americana Foreign Policy – che il mancato raggiungimento di una pace complessiva è dovuto a due ragioni principali: “la riluttanza del governo Netanyahu ad accettare i principi dell’intesa di Camp David, e i cambiamenti demografici in Israele che hanno reso l’opinione pubblica israeliana meno propensa alla pace”.
L’attuale presidente Obama non è riuscito a convincere/costringere il governo Netanyahu a fermare gli insediamenti durante i negoziati che egli ha invocato e continua ad invocare. E dopo tutto ciò, egli chiede ai palestinesi di far dipendere la fondazione del loro Stato dall’assenso israeliano. Come hanno fatto Carter e Clinton, verrà un giorno in cui Obama riconoscerà la verità che si nasconde dietro la farsa della “pace” e dei “negoziati”. E’ qualcosa a cui i presidenti americani ci hanno ormai abituato. Ma la verità è che essi non hanno nulla da promettere ai palestinesi. Ed anche se facessero delle promesse, non sarebbero in grado di mantenerle. Ciò non significa che l’America sia incapace di contribuire alla pace. Ma essa è direttamente coinvolta nel coprire con la farsa dei negoziati l’appropriazione israeliana di una quantità sempre maggiore di terra palestinese. Obama ancora ricorda l’umiliazione subita (insieme al suo vice Joe Biden) per mano dell’attuale governo Netanyahu, quando chiese a quest’ultimo di fermare gli insediamenti e alla fine fu costretto a rimangiarsi la propria richiesta ed a far finta di non averla mai pronunciata. Ciò considerato, come possono i palestinesi o altri aver fiducia in ciò che dice un presidente americano riguardo ai negoziati e alle loro virtù?
Dopo l’amara esperienza di oltre trent’anni di promesse e garanzie non mantenute, e di inviti al popolo palestinese a credere ancora una volta al processo di pace, al presidente palestinese non restava altro da fare che riportare la questione del suo popolo davanti alle Nazioni Unite. Ed ha fatto bene a farlo. Forse Obama ricorderà che nel 1973 il defunto presidente egiziano Anwar Sadat disse che il 99% delle carte del conflitto arabo-israeliano erano in mano americana. E le cose sono andate realmente così, ma non hanno portato a una pace vera e complessiva, così come non hanno portato alla nascita di uno Stato palestinese in grado di vivere e svilupparsi. E se le cose si misurano dai loro risultati, quali sarebbero stati questi risultati se l’America avesse posseduto molte meno carte riguardo al conflitto rispetto a quanto disse Sadat? L’America ha sponsorizzato Israele benché quest’ultima sia stata fondata con la forza delle armi e con il voto delle Nazioni Unite. Ora l’America rifiuta la fondazione di uno Stato palestinese senz’armi e basato sulla legalità internazionale.
Khaled al-Dakhil è un intellettuale saudita; è professore di sociologia politica presso la King Saud University di Riyadh; è stato visiting professor presso il Carnegie Endowment for International Peace, con sede a Washington
(Traduzione di Roberto Iannuzzi)

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