Gerusalemme Est :APPROVATE 1. 600 NUOVE CASE per i coloni

      (AGI) - Gerusalemme, 11 ago. - Il ministro dell'Interno israeliano, Eli Yishai, ha concesso l'approvazione finale alla costruzione di 1.600 nuove unita' abitative per i coloni ebrei a Gerusalemme Est, e piu' precisamente nell'insediamento di Ramat Shlomo, situato nella parte nord del settore orientale della Citta' Santa: lo ha annunciato il suo portavoce, Roei Lachmanovich, secondo cui "entro un paio di giorni" Yishai approvera' definitivamente la realizzazione di ulteriori 2.700 unita' abitative, di cui duemila a Givar Hamatos e settecento a Pisgat Zeev, per un totale dunque di 4.300. Le sole 1.600 nuove case per i coloni a Ramat Shlomo sono da tempo al centro di una contesa diplomatica tra Israele e i tradizionali alleati americani, iniziata nel marzo 2010 quando il progetto fu annunciato proprio mentre si trovava in visita ufficiale il vice presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, impegnato in colloqui anche con i palestinesi per spianare la strada a nuovi negoziati diretti tra le due parti: il momento scelto per rendere nota l'iniziativa irrito' non poco Washington, e permise all'Autorita' Nazionale Palestinese di accusare lo Stato ebraico di non volersi impegnare in un rilancio del processo di pace in Medio Oriente. Il portavoce ministeriale ha pero' assicurato che le approvazioni finali delle unita' abitative da costruire a Gerusalemme Est hanno carattere non politico bensi' meramente "economico": in sostanza Lachmanovich le ha collegate strettamente alle manifestazioni di protesta delle ultime settimane da parte della popolazione israeliana contro il costo della vita in aumento e il rincaro dei prezzi degli immobili. "Le unita' sono state approvate perche' qui in Israele c'e' la crisi economica", ha tagliato corto. "Si cercano posti dove costruire a Gerusalemme, e questo progetto dara' un contributo. Non c'e' nulla di politico, si tratta di economia", ha insistito. Le decisioni di Yishai fanno pero' seguito al via libera, impartito una settimana fa dalla Commisione di Pianificazione del medesimo dicastero, alla realizzazione di 930 unita' abitative a Har Homa, un insediamento situato in territorio cisgiordano, vicino a Betlemme: e' dunque un quadro complessivo che appare destinato ad acuire ancora di piu' la tensione non solo con l'Anp, ma anche con l'Unione Europea e con gli stessi Usa. (AGI) 
M. O.: APPROVATE 1. 600 NUOVE CASE COLONI A GERUSALEMME EST


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Migliaia di case a Gerusalemme est, negoziati addio

Migliaia di nuove case a Gerusalemme Est, oltre la vecchia 'linea verde' delle frontiere del 1967 e della legalità internazionale. È questa la ricetta della destra di governo israeliana contro il costo degli alloggi che a Tel Aviv e altrove alimenta da settimane proteste sociali di massa. Una ricetta indigeribile per i palestinesi, condannata da Usa e Ue e che rischia d'essere la pietra tombale calata sulle vaghe speranze di ripresa dei negoziati di pace prima dell'annunciato ricorso autonomo dell'Anp all'Onu, a settembre.

L'annuncio è arrivato oggi con tanto di firma del ministro dell'Interno, Eli Yishai (Shaas, destra religiosa). In sostanza si tratta del via libera esecutivo alla costruzione di 1.600 abitazioni nel rione d'insediamento ebraico di Ramat Shlomo, nel settore orientale della Città Santa, accompagnato dal preavviso di procedure analoghe imminenti per almeno altri 2.600 alloggi nella medesima zona: 2.000 a Ghivat Hamatos e 600 a Pisgat Zeev. E questo senza contare i 930 appena messi in cantiere nel vicino sobborgo di Har Homa, verso Betlemme.
Il portavoce del ministero dell'Interno ha ammesso che si tratta di decisioni "delicate". E ha ricordato le reazioni "assai controverse" che in particolare il progetto di Ramat Shlomo suscitò quando fu anticipato per la prima volta a marzo del 2010, nel pieno d'una visita nella regione del vicepresidente Usa, Joe Biden, dedicata al tentativo di rilancio del processo di pace. Hillary Clinton, insolitamente dura con Israele, parlò allora di "insulto" da parte del governo di Benyamin Netanyahu e ottenne un rinvio. Ma ora lo Stato ebraico si ritiene in grado di tenere il punto. E non tanto perché Netanyahu stavolta ha almeno preavvertito Barack Obama (i due si sono sentiti al telefono ieri), quanto perché pensa di poter giustificare la cosa con "ragioni non politiche, ma solo economiche", stando alle parole con cui il portavoce ha invocato l'alibi della "crisi economica"Una spiegazione respinta come un pretesto grossolano da Yariv Oppenheimer, di Peace Now, secondo cui i progetti del governo vanno incontro esclusivamente a coloni e zeloti dell'ebraismo ortodosso: in larga parte estranei, se non ostili, alle proteste di piazza. Mentre "strumentalizzano cinicamente la crisi sociale per promuovere l'ideologia nazionalista e rendere impossibile qualsiasi accordo coi palestinesi su Gerusalemme". La nuova infornata di costruzioni appare imbarazzante soprattutto per gli Usa, schierati al fianco d'Israele contro la richiesta autonoma di riconoscimento d'uno Stato palestinese all'Onu con Gerusalmme Est capitale, ma contrari - come ricordato appena ieri - alle attività edilizie israeliane oltre i confini del '67: viste come "azioni unilaterali dannose per la ripresa di negoziati diretti e in contraddizione con la logica d'un ragionevole e necessario accordo fra le parti".

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