Misna e Vescovo di Tripoli: bombe e armi sono inutili e dividono il Paese. Trovate un modo per dialogare con Gheddafi

   1 Tripoli (AsiaNews) – “Niente è cambiato dopo oltre cento giorni di raid aerei. Le bombe e la guerra sono inutili. Niente cambierà in futuro se si continuerà su questa strada. Per non dividere la Libia occorre una forma di dialogo che includa anche Gheddafi e i suoi sostenitori”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Giovanni Martinelli, Vicario apostolico di Tripoli, in merito all’incontro fra Unione Africana (Ua), Russia e Paesi Nato in corso oggi a Mosca. Secondo il prelato il Gruppo di contatto per la crisi in Libia deve mirare a riportare l’unità nel Paese. “Se manca questa prospettiva – afferma – non ci sarà mai pace”.Dall’inizio dell’operazione Nato in Libia, Russia e rappresentanti dell’Unione africana lavorano per una soluzione diplomatica della crisi. Oggi, Jacob Zuma, presidente del Sudafrica e rappresentante dell’Ua, presenterà al Gruppo internazionale di contatto sulla Libia un nuovo piano per trovare un accordo fra Gheddafi e Consiglio di transizione libico. Mons. Martinelli sottolinea che nel Paese vi sono ancora molti sostenitori del rais, che criticano l’atteggiamento a senso unico della comunità internazionale a favore dei ribelli di Bengasi. Ieri, anche la Turchia ha riconosciuto il Consiglio di transizione libico, promettendo finanziamenti per oltre 200 milioni di dollari. “Il 2 luglio scorso – afferma il vescovo - centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza a Tripoli e in altre città della Libia per sostenere Gheddafi”. Secondo il prelato la popolazione teme un cambio radicale di regime, non conosce i ribelli di Bengasi e per molti Gheddafi è ancora una garanzia per il proprio futuro. “Francia, Turchia e altri Paesi Nato – sottolinea Martinelli – sbagliano a finanziare e ad armare i ribelli. Questo atteggiamento, che viola le norme Onu, non porta a nulla e rischia di scatenare odi intestini fra la popolazione”. (S.C.)Vescovo di Tripoli: bombe e armi sono inutili e dividono il Paese. Trovate un modo per dialogare con Gheddafi

2   Misna :IL VICARIO DI TRIPOLI: ATTERRISCE LA VIOLENZA, PAGANO I CIVILI. Oltre ai missili e ai bombardamenti aerei c’è una guerra di propaganda che alimenta la paura e l’incertezza della popolazione di Tripoli: lo dicono fonti della MISNA in città, preoccupate che l’offensiva internazionale possa riprendere nella notte con nuova intensità.“I comandi stranieri sostengono che con il buio il rischio di vittime civili si riduce, ma la gente ha paura” dice un religioso che chiede di restare anonimo. C’è il ricordo del fragore incessante della notte scorsa, quando la contraerea ha fatto fuoco per ore dal vecchio aeroporto nel centro della città, probabilmente bombardato dalla coalizione internazionale.  Sgomenta questa presa di posizione nella violenza”: monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli e presidente di Caritas Libia, denuncia con queste parole un’avventura militare devastante per i civili e azzardata per le conseguenze politiche.“Non posso approvare questa forma di violenza nei confronti di un paese fino a ieri amico, in particolare da parte dell’Italia” dice alla MISNA monsignor Martinelli. Dimenticando il “Trattato di amicizia” firmato due anni fa, ieri sera i caccia “Tornado” dell’aviazione italiana hanno bombardato le postazioni della contraerea del colonnello Muammar Gheddafi. Una giravolta diplomatica o forse, suggerisce il vicario apostolico di Tripoli, “il colmo della falsità”.Di certo c’è il rischio di “danni collaterali”, evocato ieri anche dal presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), il cardinale Angelo Bagnasco. “Non si può pensare di distruggere gli obiettivi militari – sostiene monsignor Martinelli - senza colpire anche i civili e finire per rafforzare il sostegno a Gheddafi”. L’idea è che prima dei missili si sarebbe dovuto provare con il negoziato, nel rispetto di una posizione di neutralità nel conflitto tra il governo e i rivoltosi della Cirenaica.Come presidente di Caritas Libia, in questi giorni monsignor Martinelli è impegnato ad assistere 2500 migranti eritrei in fuga dal loro paese. In molti hanno la tessera dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr) e sognano di raggiungere l’Europa. “La speranza è poterli trasferire verso il confine con la Tunisia – racconta il vicario apostolico – ma adesso ci sono difficoltà aggiuntive: è venuto meno il sostegno dell’ambasciata italiana, che ha chiuso, e ci sono i bombardamenti”. Si sente l’eco dell’appello rivolto ieri da Benedetto XVI a quanti hanno responsabilità politiche e militari. “Abbiano a cuore anzitutto l’incolumità e la sicurezza dei cittadini – ha detto il Papa – e garantiscano l’accesso ai soccorsi umanitari”. 
http://www.misna.org/primo-piano/il-vicario-di-tripoli-atterrisce-la-violenza-pagano-i-civili/
 3  Misna:VOCI CONTRO LA GUERRA in LIBIA, COSÌ NON SI DIFENDONO I DIRITTI UMANI  “Mentre parlano solo le armi, si resta senza parole. Ammutoliti, sconcertati. Anche noi di Pax Christi, come tante altre persone di buona volontà. Non possiamo tacere la triste verità di un’operazione militare che, per quanto legittimata dal voto di una incerta e divisa comunità internazionale, porterà ulteriore dolore in un’area così delicata ed esplosiva, piena di incognite ma anche di speranze. Le operazioni militari contro la Libia non ci avvicinano all’alba, come si dice, ma costituiscono un’uscita dalla razionalità, una ‘odissea’ perché viaggio dalla meta incerta e dalle tappe contraddittorie a causa di una debolezza della politica”. A firma del suo presidente monsignor Giovanni Giudici, vescovo di Pavia, Pax Christi Italia condanna l’intervento bellico iniziato nel fine settimana in Libia, contro le forze del colonnello Muammar Gheddafi, ad opera di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada, con il sotegno di altri governi.Monsignor Giudici ricorda che Pax Christi ha sempre denunciato le connivenze di chi, Italia in testa, forniva a Gheddafi una quantità enormi di armi senza dire nulla, anche dopo la sua visita in Italia, sui diritti umani violati in Libia, per meri interessi economici.“Constatiamo l’assenza della politica e la fretta della guerra. È evidente a tutti che non si sono messe in opera tutte le misure diplomatiche, non sono state chiamate in azione tutte le possibili forze di interposizione. L’opinione pubblica deve esserne consapevole e deve chiedere un cambiamento della gestione della politica internazionale” aggiunge il presule, sottolineando la mancanza, nel diritto internazionale, di una polizia internazionale che garantisca il diritto dei popoli all’autodeterminazione.“Non vogliamo arrenderci alla logica delle armi, – continua il vescovo -  non possiamo accettare che i conflitti diventino guerre. Teniamo desto il dibattito a proposito delle azioni militari, chiediamo che esse siano il più possibile limitate e siano accompagnate da seri impegni di mediazione. Perché si sceglie sempre e solo la strada della guerra? Ce lo hanno chiesto più volte in questi anni i tanti amici che abbiamo in Bosnia, in Serbia, in Kosovo, in Iraq. Operiamo in ogni ambito possibile di confronto e di dialogo  - sottolinea ancora monsignor Giudici – perché si faccia ogni sforzo così che l’attuale attacco armato non diventi anche una guerra di religione. In particolare vogliamo rivolgerci al mondo musulmano e insieme, a partire dall’Italia, invocare il Dio della Pace e dell’Amore, non dell’odio e della guerra. Ce lo insegnano tanti testimoni che vivono in molte zone di guerra.”Anche dal movimento per la non violenza “Tavola della Pace” si alzano voci contrarie all’intervento armato straniero in Libia: “Una cosa è la risoluzione dell’Onu, un’altra è la sua applicazione. Una cosa è difendere i diritti umani, un’altra è scatenare una guerra” si legge nella nota diffusa oggi dall’organizzazione. “L’iniziativa militare contro Gheddafi  - sostiene Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace – è stata assunta in fretta da un gruppo di paesi che hanno fatto addirittura a gara per stabilire chi bombardava per primo, che non ha nemmeno una strategia comune, che non ha un chiaro comando unificato ma solo una forma di coordinamento, con una coalizione internazionale che si incrina ai primi colpi e che deve già rispondere alla pesante accusa di essere andata oltre il mandato ricevuto. Si poteva iniziare in modo peggiore?”“Da tempo si doveva intervenire in difesa dei diritti umani – aggiunge la Tavola della Pace -  lo abbiamo chiesto ripetutamente mentre l’atteggiamento del governo italiano e della comunità internazionale e, diciamolo, di tanta parte dei responsabili della politica oscillava tra l’inerzia e le complicità con Gheddafi. Se si interveniva prima, non saremmo giunti a questo punto. E ancora oggi, mentre si interviene in Libia non si dice e non si fa nulla per fermare la sanguinosa repressione delle manifestazioni in Bahrain, nello Yemen e negli altri paesi del Golfo. L’Italia e l’Europa, prima di ogni altro paese e istituzione, devono mobilitare ogni risorsa disponibile a sostegno di chi si batte per la libertà e la democrazia”.            VOCI CONTRO LA GUERRA, COSÌ NON SI DIFENDONO I DIRITTI UMANI   

4   VOCI CONTRO LA GUERRA, EKKLESIA: “LE BOMBE PORTANO MORTE, NON DEMOCRAZIA  “I popoli del Nord-africa e del Medio Oriente sono stati fonte d’ispirazione per il mondo intero con il loro coraggio e il loro impegno nella lotta contro le ingiustizie. Sono i movimenti locali per i cambiamenti che guidano i paesi verso la liberazione dalle tirannie. La libertà non può essere imposta dall’alto, meno che mai con gli interventi militari. Più bombe significano più morti, non più democrazia”. Ne è convinto Symon Hill, uno dei dirigenti di ‘Ekklesia’, un think-tank britannico d’ispirazione cristiana, promotore di un pensiero non-violento.Secondo Ekklesia, l’abilità dei movimenti autoctoni, che in Egitto e Tunisia sono riusciti a portare avanti autonomamente un processo di democratizzazione, sarà minata dalle operazioni militari condotte da forze armate straniere, “le cui priorità saranno basate su interessi dei governi occidentali piuttosto che sui bisogni della gente locale”. Ricordando che fino a pochi mesi fa “Stati Uniti e Gran  Bretagna fornivano armi a regimi dittatoriali nella regione, compresa la Libia”, Ekklesia critica il governo di Londra che, dice, “sembra essersi precipitato sull’ipotesi di un intervento militare senza considerare altre opzioni” .“Il primo ministro britannico – ha aggiunto Hill – sta bombardando la Libia solo pochi mesi dopo aver autorizzato la vendita di armi al regime di Muammar Gheddafi. Le forze saudite stanno impedendo proteste pacifiche in Bahrain con veicoli fabbricati a Newcastle. Se il governo desidera mostrare che si oppone alle dittature nel mondo, la priorità dovrebbe essere quella di fermare le vendite di armi ai regimi oppressivi, anziché lanciarsi in rischiose avventure militari”. Secondo il think-tank britannico, fondato dieci anni fa, l’azione bellica in atto “provocherà inevitabilmente vittime civili e incrementerà il ciclo della violenza, senza contare il reale pericolo di derive”VOCI CONTRO LA GUERRA, EKKLESIA: “LE BOMBE PORTANO MORTE, NON DEMOCRAZIA”   
6  VOCI DALLA LIBIA SENZA VOCE

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