Sandro Natan Di Castro :Israele: per continuare a esistere
Riceviamo da Sandro Natan Di Castro la richiesta di pubblicare un articolo che non è stato accolto da “Pagine Ebraiche”; richiesta cui aderiamo volentieri.
Uno dei capisaldi d’Israele è l’essere tuttora l’unico paese democratico (relativamente) del Medio Oriente.
Un altro caposaldo è quello di esigere dall’Autorità palestinese e da Hamas il riconoscimento dello Stato d’Israele nei confini del 1967 (con eventuali variazioni basate su futuri accordi fra le parti) oltre naturalmente alla cessazione completa del terrorismo e degli attentati.
Su queste solide e indiscutibili basi, Israele dovrà tuttavia considerare ed ammettere che:
Nonostante la propria potenza (non necessariamente superiorità) militare, non esisterà una formula certa che le assicuri di vincere tutte le guerre future.
L’inserimento politico. sociale e culturale nel Medio Oriente non si otterrà col padroneggiamento colonialistico quotidiano e pluriennale sulle popolazioni soggette, né innalzando mura divisorie con le medesime popolazioni né applicando periodicamente il blocco economico sui territori occupati.
Non potrà ulteriormente proseguire l’illegalità continuata di chi si è insediato nei territori conquistati al termine della guerra dei Sei Giorni, costruendo abitazioni, sviluppando attività e promuovendo cambiamenti geografici ed ambientali sulle terre definite a suo tempo come “occupazione militare“ e come “pegno” in attesa di accordi politici futuri.
Sarà invece urgente promuovere lo sviluppo edilizio in altre zone del Paese (Galilea, Negev) per sopperire alle necessità degli attuali e dei futuri coloni, in vista di accordi di pace con i palestinesi, che comporteranno necessariamente l’abbandono degli insediamenti in Cisgiordania.La base di una vera democrazia si esprimerà nella concessione di uguali e completi diritti a tutte le minoranze dello Stato, similmente a quelli di cui gode la maggioranza ebraica, evitando anche di ricorrere ad insostenibili obblighi di “dichiarazioni di fedeltà “ per le stesse minoranze, di marca prettamente fascista.
L’assunzione di lavoratori stranieri per necessità economiche momentanee dovrà impegnare lo Stato a concedere diritti sociali equiparati a quelli degli israeliani, concedendo anche a loro la libera scelta e ottenere la completa cittadinanza del Paese, al termine del loro periodo di lavoro.
Potrebbe essere anche probabile (ma non certo) che i recenti sconvolgimenti politici e sociali che attraversano attualmente il Medio Oriente e l’Africa del Nord non oltrepassino automaticamente i confini israeliani.
Attraverso queste ed altre considerazioni, si potranno recuperare ancora in tempo alcuni fra gli indispensabili principi della legalità, “che la diritta via era smarrita”.
Scorrendo gli ultimi bollettini di “L’Unione informa”, stupisce quindi (ma non troppo) l’atmosfera di parziale “tripudio” con cui la Comunità ebraica italiana ha accolto la visita ed ascoltato il “credo politico” del Ministro degli Esteri israeliano Liberman, considerato in Israele (e non solo presso i governi occidentali) la massima espressione dell’involuzione nazionalista e antidemocratica, caratteristica basilare del suo partito.
Sandro Natan Di Castro
Haifa 10 Marzo 2011
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