Strenger Carlo: Hamas sta perdendo il treno della Storia e si stanno rafforzando gli estremisti islamici
Strenger than Fiction / Hamas is missing the train of history
Una cellula impazzita di “Monoteismo e Guerra Santa” ha orribilmente ucciso Vittorio Arrigoni dopo averlo rapito e poi si è dissolta in un finale in perfetto stile jihadista. Il rapimento era la ritorsione contro la detenzione di due suoi leader arrestati dalla polizia di Hamas. Ciò dimostra, più che mai, che Hamas è sotto un forte attacco da parte dei gruppi ancor più oltranzisti presenti nella Striscia. Visto da Israele, Hamas è un’organizzazione terroristica diabolica. Ha guadagnato la sua reputazione con i suoi kamikaze durante la seconda Intifada e il lancio dei missili contro le città israeliane di confine. Motivo principale per cui elettorato israeliano si è spostato sempre più a destra negli ultimi dieci anni.
Ma Hamas è una realtà molto più complessa. Ha sempre avuto un problema di identità: lacerato tra l’essere una organizzazione prima di tutto religiosa con definizione degli obiettivi in termini islamici, e poi un movimento nazionalista con obiettivi politici. Non è un’organizzazione monolitica, alcune sue frange sono a favore della tregua a lungo termine con Israele, altre addirittura parlano di pace. Alcuni sono a favore della riconciliazione con Fatah, altri credono che solo la creazione di uno Stato palestinese islamico sia un obiettivo accettabile a lungo termine. La sua posizione pubblica è che lo Stato di Israele deve essere distrutto e continua a differenziarsi da Fatah per questo rifiuto. Ma Hamas è ora in una situazione del tutto insostenibile: il suo controllo sulla Striscia di Gaza sta diventando debole e non ha più il pieno controllo gli attacchi contro Israele. La sua definizione religiosa-nazionalista è andata in pezzi per diversi motivi e sta perdendo le sue credenziali come gruppo dominante, sopraffatto da schegge islamiche apocalittiche come i gruppi filo-qaedisti che stanno guadagnando terreno a Gaza.I palestinesi moderati stanno iniziando a vedere un orizzonte politico. Il presidente Abu Mazen e il suo premier Salam Fayyad si avvicinano al loro obiettivo di raggiungere il riconoscimento internazionale di uno Stato palestinese entro i confini del 1967 (atteso per settembre all’Onu), e Fayyad è ampiamente acclamato per la sua costruzione coerente e il successo delle istituzioni in preparazione del futuro Stato.
Hamas non ha praticamente nulla da mostrare. Il suo scopo di annientare Israele sembra irrealistico, come mai prima. Al contrario di Fatah, che è riuscita a migliorare la qualità della vita in Cisgiordania, la Striscia di Gaza continua a languire nella miseria. Il rifiuto di Hamas di partecipare alle elezioni palestinesi proposte da Abu Mazen, dimostra che sa bene di andare incontro a una clamorosa sconfitta.
L’unica strategia praticabile per Hamas se non vuole perdere il treno della Storia è di muoversi verso una identità islamista più pragmatica. I leader moderati di Hamas, come il premier Ismail Haniyeh, sono interessati da tempo al modo con cui l’Ira si è gradualmente evoluta abbandonando la lotta armata e entrando nel Sinn Fein, avviando un processo politico e diventando uno dei partner per raggiungere la pace in Irlanda del Nord. Hamas ha bisogno di accelerare questa spinta per diventare un “giocatore legittimo” in Medio Oriente, se vuole evitare di dissolversi e diventare un irrilevante gruppo ostruzionista. Per fare ciò, dovrà attraversare il Rubicone e partecipare con Fatah alla realizzazione del primo obiettivo: la creazione di uno Stato palestinese a fianco di Israele. Per arrivare a questo alcuni suoi leader dovranno fare in pubblico quello che finora hanno discusso solo in privato con un numero selezionato di interlocutori: riconoscere l’esistenza di Israele.
Una cellula impazzita di “Monoteismo e Guerra Santa” ha orribilmente ucciso Vittorio Arrigoni dopo averlo rapito e poi si è dissolta in un finale in perfetto stile jihadista. Il rapimento era la ritorsione contro la detenzione di due suoi leader arrestati dalla polizia di Hamas. Ciò dimostra, più che mai, che Hamas è sotto un forte attacco da parte dei gruppi ancor più oltranzisti presenti nella Striscia. Visto da Israele, Hamas è un’organizzazione terroristica diabolica. Ha guadagnato la sua reputazione con i suoi kamikaze durante la seconda Intifada e il lancio dei missili contro le città israeliane di confine. Motivo principale per cui elettorato israeliano si è spostato sempre più a destra negli ultimi dieci anni.
Ma Hamas è una realtà molto più complessa. Ha sempre avuto un problema di identità: lacerato tra l’essere una organizzazione prima di tutto religiosa con definizione degli obiettivi in termini islamici, e poi un movimento nazionalista con obiettivi politici. Non è un’organizzazione monolitica, alcune sue frange sono a favore della tregua a lungo termine con Israele, altre addirittura parlano di pace. Alcuni sono a favore della riconciliazione con Fatah, altri credono che solo la creazione di uno Stato palestinese islamico sia un obiettivo accettabile a lungo termine. La sua posizione pubblica è che lo Stato di Israele deve essere distrutto e continua a differenziarsi da Fatah per questo rifiuto. Ma Hamas è ora in una situazione del tutto insostenibile: il suo controllo sulla Striscia di Gaza sta diventando debole e non ha più il pieno controllo gli attacchi contro Israele. La sua definizione religiosa-nazionalista è andata in pezzi per diversi motivi e sta perdendo le sue credenziali come gruppo dominante, sopraffatto da schegge islamiche apocalittiche come i gruppi filo-qaedisti che stanno guadagnando terreno a Gaza.I palestinesi moderati stanno iniziando a vedere un orizzonte politico. Il presidente Abu Mazen e il suo premier Salam Fayyad si avvicinano al loro obiettivo di raggiungere il riconoscimento internazionale di uno Stato palestinese entro i confini del 1967 (atteso per settembre all’Onu), e Fayyad è ampiamente acclamato per la sua costruzione coerente e il successo delle istituzioni in preparazione del futuro Stato.
Hamas non ha praticamente nulla da mostrare. Il suo scopo di annientare Israele sembra irrealistico, come mai prima. Al contrario di Fatah, che è riuscita a migliorare la qualità della vita in Cisgiordania, la Striscia di Gaza continua a languire nella miseria. Il rifiuto di Hamas di partecipare alle elezioni palestinesi proposte da Abu Mazen, dimostra che sa bene di andare incontro a una clamorosa sconfitta.
L’unica strategia praticabile per Hamas se non vuole perdere il treno della Storia è di muoversi verso una identità islamista più pragmatica. I leader moderati di Hamas, come il premier Ismail Haniyeh, sono interessati da tempo al modo con cui l’Ira si è gradualmente evoluta abbandonando la lotta armata e entrando nel Sinn Fein, avviando un processo politico e diventando uno dei partner per raggiungere la pace in Irlanda del Nord. Hamas ha bisogno di accelerare questa spinta per diventare un “giocatore legittimo” in Medio Oriente, se vuole evitare di dissolversi e diventare un irrilevante gruppo ostruzionista. Per fare ciò, dovrà attraversare il Rubicone e partecipare con Fatah alla realizzazione del primo obiettivo: la creazione di uno Stato palestinese a fianco di Israele. Per arrivare a questo alcuni suoi leader dovranno fare in pubblico quello che finora hanno discusso solo in privato con un numero selezionato di interlocutori: riconoscere l’esistenza di Israele.
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