Quello che Meotti non sa (o non vuole dire) su Amos Oz DI GIORGIO Bernardelli
Oggi devo essere particolarmente in modalità attaccabrighe. Però non sopporto davvero più la gente che scrive di Medio Oriente calpestando ogni idea, ogni storia, ogni visione della realtà, ogni sentimento altrui. Premessa alta per volare in realtà molto più in basso: ho appena letto sul sito di Yediot Ahronot, importante quotidiano israeliano, un articolo che mi è andato particolarmente di traverso. Si tratta di questo: http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4046028,00.html
Per chi non lo sapesse Giulio Meotti è l'esperto di Medio Oriente del Foglio. Giornalista molto documentato - glielo riconosco - ma con un piccolo difetto: non c'è una volta che non riporti una mezza notizia che non vada nella direzione del suo mantra «la destra israeliana ha ragione, tutti gli altri ce l'hanno con Israele». Da un po' di tempo scrive anche per Yediot Ahronot, buon per lui ovviamente. Solo che oggi si esibisce in uno dei numeri peggiori del suo repertorio: rivolta dalla parte che vuole lui una notizia che riguarda Amos Oz e ne approfitta per prendersela, «ad abundantiam» anche contro David Grossman. Il tutto presentato nel segno del «così vediamo noi dall'estero il vostro essere coscienza critica di Israele» (e già qui ci sarebbe da dire: noi chi, scusa? Parla per te...). Al di là del suo atteggiamento ciò che veramente mi indigna è la mistificazione della notizia. Meotti se la prende con Amos Oz perché ha inviato a Marwan Barghouti, il leader della seconda intifada che sta scontando più condanne all'ergastolo in Israele perché considerato il mandante di alcuni attentati suicidi, il suo libro «Una storia di amore e di tenebra». Tutti sanno che Barghouti non è un detenuto qualunque: è un personaggio molto popolare in Palestina, un leader politico che viene dalle fila di Fatah ed è stato a lungo indicato come l'unica alternativa possibile ad Hamas (cosa secondo me non vera, ma questo è un altro discorso...). È chiaro dunque l'intento di Amos Oz che infatti ha allegato al libro un messaggio in cui scrive: «Questa storia è la nostra storia. Spero che tu la legga e ci comprenda meglio, come noi proviamo a comprendere voi. Sperando di incontrarci presto nella pace e nella libertà». Apriti cielo. Sì, è vero, questa cosa non ha scandalizzato più di tanto gli israeliani. Ma per fortuna che adesso c'è Meotti che tuona e fa capire loro quanto sia grave. Perché questi scrittori che fanno la «coscienza critica» di Israele in realtà sono i migliori alleati degli antisraeliani. E adesso Oz arriva persino ad accreditare un personaggio come Barghouti. Calpesta la memoria delle centinaia di israeliani che sono rimasti uccisi nella seconda intifada. C'è però un aspetto di questa storia che - in maniera o ignorante o infame - Meotti non cita. E che, scusate l'autocitazione, personalmente sono fiero di essere stato l'unico a raccontare in Italia. La versione del libro che Oz ha regalato a Barghouti è quella in arabo, che ha dietro di sé una vicenda molto particolare. «Una storia di amore e di tenebra», oltre che un libro autobiografico, è un racconto molto bello su che cosa sia stato per gli ebrei il sionismo. E proprio per questo non era mai stato tradotto in arabo. A volere la traduzione è stato un avvocato arabo di Gerusalemme Elias Khoury segnato da una tragedia personale: suo figlio George Khoury, ragazzo cosmopolita che era uno studente alla Hebrew University, fu ucciso “per errore” nel 2002 a French Hill mentre faceva jogging da un cecchino della Jihad islamica che l'aveva preso per un ebreo. La Jihad islamica fu costretta a fare un comunicato di scuse definendolo un “martire”. Ma con coraggio la famiglia Khoury gli rispose che quel comunicato e il titolo di martire se lo potevano anche tenere. L'anno scorso sono andato a incontrare Elias Khoury a Gerusalemme e l'ho intervistato. Gli ho chiesto perché avesse scelto proprio «Una storia di amore e di tenebra». E Khoury, un uomo senza troppi peli sulla lingua, mi ha confermato che è proprio perché ritiene che i palestinesi debbano sapere che cosa è stato davvero il sionismo. E che debbano cominciare a imparare qualcosa anche dagli ebrei. Se a qualcuno interessa leggere l'intervista, questo è il link dell'intero numero di Terrasanta in cui è stata pubblicata, l'articolo è a pagina 40/41http://www.terrasanta.net/tsx/assets/pdf/TERRASANTAn6nov_dic2010.pdfProvate a leggere a partire dalla vicenda di Elias Khoury il gesto compiuto da Amos Oz regalando il libro a Marwan Barghouti: non ha un significato completamente diverso da quello che gli attribuisce Meotti? Vergogna a questa gente che senza essere nessuno continua a sputare da lontano sentenze che mistificano la realtà. Giorgio Bernardelli
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