Paola Caridi da invisiblearabs : a Gaza formule matematiche e fame




La fame, e soprattutto quel sottile discrimine tra la fame e la sussistenza, si può descrivere con una formula matematica? Si può prevedere che sugli scaffali di un negozietto ci debbano essere tre barattoli di yoghurt, due di labaneh, 5 confezioni di hummus, 6 di biscotti, etc etc? La risposta è sì, certo. Niente di così nuovo né trascendentale. Quello che sorprende non è applicazione di modelli matematici al consumo alimentare umano, è che i modelli matematici siano stati usati dalle autorità israeliane, in questo caso da quell’organismo di collegamento tra Israele, ANP, organizzazioni internazionali che si chiama COGAT, per capire quando aprire e quando chiudere i rubinetti dei prodotti da far entrare a Gaza.  E’ notizia di oggi, la si trova su Haaretz, in un articolo che firma Amira Hass. Il COGAT ha reso noto le regole e le procedure seguite in questi tre anni per fare  o meno entrare prodotti alimentari e altre merci nella Striscia di Gaza sotto il controllo di Hamas. Un piccolo spazio di 40 chilometri per dieci da cui un milione e mezzo di persone non può uscire, fisicamente, da molti anni, molti di più dei tre anni in cui Gaza è sotto il controllo di Hamas. Ebbene, le autorità israeliane, dice l’articolo di Amira Hass, hanno individuato un limite massimo e un limite minimo della presenza dei prodotti sugli scaffali dei negozi, a seconda della ‘vita’ dei prodotti, lunga o breve. Il limite massimo che non è mai stato raggiunto, e cioè non c’è mai stata abbondanza di cibo. In compenso, si è stati attenti a non scendere sotto il livello minimo. Vivaddio. A Gaza, dunque, si è mangiato a seconda di formule matematiche che hanno mescolato consumo medio per famiglia, il tipo di alimentazione, le necessità nutrizionali. Che a nessuno venga in mente di fare una dieta ‘diversa’ dal solito, di avere desideri alimentari di un certo tipo… Il rancio è quello, e basta  I documenti ufficiali sono stati resi noti grazie alla richiesta reiterata dell’associazione Gisha, in virtù del Freedom of Information Act israeliano. Ed è dunque possibile leggere, sul sito di Gisha, anche le formule usate. Per calcolare l’inventario relativo a pollame e uova, ad esempio, l’equazione era X + 0.56 R + Y – C = ZMa la cosa più interessante è leggere l’elenco delle “considerazioni” (sì, considerazioni) che sono state applicate ai modelli. Oltre alle considerazioni di sicurezza, oltre ai bisogni umanitari, ci sono considerazioni che riguardano l’”immagine” del prodotto (normale? di lusso?), che riguardano la possibilità che lo status di Hamas possa migliorare a seconda dell’ingresso o meno di un prodotto, che riguardano le implicazioni legali. E poi – sì – “la sensibilità della comunità internazionale”. Tradotto: se la comunità internazionale si indigna nel caso si vieti un prodotto piuttosto che un altro, allora il modello si può riconsiderare… Risultato: il modello è stato riconsiderato dopo il maggio del 2010, dopo il tentativo di parte delle Freedom Flotilla di forzare il blocco navale che ancora chiude Gaza anche dal mare, e dopo i morti causati dall’attacco sanguinoso della marina militare israeliana contro la Mavi Marmara, l’”ammiraglia” della flottiglia. Da allora, le regole sono state riconsiderate.I commenti, a una notizia del genere, li lascio francamente a voi. A me, la lettura delle regole, delle considerazioni, dei modelli applicati a un milione e mezzo di persone che ho visto in carne e ossa, mi ha rovinato la giornata. E mi ha ricordato alcune pagine – quelle del pane nascosto in un pezzetto di stoffa – de Una giornata di Ivan Denisovic.   articolo

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