Misna: oltre le polemiche sul documento del Sinodo. Un appello alla Pace

“Bisogna leggere i documenti, e farlo con attenzione” dice alla MISNA monsignor William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarca latino di Gerusalemme, dopo le accuse di alcuni esponenti del governo israeliano nei confronti dei padri sinodali. Monsignor Shomali ha partecipato ai lavori vaticani e conosce bene i testi del “messaggio” conclusivo e delle 44 “proposizioni”. “Israele – sottolinea – non ha letto o forse dimentica i passaggi sulla condanna dell’antisemitismo, l’appello ai ‘concittadini ebrei’ e i riferimenti al suo diritto a esistere in pace e in sicurezza”. Secondo monsignor Shomali, al governo israeliano è dispiaciuta la riflessione attenta sulle “conseguenze dell’occupazione” e il richiamo all’applicazione delle due risoluzioni dell’Onu che chiedono il ritiro dei militari israeliani dalla Cisgiordania e dai settori orientali di Gerusalemme. Le polemiche su questi punti erano prevedibili, sembra di capire, ma lasciano comunque l’amaro in bocca. Lo dice alla MISNA anche padre Jamal Kader, direttore del dipartimento di Scienze religiose all’università di Betlemme e tra gli autori lo scorso anno del documento “Kairós Palestina”. “Allora come adesso – sottolinea padre Kader – Israele considera soltanto le critiche: il principio è ‘chi non è d’accordo con me su tutto è contro di me’”. In “Kairós Palestina” si evidenziava che l’occupazione israeliana resta la causa principale del conflitto mediorientale, ma allo stesso tempo si riconosceva il diritto di Israele ad esistere in pace e sicurezza. Una posizione ribadita dai padri sinodali, pure accusati dal viceministro degli Esteri Danny Ayalon di essere “ostaggio di una maggioranza anti-israeliana”. Amara sorpresa per qualcuno, le reazioni di Tel Aviv erano in realtà scontate per molti. Secondo Nandino Capovilla, coordinatore in Italia dell’associazione cattolica Pax Christi, dall’assemblea vaticana emerge con forza la denuncia di una situazione di ingiustizia che nei Territori occupati ha finito anche per alimentare l’esodo dei cristiani. “I padri sinodali – dice Capovilla alla MISNA - hanno voluto scuoterci: la reazione israeliana era inevitabile, come i tentativi di attutire il colpo da parte di molti mezzi di informazione”.[VGSINODO MEDIO ORIENTE (4): OLTRE LE POLEMICHE, UN APPELLO DI PACE


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SINODO MEDIO ORIENTE (3): REAZIONI E POLEMICHE POLITICHE

Sono segnate dalle polemiche le prime reazioni ‘politiche’ alle conclusioni del Sinodo dei vescovi del Medio Oriente conclusosi ieri in Vaticano. Con due note diffuse ieri sera i governi di Israele e quello dell’Autorità nazionale palestinese hanno espresso pareri diametralmente opposti sull’esito della Riunione dei Vescovi e dei patriarchi della regione mediorientale che per due settimane hanno affrontato prevalentemente temi religiosi e pastorali, toccando anche aspetti sociali e politici. In una nota ufficiale, il vice ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, ha espresso “disappunto per il fatto che questo importante Sinodo sia divenuto un forum per attaccare politicamente Israele secondo la migliore tradizione della propaganda araba”, sostenendo che il Sinodo è stato “preso in ostaggio da una maggioranza anti-israeliana”. Ad aver infastidito il governo israeliano, secondo i media, sarebbero stati i riferimenti all’utilizzo del concetto di “Terra Promessa” per giustificare l’occupazione dei territori palestinesi e alcuni passaggi del messaggio finale nei quali si parla delle sofferenze causate al popolo palestinese dall’occupazione israeliana o si esprime preoccupazione per la situazione di Gerusalemme, la Città Santa: “Siamo preoccupati delle iniziative unilaterali che rischiano di mutare la sua demografia e il suo statuto”. E se le polemiche israeliane sembrano aver trovato più spazio sulla stampa italiana e internazionale piuttosto che su quella di Israele, di tutt’altro tono sono state le reazioni palestinesi. Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha espresso soddisfazione per l’appello del Sinodo alla soluzione dei ‘due-stati’ per il conflitto israelo-palestinese e per i richiami alla Comunità internazionale perché rispetti le risoluzioni delle Nazioni Unite. 

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