Amira Hass L’amica israeliana


Appena mi ha vista scendere le scale, il mio vicino – che stava salendo – ha fatto un ampio sorriso. “Che c’è di così divertente?”, gli ho chiesto. È un ingegnere e sta lavorando alla costruzione di una nuova città palestinese a nord di Ramallah. Un tempo era membro di uno dei tanti gruppi palestinesi di sinistra, poi è diventato religioso. Non ci siamo mai dati la mano: la moglie e le figlie sono coperte dalla testa ai piedi, e il loro stile di vita è rigidamente musulmano. Non abbiamo rapporti molto stretti. E allora, che c’era di così divertente?“Un funzionario dell’amministrazione civile (un ramo dell’esercito israeliano che vigila sugli affari palestinesi) ha approvato il nostro progetto urbanistico”, ha detto. Il funzionario gli ha fatto molte domande. Lui, prima di rispondere, lo ha informato della sua vicina israeliana che vive al quinto piano.Di recente anche un’altra palestinese, cittadina israeliana, ha fatto il mio nome davanti a un israeliano in uniforme. Tornava a casa dopo una visita nella città di Gerico, e per motivi misteriosi il soldato al posto di blocco si rifiutava di farla passare. Più lei si difendeva (in ebraico), più lui si irrigidiva. Finché lei lo ha avvertito che il giorno dopo la sua storia sarebbe finita su Ha’aretz. La minaccia ha funzionato: a quanto pare il mio nome ha spaventato il soldato.La donna mi ha già raccontato la storia tre volte, e ogni volta la discussione con il soldato si fa più animata e il tempo perso al posto di blocco aumenta. Questo mi lascia qualche dubbio sui veri motivi per cui alla fine l’hanno fatta passare. Ma se il mio nome può servire a qualcosa, ne sono ben felice.Amira Hass è una giornalista israeliana. Vive a Ramallah, in Cisgiordania, e scrive per il quotidiano Ha’aretz (altri articoli di Amira Hass pubblicati da Internazionale).L’amica israeliana

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