La politica della paura (di Zvi Schuldiner)


Rosarno e la frontiera meridionale di Israele distano varie migliaia di chilometri, ma in fondo sono molto più vicine di quel che sembra. La notizia qui è che Israele costruisce un muri «anti-immigrati» lungo la frontiera meridionale con l'Egitto.
Nel 1989 molti hanno evocato «la scomparsa dei muri». La caduta della Germania comunista, il crollo del muro di Berlino sembravano aprire una nuova era, in cui l'espressione della libertà sarebbe stata un mondo libero dai muri che avevano imprigionato interi popoli. Non è stato così.
Nel settembre 2001 al Qaeda ha aiutato il regime di George W. Bush a costruire il decennio della paura.
In gran parte del mondo «sviluppato» la politica si è trasformata in politica della paura. Non si discute più dei mondi possibili preferiti ma di presunta lotta per la sopravvivenza. Grazie alla paura è più facile imporre un capitalismo svergognato, le guerre «sante» seminano morte ovunque, fiumi di sangue hanno rafforzato l'odio verso l'imperialismo in una delle sue fasi più sfacciate, e tutto questo ha aiutato a rafforzare la destra, nelle sue versioni moderata o sfrenata, in Italia come in Israele. Non solo la sinistra (radicale o moderata) ne sta pagando il prezzo, ma ogni forza socialdemocratica e elemento moderato è indebolita - e oggi paradossalmente sono i capri espiatori della crisi del capitalismo finanziario negli Stati uniti. In Francia, in Germania - forse domani in Spagna - la destra avanza perché è più facile formulare risposte basate sulla paura che riformulare reali alternative al capitalismo. Anche perché dalla caduta del muro di Berlino le sinistre, vere o presunte, sembrano aver accettato che l'unica logica, unico modello possibile è quello del mercato.
A Gerusalemme - la «eternamente unificata» - un muro invisibile ma reale separa israeliani e palestinesi. Nell'estate del 2005 il generale Ariel Sharon, allora primo ministro di Israele, ha inventato un altro mito, una menzogna che ha conquistato molti nel mondo occidentale: che Israele si ritirava dalla Striscia di Gaza. Un milione e mezzo di palestinesi hanno visto 8mila coloni israeliani ritirarsi dalla Striscia (appena 363 chilometri quadrati di territorio) e insieme hanno visto che continuavano a vivere accerchiati in una prigione. Dopo l'ultima guerra la situazione è ancora peggiorata, soldati israeliani da un lato, egiziani dall'altro sorvegliano la grande prigione che è Gaza.
Ora si tratta di un muro. Non che sia un'invenzione nuova, poiché da tempo avanza la costruzione di un altro muro di odio, che teoricamente separa Israele dai territoriccupati palestinesi per garantire la lotta al terrore. Nella «sinistra» europea troppi hanno accettato la retorica della lotta al terrore, e sono stati incapaci di un'analisi critica del muro alzato dal governo israeliano.
I muri sono intesi a difendere la purezza - della nazione, della razza. L'«altro» - lo straniero, il nero, il musulmano, l'ebreo - minaccia la purezza, le nostre vite, è il terrorista di domani, negherà la nostra ebraicità o le qualità della nazione italiana. Era già successo in passato quando ebrei e omosessuali infettavano la purezza della razza ariana.
Il capitalismo globale rende inevitabili due fenomeni. Da un lato esporta lavoro in paesi meno sviluppati, dove il lavoro costa molto meno e si sfrutta di più, e così smantella fabbriche intere lasciando disoccupati a beneficio dei profitti degli imprenditori. Dall'altro «importa» manodopera a basso costo, gli «extracomunitari» che sono disposti a sobbarcarsi lunghe ore di lavoro, senza i normali diritti sindacali e con salari esigui anche se alti rispetto a quelli dei paesi da cui arrivano.
Parte della lotta sulla legalità o illegalità dei migranti nasconde un altro fenomeno: è necessario stabilire norme severe, così che poi si possa sfruttare meglio quanti non rientrano nelle norme ma, spinti dalla necessità, arrivano lo stesso, in barba alle leggi e alle polizie.
In Israele la «purezza» nazionale oggi è l'altra faccia della paura del terrorismo: non solo la sicurezza ma anche il futuro del «popolo ebreo». Il muro di odio separa Israele dai territori palestinesi mentre estende le frontiere del 1967 e legittima i numerosi coloni nei territori occupati. A Gaza, l'accerchiamento trasforma il milione e mezzo di abitanti palestinesi in detenuti con libera circolazione in una enorme prigioneanto, alla frontiera meridionale, tra Egitto e Israele corre negli ultimi anni un fenomeno nuovo: sudanesi, etiopi e altri, in fuga da paesi africani per ragioni politiche o spinti dalla fame, attraversano l'Egitto e dopo varie odissee cercano rifugio e lavoro in Israele. Decine di queste persone sono state uccise dalle forze di sicurezza egiziane, ma migliaia ce l'hanno fatta e lavorano in mestieri semplici e subalterni... Ma cosa succederà alla sacra purezza della nazione, tanto cara agli integralisti e razzisti?
Ecco che il governo Netanyahu annuncia la soluzione, che avevano già approvato i governi precedenti: costruire uin altro muro su quella frontiera. La paura, la purezza della nazione e il capitalismo convergono in paesi che si difendono dall'«altro» anche se sono proprio loro che creano il fenomeno.
In Italia sembra che la 'ndrangheta abbia fomentato gli incidenti razziali, e mentre il ministro Roberto Maroni annuncia che il governo italiano ha «risolto in modo brillante un problema di ordine pubblico» il New York Times parla di un clima da Ku Klux Klan negli anni '60 negli Stati uniti.
In Israele un nuovo muro quasi non fa notizia. Amnesty e altri si rallegrano della promessa di Netanyahu che le porte si apriranno per i rifugiati politici. Ma la realtà dell'accerchiamento, un accerchiamento che ormai rinchiude tutti, in modo reale o virtuale, è la realtà del panico, la paura, la ricerca permanente della «sicurezza e purezza».

http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2010/mese/01/articolo/2149/

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