“Resistenza e negoziati”, intervista a Marwan Barghouti
“Resistenza e negoziati”, intervista a Marwan BarghoutiGerusalemme – Uno degli esponenti chiave della politica palestinese e quindi di qualsiasi progetto di pace con Israele ha parlato con la Cnndalla sua cella nella prigione israeliana. Marwan Barghouti sta scontando cinque ergastoli in seguito alla condanna in un tribunale israeliano per omicidio e altre accuse legate al ruolo che ha avuto nel pianificare gli attacchi agli israeliani durante la seconda Intifada.È considerato da molti palestinesi il prigioniero più importante che potrebbe essere rilasciato in un scambio per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit [catturato da Hamas nel 2006, ndt].Per molti palestinesi è l’unico successore politico di Mahmoud Abbas che di recente ha annunciato non si sarebbe ricandidato come Presidente dell’Autorità palestinese (Anp).Barghouti è membro del comitato centrale di Fatah e del Consiglio legislativo palestinese. Dalla prigione di Hadarim ha risposto alle domande della Cnn attraverso il suo avvocato, Khader Shkirat.
Si candiderai come presidente nelle prossime elezioni? Cosa fa di lei un buon candidato come presidente?
Quando ci sarà una data definitiva per le elezioni presidenziali e legislative, quando sarà raggiunta una riconciliazione nazionale, quando riusciremo a convocare elezioni in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme, allora prenderò la decisione opportuna. Sono orgoglioso di avere il supporto popolare dei palestinesi dentro e fuori il paese, e anche di ottenere il più alto numero di voti nei sondaggi che sono stati condotti in questi anni.
Alcuni media la hanno descritta come il “Nelson Mandela palestinese”. Spera di riuscire a soddisfare queste altissime aspettative?
Ho moltissimo rispetto per l’esperienza e la resistenza del grande leader africano Mandela, che portò il suo popolo all’indipendenza e alla libertà. Mi auguro di essere in grado di contribuire a raggiungere la libertà e l’indipendenza per il popolo palestinese. Mandela riuscì perché trovò un partner come De Klerk, ma in Israele non c’è un De Gaulle, che pose fine alla colonizzazione francese dell’Algeria, e non c’è nemmeno un De Klerk, che pose fine al regime di apartheid.
Pensa di essere cambiato durante questi anni di prigione? La sua visione politica e il suo approccio alla politica sono cambiati?
La prigione è un posto molto duro e amaro soprattutto perché ho trascorso la maggior parte del tempo in isolamento poi in reclusione con altri compagni, ma la mia visione politica non è cambiata. Credo in una soluzione a due Stati che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza, e ritengo che la chiave della pace tra israeliani e palestinesi sia la fine dell’occupazione israeliana e il ritiro ai confini del 1967. In passato, ha accusato l’Autorità palestinese di corruzione. Pensa che l’Anp abbia bisogno di cambiamenti, riforme e di una leadership politica più giovane, come la sua?
L’Anp ha fatto molta strada nel combattere e riformare la corruzione, ma non è abbastanza. È necessario che faccia di più. È spiacevole e triste che finora non ci siano state sentenze né accuse contro i funzionari corrotti. Ora abbiamo bisogno di reinstaurare un sistema di giustizia trasparente e indipendente, di stabilire delle leggi e la fine degli abusi sui diritti umani, di rafforzare le libertà individuali, la libertà di stampa e di incoraggiare il pluralismo politico.
Come risolverebbe il conflitto tra Fatah e Hamas?
Durante il tempo in prigione io e dei compagni di diversi partiti siamo riusciti a redigere un documento dei prigionieri che divenne la struttura per un documento di unità nazionale che tutti i 13 partiti palestinesi firmarono il 27 giugno 2006. È il primo documento nella storia dei partiti palestinesi in cui l’Olp, Hamas e la Jihad Islamica hanno partecipato e hanno trovato un accordo su uno stato con i confini del 1967, hanno accettato che l’Olp e il presidente dell’Anp negoziassero in nome dei palestinesi, e hanno accettato l’appello a un governo di unità nazionale. Il conflitto sarà risolto richiamandosi a questo documento e con la firma di tutti i partiti nel documento di riconciliazione nazionale egiziano, e facendo ricorso alle elezioni presidenziali e legislative, rispettando la legge, ponendo fine al conflitto interno e attraverso il ripristino di un governo di unità nazionale.
Si candiderai come presidente nelle prossime elezioni? Cosa fa di lei un buon candidato come presidente?
Quando ci sarà una data definitiva per le elezioni presidenziali e legislative, quando sarà raggiunta una riconciliazione nazionale, quando riusciremo a convocare elezioni in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme, allora prenderò la decisione opportuna. Sono orgoglioso di avere il supporto popolare dei palestinesi dentro e fuori il paese, e anche di ottenere il più alto numero di voti nei sondaggi che sono stati condotti in questi anni.
Alcuni media la hanno descritta come il “Nelson Mandela palestinese”. Spera di riuscire a soddisfare queste altissime aspettative?
Ho moltissimo rispetto per l’esperienza e la resistenza del grande leader africano Mandela, che portò il suo popolo all’indipendenza e alla libertà. Mi auguro di essere in grado di contribuire a raggiungere la libertà e l’indipendenza per il popolo palestinese. Mandela riuscì perché trovò un partner come De Klerk, ma in Israele non c’è un De Gaulle, che pose fine alla colonizzazione francese dell’Algeria, e non c’è nemmeno un De Klerk, che pose fine al regime di apartheid.
Pensa di essere cambiato durante questi anni di prigione? La sua visione politica e il suo approccio alla politica sono cambiati?
La prigione è un posto molto duro e amaro soprattutto perché ho trascorso la maggior parte del tempo in isolamento poi in reclusione con altri compagni, ma la mia visione politica non è cambiata. Credo in una soluzione a due Stati che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza, e ritengo che la chiave della pace tra israeliani e palestinesi sia la fine dell’occupazione israeliana e il ritiro ai confini del 1967. In passato, ha accusato l’Autorità palestinese di corruzione. Pensa che l’Anp abbia bisogno di cambiamenti, riforme e di una leadership politica più giovane, come la sua?
L’Anp ha fatto molta strada nel combattere e riformare la corruzione, ma non è abbastanza. È necessario che faccia di più. È spiacevole e triste che finora non ci siano state sentenze né accuse contro i funzionari corrotti. Ora abbiamo bisogno di reinstaurare un sistema di giustizia trasparente e indipendente, di stabilire delle leggi e la fine degli abusi sui diritti umani, di rafforzare le libertà individuali, la libertà di stampa e di incoraggiare il pluralismo politico.
Come risolverebbe il conflitto tra Fatah e Hamas?
Durante il tempo in prigione io e dei compagni di diversi partiti siamo riusciti a redigere un documento dei prigionieri che divenne la struttura per un documento di unità nazionale che tutti i 13 partiti palestinesi firmarono il 27 giugno 2006. È il primo documento nella storia dei partiti palestinesi in cui l’Olp, Hamas e la Jihad Islamica hanno partecipato e hanno trovato un accordo su uno stato con i confini del 1967, hanno accettato che l’Olp e il presidente dell’Anp negoziassero in nome dei palestinesi, e hanno accettato l’appello a un governo di unità nazionale. Il conflitto sarà risolto richiamandosi a questo documento e con la firma di tutti i partiti nel documento di riconciliazione nazionale egiziano, e facendo ricorso alle elezioni presidenziali e legislative, rispettando la legge, ponendo fine al conflitto interno e attraverso il ripristino di un governo di unità nazionale.
Il suo approccio al conflitto israeliano-palestinese è stato descritto come “resistenza e negoziati”. Cosa intende con resistenza? Bombe? Lancio di sassi? Disobbedienza civile? Sit-in e marce?
Tutti i movimenti di libertà hanno negoziato e resistito, e quello che intendo con resistenza è quella permessa dalle leggi internazionali e che ha legittimità internazionale. In questa fase l’approccio politico, diplomatico e negoziale, aggiunto alla resistenza popolare pacifica, è sufficiente e in linea con le condizioni attuali. È un diritto del popolo palestinese resistere all’occupazione militare e agli insediamenti israeliani, diritto approvato dalla Corte di Giustizia dell’Aia, oltre che dal diritto internazionale, dalla carta delle Nazioni Unite, e da tutte le religioni.
Pensa che ci sia speranza per il suo rilascio in uno scambio di prigionieri a breve?
Faccio parte della lista su cui Hamas sta negoziando, e nutro molte speranze e aspettative di essere rilasciato in questo accordo.
Come si sente vedendo che Israele è pronto a scambiare fino a mille palestinesi per un solo soldato israeliano?
Israele sta tenendo nelle sue carceri e nelle sue strutture di detenzione più di 10 mila prigionieri palestinesi, alcuni dei quali hanno trascorso più di 32 anni della loro vita in prigione. Per di più, Israele detiene centinaia di prigionieri senza processo né accuse né niente. Israele è un paese occupante che usa l’oppressione e l’aggressione contro i palestinesi da decenni. Confisca la terre, costruisce insediamenti illegali, uccide e assassina, e arresta circa 500 palestinesi al mese, costruisce ed erige checkpoint militari, assedia la striscia di Gaza. I palestinesi hanno un soldato da scambiare contro 10 mila prigionieri, quindi è ovvio che chiederanno il più alto numero possibile. Per Israele il soldato è l’esercito, e l’esercito è lo Stato. Quindi l’accordo rilascerà il 100 per cento dei prigionieri israeliani contro il 10 per cento di quelli palestinesi.
Politici israeliani sono venuti a farle visita in prigione. Perché vengono da lei? Cosa le chiedono?
Non ho incontrato un solo funzionario israeliano dal mio sequestro nell’aprile 2002, solo un certo numero di membri della Knesset sono venuti a farmi visita. Molti di loro fanno molte visite in prigione e incontrano un certo numero di detenuti. Per la maggior parte del tempo le conversazioni riguardano gli sviluppi della situazione politica, e le pratiche dell’occupazione israeliana. Ascoltano il mio punto di vista in cui ho sempre sostenuto che il primo giorno di pace tra israeliani e palestinesi sarà l’ultimo giorno dell’occupazione. E la soluzione a due Stati è la soluzione più efficace sebbene stia diventando sempre più difficile man mano che passa il tempo.
(Traduzione di Eva Brugnettini per Osservatorio Iraq)
L’articolo in lingua originale
Tutti i movimenti di libertà hanno negoziato e resistito, e quello che intendo con resistenza è quella permessa dalle leggi internazionali e che ha legittimità internazionale. In questa fase l’approccio politico, diplomatico e negoziale, aggiunto alla resistenza popolare pacifica, è sufficiente e in linea con le condizioni attuali. È un diritto del popolo palestinese resistere all’occupazione militare e agli insediamenti israeliani, diritto approvato dalla Corte di Giustizia dell’Aia, oltre che dal diritto internazionale, dalla carta delle Nazioni Unite, e da tutte le religioni.
Pensa che ci sia speranza per il suo rilascio in uno scambio di prigionieri a breve?
Faccio parte della lista su cui Hamas sta negoziando, e nutro molte speranze e aspettative di essere rilasciato in questo accordo.
Come si sente vedendo che Israele è pronto a scambiare fino a mille palestinesi per un solo soldato israeliano?
Israele sta tenendo nelle sue carceri e nelle sue strutture di detenzione più di 10 mila prigionieri palestinesi, alcuni dei quali hanno trascorso più di 32 anni della loro vita in prigione. Per di più, Israele detiene centinaia di prigionieri senza processo né accuse né niente. Israele è un paese occupante che usa l’oppressione e l’aggressione contro i palestinesi da decenni. Confisca la terre, costruisce insediamenti illegali, uccide e assassina, e arresta circa 500 palestinesi al mese, costruisce ed erige checkpoint militari, assedia la striscia di Gaza. I palestinesi hanno un soldato da scambiare contro 10 mila prigionieri, quindi è ovvio che chiederanno il più alto numero possibile. Per Israele il soldato è l’esercito, e l’esercito è lo Stato. Quindi l’accordo rilascerà il 100 per cento dei prigionieri israeliani contro il 10 per cento di quelli palestinesi.
Politici israeliani sono venuti a farle visita in prigione. Perché vengono da lei? Cosa le chiedono?
Non ho incontrato un solo funzionario israeliano dal mio sequestro nell’aprile 2002, solo un certo numero di membri della Knesset sono venuti a farmi visita. Molti di loro fanno molte visite in prigione e incontrano un certo numero di detenuti. Per la maggior parte del tempo le conversazioni riguardano gli sviluppi della situazione politica, e le pratiche dell’occupazione israeliana. Ascoltano il mio punto di vista in cui ho sempre sostenuto che il primo giorno di pace tra israeliani e palestinesi sarà l’ultimo giorno dell’occupazione. E la soluzione a due Stati è la soluzione più efficace sebbene stia diventando sempre più difficile man mano che passa il tempo.
(Traduzione di Eva Brugnettini per Osservatorio Iraq)
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