Fawzi Zidane Una lettura del documento politico di Hezbollah


Il documento politico recentemente reso noto dal segretario generale di Hezbollah Hassan Nasrallah è di estremo interesse per chiarire le politiche del partito, in una fase tempestosa in cui la regione ha assistito a continui cambiamenti e trasformazioni, in conseguenza dei contrasti regionali ed internazionali radicatisi attorno al programma nucleare iraniano ed alla questione palestinese. L’interesse per questo documento sta soprattutto nel desiderio di sapere se il partito, che gioca un ruolo regionale sulla piazza libanese, continuerà a voler mantenere questo ruolo, o se esso ha ormai aderito al club dei partiti politici libanesi anteponendo il proprio ruolo interno a quello regionale, cosa che rimescolerebbe le carte del panorama politico libanese, sul piano dei rapporti e delle alleanze.

Il documento costituisce una cornice politica nella quale si inserisce la visione di Hezbollah e le posizioni del partito rispetto alle questioni libanesi e alla situazione araba ed internazionale. Il documento ribadisce l’identità araba del Libano e la sua unità a livello di territorio, di popolo e di stato, e rifiuta ogni spartizione ed ogni federalismo. Esso considera la democrazia concordata come la formula politica più adeguata per una reale partecipazione di tutti alla costruzione dello stato, e per incarnare efficacemente lo spirito della costituzione e la sostanza del patto di convivenza, fino a quando il regime politico in Libano sarà fondato su una base confessionale che gli impedisce di riformarsi, di modernizzarsi e di svilupparsi. Questo sistema si contrappone alla democrazia parlamentare, che dà alla maggioranza parlamentare il diritto di governare ed alla minoranza il diritto di controllare. La democrazia concordata, infatti, fa delle elezioni parlamentari un’operazione folcloristica, e dà ai leader delle diverse fazioni il diritto di veto, così come quello di dominare l’azione di governo e le decisioni dello stato. In realtà, il regime politico della democrazia concordata, ovvero basato sull’intesa fra i gruppi confessionali – regime che il documento di Hezbollah dichiara di voler continuare a seguire fino a quando vigerà in Libano un sistema confessionale – è simile a quel regime federale che il documento sostiene di rifiutare. D’altra parte, l’appello a giungere ad una abrogazione del sistema confessionale – la quale viene posta da Hezbollah come condizione preliminare per accettare una democrazia reale – viene considerato come un tentativo di distogliere l’attenzione dalla questione delle armi del partito. Sulla base della situazione attuale, l’abrogazione del confessionalismo politico suscita le preoccupazioni dei cristiani.

Il documento ha postulato un legame fra la realtà della resistenza e il protrarsi della minaccia israeliana, ed ha ribadito che tale resistenza sarà necessaria fino a quando non sarà costruito uno stato forte ed equo. Il documento ha ribadito che il partito si impegnerà a rafforzare le capacità della resistenza, il che significa che esso continuerà ad essere armato, sulla base della legittimazione della resistenza fornita dalla recente dichiarazione governativa, anche se ciò è in contrasto con la risoluzione 1701 dell’ONU. Il documento ha invitato a coniugare una “resistenza popolare”, che contribuisca a difendere la patria da qualsiasi aggressione israeliana, con un “esercito” che protegga il paese e rafforzi la sua stabilità e la sua sicurezza. Con queste due espressioni il documento si riferisce alla resistenza islamica (visto che non ne esistono altre) ed all’esercito libanese. Si ritiene che l’insistenza del documento sul principio di complementarietà fra resistenza ed esercito, sperimentato in passato, e sul successo di questa complementarietà nel gestire il conflitto con il nemico israeliano, sia una definizione a priori del concetto di strategia difensiva adottato da Hezbollah. Si ritiene altresì che il partito premerà per imporre questo “condominio” fra esercito e resistenza come un fatto compiuto al tavolo del dialogo nazionale, cosa che porterebbe di fatto al fallimento di questo dialogo.

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