David Grossman «Sono parole che vanno al cuore - non le sentono al Qaeda e i coloni»


«Sono parole di grande effetto, che colpiscono al cuore: gli unici che non le hanno apprezzate sono stati i terroristi di Al Qaeda e i coloni israeliani». Lo scrittore David Grossman loda senza riserve il discorso pronunciato ieri da Barack Obama. E aggiunge: «La strada che ci indica è la sola per arrivare alla pace in Israele. Le altre le abbiamo provate tutte, da entrambe le parti. Abbiamo provato con la violenza, con le imposizioni, con l´occupazione e con il terrore. Non è servito a nulla».Grossman, quali sono le novità contenute nel discorso del presidente americano?
«Da una parte i contenuti, dall´altra il rispetto e il calore con cui Obama s´è rivolto al mondo islamico. Come sempre, ha invocato il dialogo tra i popoli, cercando di mettere in luce le similitudini tra chi si riconosce diverso, piuttosto che i punti di attrito. Sono certo che in Egitto e altrove, le sue parole siano state molto apprezzate».
Qual è il pregio di Obama?
«La chiarezza. Prendiamo, per esempio, la guerra in Medioriente. Pur riconoscendo il diritto di Israele di esistere come Stato ebraico, il presidente americano ha insistito sulla necessità di finirla con l´occupazione dei territori palestinesi e con la costruzione di nuove colonie. Ha detto cose giuste. Cose che in precedenza hanno detto anche altri presidenti, ma non con la stessa franchezza e la stessa lucidità».
Cosa pensa del fatto che abbia anche accennato a problemi che riguardano il mondo arabo?
«L´ha fatto con discrezione. Quando ha parlato della libertà religiosa o dell´eguaglianza delle donne, credo che l´abbia fatto per prestare man forte ai moderati della società musulmana. La sua stessa storia personale può essere interpretata come un messaggio positivo, perché è arrivato al vertice del potere mondiale contro tutti gli stereotipi e contro tutti i pregiudizi. Ebbene, per molte popolazioni oppresse, per tutti i discriminati, non solo nei paesi arabi, ma ovunque nel mondo, ciò può significare che cambiare in meglio è possibile». 
D´accordo. Obama è sinonimo di speranza. Ma può bastare per costruire un mondo migliore?
«Come ha dimostrato al Cairo, il presidente è in grado di far nascere una grande energia nei cuori di chi l´ascolta. È la dimostrazione vivente che volendo si può creare qualcosa di muovo». 
Ma in Israele non lo vedono tutti di buon occhio?
«No, e ciò è dovuto proprio al suo decisionismo. Il governo di Tel Aviv è molto preoccupato». 
Chi sono i suoi nemici?
«Sono i nemici della pace, del dialogo e del compromesso. Detto questo, ci sono anche molti israeliani che l´apprezzano. Sono coloro, per esempio, che non ne possono più dell´occupazione dei territori».
Lei è tra questi?
«Certo, poiché credo che per la prima volta un presidente americano non collaborerà con la destra al potere in Israele, ma che al contrario le suggerirà la strada da seguire per ottenere la pace».
Crede che questo atteggiamento gli creerà nemici anche negli Stati Uniti?
«Sì, l´avverseranno tutti coloro per i quali essere amici di Israele significa schierarsi sempre dalla sua parte. Ieri, Obama ha detto: «Se sei davvero amico di qualcuno devi dirgli sinceramente quello che pensi di lui, anche quando commette degli sbagli». Ora, Israele è prigioniero di un tragico errore. Spero che il presidente americano possa aiutarci a trovare la strada per uscirne».
E i palestinesi?
«Siamo circondati da nemici. I palestinesi non sono partner né cordiali né affidabili. Perciò anche loro dovranno cambiare condotta, piegarsi alle nuove regole. Siamo giunti al capolinea. Se non riusciremo a percorrere insieme la strada che ci indica Obama, saremo condannati a vivere nella guerra e nella violenza per il resto della nostra vita». 
Anche Hamas s´è detto soddisfatto delle parole del presidente.

«Ne sono lieto. I soli che hanno disapprovato Obama sono Al Qaeda e i coloni israeliani. E devo ammettere di sentirmi alquanto imbarazzato da questo binomio».

 La Repubblica  del 5 giugno

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