Gideon Levy: GUERRA di Gaza

   Hanno preso posizione faccia a faccia: armati e pronti ad avanzare. Tesi verso il confronto armato e pronti a dare la loro vita per i loro valori e la loro fede. Due popoli, due nazioni, due eserciti in un incontro inevitabile: la guerra. Scusate, avete detto «due eserciti»? Avete detto «guerra»? Allora è vero: nella nostra storia, è la lingua a forgiare i fatti invece della realtà.E’ vero: le parole non uccidono, ma le parole possono facilitare decisamente il lavoro di chi uccide. Dall’alba dell’occupazione israeliana nei territori, e ciò risale a molto tempo fa – e forse in realtà dalla creazione dell Stato, o forse in realtà dal rinnoveamento dell’ebraico – la lingua è stata reclutata come riservista in servizio attivo e non ha mai tolto l’uniforme. Guerra dopo guerra, lavaggio dopo lavaggio – le parole sono mandate al fronte. Esse non fanno scorrere il sangue, è vero, ma rendono la sua visione un po’ più lieve, a volte anche più piacevole. Giustificano, autorizzano, purificano, puliscono, levigano; molto spesso anche rafforzano, eccitano, infiammano, spingono, pungolano, incitano, incoraggiano – il tutto in una lingua standard.E’ vero: le parole non uccidono, ma le parole possono facilitare decisamente il lavoro di chi uccide. Dall’alba dell’occupazione israeliana nei territori, e ciò risale a molto tempo fa – e forse in realtà dalla creazione dell Stato, o forse in realtà dal rinnoveamento dell’ebraico – la lingua è stata reclutata come riservista in servizio attivo e non ha mai tolto l’uniforme. Guerra dopo guerra, lavaggio dopo lavaggio – le parole sono mandate al fronte. Esse non fanno scorrere il sangue, è vero, ma rendono la sua visione un po’ più lieve, a volte anche più piacevole. Giustificano, autorizzano, purificano, puliscono, levigano; molto spesso anche rafforzano, eccitano, infiammano, spingono, pungolano, incitano, incoraggiano – il tutto in una lingua standard.Stavolta siamo stati insieme più pronti e più decisi. Le forze non erano ancora lanciate all’alba, gli aerei non avevano ancora finito di bombardare una parata di fine formazione di agenti del traffico, lasciando dietro di sè decine di cadaveri insanguinati di giovani, che già chiamavamo questo una guerra. Una guerra che certo non ha ancora nome, ma una guerra al cui termine il Comitato Governativo delle Cerimonie e dei Simboli si riunirà per coronarla con un nome appropriato. Forse «Prima Guerra di Gaza»? Non l’ultima.
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281. "La Forza di Difesa Israeliana, piccoli bruti in chiari cieli blu

"LA FORZA DI DIFESA ISRAELIANA, PICCOLI BRUTI IN CHIARI CIELI BLU"

Articolo di Gideon Levy, giornalista israeliano per il quotidiano “Hareetz”

31/12/2008
La crema dei nostri giovani sta attaccando Gaza. Bravi ragazzi, di buona famiglia, fanno cose cattive. La maggior parte di loro è eloquente, impressionante e sicura di sé, spesso animata da quelli che ritiene grandi principi, e il Sabato nero, decine di loro si mettono in cammino per bombardare alcuni bersagli della nostra «banca bersagli» per la Striscia di Gaza.

Partono per bombardare la cerimonia di consegna dei diplomi a giovani ufficiali di polizia, che hanno trovato questa rarità a Gaza, un lavoro, massacrandoli a decine. Hanno bombardato una moschea, uccidendo 5 sorelle della famiglia Balusha, la più piccola delle quali aveva 4 anni. Hanno bombardato un commissariato, colpendo una dottoressa che si trovava lì vicino, ora giace in stato vegetativo all’ospedale Shifa, che scoppia per i feriti e i morti. Hanno bombardato un’università che noi in Israele chiamiamo il Rafael palestinese, l’equivalente del promotore di armi di Israele e hanno distrutto il dormitorio degli studenti. Hanno lanciato centinaia di bombe da un cielo blu senza incontrare la minima resistenza.
In 4 giorni hanno ucciso 375 persone. Non hanno fatto distinzione, ed erano incapaci di farla, tra un Hamas ufficiale e i suoi figli, tra un agente della polizia stradale e un lanciatore di Qassam, tra nascondigli di armi e una clinica, tra il primo e il secondo piano di un condominio densamente abitato con decine di bambini all’interno. Dalle informazioni risulta che circa la metà delle persone uccise erano civili innocenti. Non ci lamentiamo per la precisione dei piloti: non può essere diversamente quando l’arma è un aereo e l’obiettivo una piccola striscia di terra molto popolata. I nostri eccellenti piloti ora sono dei piccoli bruti. Come durante gli addestramenti, bombardano senza discernimento, senza dover affrontare né una difesa aerea né un sistema di difesa.
E’ difficile giudicare quel che pensano, quel che sentono. In ogni modo è poco probabile riuscirci. Li si misura dalle loro azioni. In ogni azione, a partire da un’altitudine di parecchie migliaia di piedi il quadro appare senza vita come una macchia d’inchiostro Rorschach. Individuare il bersaglio, spingere sul pulsante e poi una colonna di fumo nero. Un altro «lancio riuscito». Nessuno vede gli effetti delle sue azioni sul terreno. Le loro teste devono sicuramente essere piene delle storie di orrore di Gaza – loro stessi non vi sono mai stati – come se non ci fosse un milione e mezzo di persone che vivono là desiderando solo di vivere con un minimo di onore, alcuni, giovani come loro, con sogni di studio, lavoro, di fondare una famiglia ma senza la possibilità di realizzare i loro sogni con o senza bombardamenti.
I piloti pensano a loro, i bambini dei profughi i cui genitori e nonni sono già stati cacciati dalla loro vita? Pensano alle migliaia di persone da loro storpiate in modo permanente in un luogo senza un solo ospedale degno di questo nome  e senza alcun centro di riabilitazione? Pensano all’odio bruciante che stanno seminando non solo a Gaza ma in altri angoli del mondo in seguito alle immagini orribili viste in televisione?
Non sono i piloti che hanno deciso di partire in guerra, ma loro sono i subappaltatori. La fattura è nelle mani di chi decide, ma i piloti sono i loro partner. Quando torneranno a casa, saranno accolti con tutto il rispetto e l’onore che riserviamo loro. Sembra che non solo nessuno tenterà di suscitare una questione morale tra loro, ma che loro siano considerati come veri eroi di questa maledetta guerra. Il portavoce della Forza di Difesa israeliana lo fa già troppo con il suo elogio nei suoi briefing quotidiani per «il lavoro magnifico» da loro svolto. Anche lui, ovviamente, ignora completamente le immagini di Gaza. Dopo tutto, non sono ufficiali sadici della polizia di frontiera che picchiano Arabi nei vicoli di Nablus e nel centro di Hebron, o crudeli soldati infiltrati che mirano sui loro bersagli a sangue freddo. Loro, come abbiamo detto, sono la crema della nostra gioventù.
Forse se fossero portati a confrontare i risultati del loro «lavoro magnifico» anche una sola volta, proverebbero dispiacere per le loro decisioni, riconsiderebbero gli effetti delle loro azioni. Se andassero, una sola volta a Gerusalemme all’ospedale pediatrico e centro di riabilitazione per adolescenti Alyn, dove da circa 3 anni è ricoverata Marya Aman, 7 anni, - è una quadriplegica che porta avanti la sua sedia a rotelle e la sua vita con movimenti del mento – rimarrebbero scioccati. Questa adorabile bambina è stata colpita da un missile a Gaza che ha ucciso quasi tutta la sua famiglia: opera dei nostri piloti.
Ma tutto ciò è ben nascosto agli occhi dei piloti. Loro fanno solo il loro lavoro, come si dice, eseguono solo gli ordini come macchine per bombardare. Nei pochi giorni appena passati, hanno fatto un lavoro eccellente, ed i risultati sono là, visibili per tutto il mondo. Gaza lecca le sue ferite, come il Libano prima, e praticamente nessuno prova a chiedere se tutto ciò è necessario, o inevitabile, o se ciò contribuisce alla sicurezza e all’immagine morale di Israele. Si tratta realmente del ritorno sano e salvo dei nostri piloti alla loro base, o vi ritornano come persone senza cuore, crudeli e cieche?
(Gideon Levy)

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