Hannah: Israele e il mostro




Perché dei funzionari ebrei collaborarono? Non ci fu mai un momento in cui i capi ebraici avrebbero potuto dire, per usare la sua espressione, "smettete di collaborare e lottate!". La resistenza - che vi fu, ma ebbe un ruolo molto piccolo - significava solo: non vogliamo quel tipo di morte, vogliamo morire con onore. Ma il problema della collaborazione è ozioso. Certamente vi fu un momento in cui i capi ebraici avrebbero potuto dire: non dobbiamo più collaborare, dovremmo sparire. Un tale momento potrebbe essere stato quello in cui essi, pienamente informati di cosa significava la deportazione, ricevettero dai nazisti la richiesta di preparare le liste di deportazione. I nazisti diedero loro il numero e le categorie di persone che dovevano essere mandate nei centri di sterminio, ma chi poi ci andò e a chi venne invece data una possibilità di sopravvivenza fu deciso dalle autorità ebraiche. In altre parole, in quel particolare momento chi collaborò fu padrone della vita e della morte. Riesce a immaginare cosa significa questo in pratica? Pensi a Theresienstadt, dove ogni dettaglio della vita quotidiana era nelle mani dei capi ebraici.
Hannah Arendt una delle più importanti pensatrici del Novecento seguì come inviata del “New Yorker” il processo al criminale nazista Adolf Eichmann che si tenne a Gerusalemme nel 1961. Dai suoi articoli nacque un famoso libro “Eichmann in Jerusalem - A Report on the Banality of Evil” (in italiano “La banalità del male”) che alla sua uscita nel 1963 scatenò violentissime polemiche. Fra le ragioni delle critiche che gli arrivarono da molti ambienti ebraici la tesi secondo cui il processo ad Eichmann sia stato strumentalizzato dal primo ministro Ben Gurion a fini politici. La stessa tesi è ora al centro di una piéce teatrale in scena in questi giorni in Israele. Secondo l’autore e regista Hillel Mittelpunkt il premier avrebbe cinicamente utilizzato quel processo per rafforzare l’establishment laburista ed isolare il rivale nazionalista Menachem Begin.
E la polemica è scoppiata di nuovo a 45 anni dal processo. Da sinistra l’autore, viene affermato, «ha stravolto la realtà, ha dato libero sfogo alla sua strana fantasia». Da destra invece si esulta: «Erano decenni che aspettavamo che la verità venisse a galla». Mittelpunkt, che all’epoca del processo aveva 12 anni, replica di aver dato voce anche a sua madre: sopravvissuta alla Shoah, proprio in Israele si sarebbe poi sentita incompresa ed estranea: «Come un’ombra». Per gli israeliani la cattura e il processo rappresentano un momento quasi sacro della storia nazionale. Dalla drammatica cattura di Eichmann in Argentina da parte del Mossad allo sconvolgente processo di Gerusalemme in cui 110 sopravvissuti alla Shoah incrociarono il loro sguardo con il loro aguzzino. Molti ricordano la requisitoria dell’accusatore Gideon Hausner e l’impiccagione dell’imputato come il trionfo della Giustizia sul Male.
È difficile quindi credere che dietro ad uno scenario così solenne, quasi religioso, si fossero sviluppate trame politiche e che in realtà a Gerusalemme, accanto al processo storico al nazismo, si sia celebrata anche una sceneggiatura dettata a tavolino da Ben Gurion per neutralizzare Begin. In “Anda”, questo il titolo del dramma, Ben Gurion (che viene solo evocato) emerge come una sorta di Grande Fratello che avrebbe ordinato di escludere fra i testi dell’accusa quanti simpatizzavano per la destra nazionalista ebraica. «Perché» spiega Mittelpunkt « voleva assolutamente evitare che tornasse a galla un accordo segreto fra un dirigente laburista e gerarchi nazisti per l’espatrio in extremis da Budapest di 1.700 ebrei («un patto col Diavolo»), che aveva già traumatizzato Israele negli anni Cinquanta».Quando alla ribalta compare la teste Anda Freind, una ebrea ungherese che ricorda nei dettagli le sevizie patite ad Auschwitz «ma è iscritta al partito di Begin», i servizi segreti di Ben Gurion la obbligano con minacce a tacere. Il ministro Rafi Eitan, che orchestrò la cattura di Eichmann, sostiene che Mittelpunkt «ha trasformato aspetti marginali in centrali, e viceversa». Il giudice a riposo Gabriel Strassman accusa Mittelpunkt di aver travisato la verità storica. Per Mittelpunkt il centro del dramma sarebbe comunque rappresentato dalla tensione fra l’elite politica israeliana da un lato e gli “outsider”, ossia i superstiti dell’Olocausto, dall’altro, e dalla loro sconfitta che avrebbe significato altri anni di emarginazione.
http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/blog/2008/10/20/AMYS6hWC-israeliana_processo_eichmann.shtml

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