Misna: storie di bambini nell'inferno di Gaza
Prima di quest'ultima esplosione di violenza, oltre 50.000 bambini a Gaza erano malnutriti, più dei due terzi soffrivano di carenza di vitamina A e quasi la metà di quelli con meno di due anni soffrivano di anemia; la carenza di cibo, acqua potabile e medicinali non ha fatto altro che aggravare le già precarie condizioni di salute dei bambini: lo afferma, in un suo comunicato, l'organizzazione non governativa internazionale "Save the Children" che ha fornito pacchi di cibo a 641 famiglie -circa 6000 persone, di cui 3000 bambini - a Gaza City, ma anche a Jabalyah est, Beit Lahia, Beit Hanoun e Un Al Nasser e attualmente sta predisponendo la distribuzione a Rafah nella parte meridionale del territorio. Il suo direttore generale Valerio Neri sottolinea: "I bambini, oltre a far fronte a mancanza di cibo, di acqua potabile, di cure mediche, di elettricità, con l'impossibilità di andare a scuola e con condizioni igieniche molto precarie, devono continuamente fare i conti con violenza, paura e incertezza. I genitori stanno facendo enormi sforzi per proteggerli e prendersi cura di loro, ma non possono lasciare le loro case per la paura di essere feriti o perdere la vita negli attacchi". Gli attacchi aerei e i combattimenti di terra stanno rendendo gli spostamenti sempre più difficili e pericolosi per le famiglie, che versano ormai in stato di estrema prostrazione, e che gli operatori di 'Save the Children' stanno cercando di assistere al meglio. L'impossibilità di portare all'interno del territorio di Gaza ulteriori approvvigionamenti e il perdurare delle violenze rischiano di bloccare completamente la distribuzione degli aiuti da parte dell'organizzazione umanitaria. La progressiva diminuzione delle scorte nelle case e il collasso del sistema elettrico e sanitario, va di pari passo con l'aumento della vulnerabilità dei minori di Gaza. Save the Children sottolinea che a causa della mancanza di elettricità che viene utilizzata per il riscaldamento notturno, i bambini, in particolare quelli più piccoli e i neonati, siano costantemente a rischio ipotermia. "Il freddo si aggiunge agli altri problemi e alle minacce per la salute che i minori di Gaza e i loro genitori stanno già affrontando - aggiunge Neri - anche perchè le famiglie sono costrette a lasciare le finestre aperte durante la notte in modo che non vengano rotte dalle scosse dei bombardamenti e dalle schegge: i bambini, già per la gran parte poveri e malnutriti, sono così costretti a passare la notte esposti al freddo".[PMB]
2 OFFENSIVA ISRAELIANA (3): LA PICCOLA ‘ALA... E QUEI ‘PALLONCINI’ CHE SCOPPIANO“A mia figlia ‘Ala, che ha tre anni, dico che c’è una festa e che c’è gente che si diverte facendo scoppiare palloncini colorati”: Tamer al-Bahari, palestinese e operatore di un’organizzazione non governativa attiva a Gaza, non sa più cosa inventarsi per evitare che la figlia di tre anni si ammali di nuovo per la paura; raggiunto dalla MISNA nel corridoio della sua casa, al-Bahari racconta di attacchi di una violenza inaudita e mai conosciuta, di nuovi strumenti di guerra utilizzati dagli israeliani e della piccola ‘Ala che ieri lui stesso ha portato in ospedale perché aveva la febbre altissima. “Non è influenza né raffreddore è paura - aggiunge, mentre la cornetta si trasforma in nitida testimone di nuove esplosioni - i medici dicono che non è l’unico caso e che a causare la febbre sono i boati delle esplosioni, i vetri che vanno in frantumi, i rumori di questa guerra; mi resta avvinghiata tutto il giorno, non posso allontanarmi, la devo abbracciare in continuazione, farle sentire che le sono vicino”. A Gaza non ci sono solo i morti, ci sono anche gli effetti indiretti di ore ininterrotte di incursioni aeree e bombardamenti: “Stanno usando di tutto – continua ancora al-Bahari – ci bombardano dal mare con le navi, ci bombardano dal cielo con elicotteri, aerei e droni, ci lanciano contro i loro carri armati; ci resta solo la speranza che tutto finisca presto”. Come la maggior parte dei palestinesi di Gaza, anche al-Bahari deve fare i conti con l’acqua e l’elettricità che mancano, e con le scorte alimentari che non bastano. “Possiamo restare chiusi in casa per altri due giorni - aggiunge - poi non avremo null’altro da mangiare; stiamo razionando tutto e cerco di tenere carica la batteria del mio telefono cellulare. Per ogni esplosione che sento provenire da nord chiamo il resto della mia famiglia che vive lì per sincerarmi che stiano bene. L’esercito israeliano ci sta inviando anche messaggi di vario tipo; sul mio telefono ne è arrivato uno in cui offrono 20 milioni di dollari per informazioni su Gilad Shalit, il soldato israeliano tenuto in ostaggio a Gaza”. Altre esplosioni; nel corridoio della sua casa la piccola ‘Ala si stringe al padre: “Ma lo sa il mondo cosa sta succedendo qui – si chiede Tamer – lo sanno che dall’alba di oggi non si sono mai fermati? Che non ci sono solo centinaia di morti, ma anche tante piccole ‘Ada, l’angoscia di tanti genitori? Lo sa il mondo che stiamo morendo?”.[GB]
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