Mel Frykberg: i bambini palestinesi giocano con la morte

RAMALLAH, West Bank, 19 settembre 2008 (IPS) - Nel suo ultimo rapporto pubblicato ad agosto, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) esprime preoccupazione per la protezione inadeguata nei confronti dei minori palestinesi.

“In uno degli episodi più gravi, lo scorso luglio, Ahmad Husam Yousef Mosa, un bambino palestinese di dieci anni, è stato ucciso con un colpo di proiettile alla testa dalla polizia di frontiera israeliana dopo una manifestazione contro il blocco nel villaggio di Ni’lin, West Bank centrale”, segnala il rapporto.

Il giorno dopo, è stata dichiarata la morte cerebrale del 15enne Yousef Ahmad A'mira, anch’egli colpito alla testa da distanza ravvicinata con diversi proiettili di metallo rivestiti di gomma, sempre dalla polizia paramilitare israeliana di frontiera.

“Altri 44 ragazzi sono rimasti feriti questo mese, tutti tranne uno nella West Bank. Due giovani sono stati uccisi e altri feriti nel corso di alcuni scontri intestini tra palestinesi avvenuti nella striscia di Gaza a luglio”.

”Tutti questi incidenti portano il numero dei morti tra i minori a 95 palestinesi e quattro israeliani, mentre il numero di giovani feriti ha raggiunto quota 386 tra i palestinesi e otto tra gli israeliani dall’inizio dell’anno”, aggiunge il dossier.

L’IPS ha parlato con Muhammad Ayman, 18 anni, originario del villaggio di Al-Mazra'a Al-Qiliya nella West Bank, vicino Ramallah, che ha visto il suo caro amico Muhammad Shreitih morire dissanguato per un colpo alla testa sparato da un colono israeliano durante una manifestazione di protesta contro la sanguinosa offensiva israeliana a Gaza diversi mesi fa.

”Faccio fatica a dormire la notte perché continuo a fare incubi, e a svegliarmi ricoperto di sudore dopo aver visto il volto di Muhammed in un lago di sangue”, racconta Ayman.

Un colono israeliano del vicino insediamento di Telmond ha cominciato a sparare contro Ayman ed altri suoi amici, ma solo Shreitih è rimasto colpito.

”Il colono ha cominciato a sparare contro di noi prima ancora che raggiungessimo l’insediamento. È sceso dall’autobus venendo verso di noi e ha sparato da una distanza di 50 metri”, spiega Ayman.

I ragazzi hanno tentato di portare in ospedale l’amico ferito gravemente, ma all’arrivo era già morto. Una successiva indagine della polizia israeliana ha concluso che il colono aveva sparato per “autodifesa”.

Marwan Diab, psicologo del Programma sanitario della comunità di Gaza (GCHP, Gaza Community Health Programme) che assiste i giovani traumatizzati, ha spiegato che l’impatto psicologico della violenza endemica sugli adulti e sui futuri leader palestinesi è terribile.

“Un’intera generazione di giovani palestinesi è esposta al rischio di danni psicologici irrimediabili, a meno che non ci sarà un intervento psicologico adeguato ed urgente e un miglioramento delle condizioni politiche, sociali ed economiche nella striscia di Gaza”, ha dichiarato all’IPS.Patricia McPhillips, rappresentante speciale del Fondo ONU per l’infanzia (Unicef) nei territori palestinesi occupati, condivide i timori di Diab.

“Siamo estremamente preoccupati per la sorte dei giovani”, ha detto all’IPS. “Solo l’anno scorso, 37.500 minori palestinesi nei territori occupati hanno partecipato ai nostri incontri di terapia di gruppo, 1.200 agli incontri di terapia individuale, e oltre 1.800 assistenti hanno partecipato ai corsi di sostegno per genitori. Abbiamo poi visitato 800 famiglie in case e ospedali, vittime di episodi violenti”.

Sia Diab che McPhillips hanno riscontrato una risposta positiva ai loro interventi, ma entrambi sostengono che bisogna ancora valutare i risultati sul lungo periodo.

Oltre all’elevato numero di morti e di feriti, i giovani palestinesi devono anche lottare contro l’enorme difficoltà di condurre una vita normale, oppressi come sono dalla discriminazione, dalla povertà e dall’assenza di strutture ricreative ed educative, oltre che da un orizzonte politico privo di speranza per la loro esistenza precaria.

John Ging, direttore a Gaza dell’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi in Medio Oriente (Unrwa) ha segnalato all’IPS che il 50-60 per cento dei giovani di Gaza presso le scuole dell’Unrwa è stato bocciato all’esame di matematica, mentre il 40 per cento non ha passato l’esame di arabo all’inizio dell’anno.
“La frequenza scolastica ha subito gravi interruzioni a causa degli scontri tra le diverse fazioni, dei ripetuti raid israeliani, e della povertà senza precedenti, per cui i giovani arrivano a scuola affamati e incapaci di concentrarsi”, spiega Ging.

L’Unrwa offre l’istruzione gratuita ai giovani rifugiati palestinesi dal primo al nono anno, e in parte anche l’educazione secondaria. Ma anche queste scuole sono costrette ai doppi turni per supplire alla carenza di posti.

Secondo l’Unicef, il 70 per cento dei giovani di Gaza è composto da rifugiati (588mila su 840mila).

Haifa Fahmi El-Agha, direttore generale del ministero dell’educazione dell’Autorità nazionale palestinese (ANP) nella striscia di Gaza, ha dichiarato all’IPS che i tassi di fallimento scolastico negli istituti amministrati dall’’ANP a Gaza sono stati intenzionalmente ridotti per risolvere il problema del sovraffollamento delle aule, la forte carenza di scuole e la scarsità di fondi destinati all’educazione.

I giovani palestinesi partono svantaggiati sin dalla nascita. Molti neonati muoiono per malformazione congenita, nascita sottopeso, nascita prematura e infezione respiratoria acuta nei campi, riferisce l’Unrwa.

A questo contribuiscono gli alti tassi di malnutrizione, di privazione economica e di disoccupazione, aggravati dal blocco israeliano di Gaza.

I minori palestinesi vengono anche arrestati regolarmente dagli israeliani e tenuti in strutture insieme ai criminali adulti. Non godono praticamente di nessuno dei diritti concessi ai giovani israeliani detenuti.

Secondo un rapporto pubblicato diversi mesi fa dall’OCHA, l’esercito israeliano ha arrestato circa 700 minori palestinesi nel 2007, di cui 30 detenuti nei centri di detenzione amministrativa, dove vengono rinchiusi senza processo.

”Il numero di giovani arrestati nel 2007 porta il numero totale dei minori palestinesi arrestati da Israele dall’inizio della seconda Intifada nel settembre 2000 a circa 5.900”, segnala l’OCHA.

Il rapporto menziona anche gli abusi fisici e il trattamento umiliante subito durante l’arresto, e gli abusi fisici e psicologici durante gli interrogatori; in molti casi i giovani vengono arrestati presso i checkpoint, per strada, o in casa in piena notte dopo gli attacchi dell’esercito israeliano.

L’organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem afferma che molti minori palestinesi vengono tenuti in isolamento in “guardina” - una cella buia di un metro e mezzo per un metro e mezzo.

Altri vengono confinati nello “stanzino”, una cella molto stretta dove si può stare solo in piedi, senza potersi sedere né muoversi. La “tomba” - una specie di scatola, chiusa da una porta sul lato superiore, che misura circa un metro per 60 centimetri ed è profonda 80 centimetri, è un altro sistema molto utilizzato dall’agenzia di intelligence israeliana, Shin Bet.

Molti ragazzi vengono arrestati per reati "politici", fra cui rientra quello di lanciare pietre. La sezione palestinese del Defence of Children International (DCI) riporta che le pene inflitte ai minori palestinesi sono in genere molto dure.
Il lancio di pietre può prevedere una pena di 10-20 anni; arrecare danni alle strutture delle Forze di difesa israeliane (IDF) prevede la pena massima dell’ergastolo a discrezione della corte, e i danni, gli insulti o le minacce contro le IDF la condanna ad un anno - cinque anni in meno della condanna media per omicidio in Israele, osserva il DCI.

L’unico raggio di luce all’orizzonte è la speranza di un accordo politico, senza il quale le condizioni nei territori palestinesi non potranno migliorare.

”Non c’è alcun dubbio che la piaga dei minori palestinesi sia strettamente interconnessa con la politica, e la ragione del mio cauto ottimismo è l’incredibile capacità di resistenza che ho potuto vedere tra questi giovani, nonostante le incredibili difficoltà che devono affrontare”, commenta Diab. (FINE/2008) articolo

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