Israele e la bufala del «Foglio»



In una Italia dove alligna il pressappochismo, dove permane - con altre forme e altri strumenti che in passato - la guerra per bande, dove la demonizzazione dell'avversario politico è prassi, s'innesta l'ennesimo gravissimo episodio ma passato sotto silenzio e come disperso nell'alveo della fellonia nazionale. La storia è presto detta.
Un funzionario informatico dell'Istat, Daniele Frongia, democratico verace, da oltre dieci anni impegnato con associazioni israeliane e palestinesi, anche come osservatore di una commissione parlamentare, nonché professionista di vaglia, comincia a ricevere telefonate anonime minatorie e zeppe di insulti; le associazioni di cui sopra cominciano a evitarlo sino a comprometterne le relazioni che legano le parti finché, e siamo all'epilogo, la direzione dell'Istituto lo chiama a rapporto chiedendogli formalmente spiegazioni sull'appello da lui firmato di matrice liberticida che chiama in causa, indebitamente,anche l'Istituto.
Scopre, Frongia, di essere stato diffamato da un articolo del Foglio a firma di Emanuele Ottolenghi, improvvidamente veicolato su internet , dove si parla di un boicottaggio delle università israeliane e in calce al quale vi è, fra le molte altre, anche la sua firma. Firma che, ovviamente, Frongia non ha mai apposto.
Il nostro uomo querela il giornale e la giustificazione balbettante dell'articolista è che la presenza di quella firma è «verosimile» dato che figura in altri appelli non , si badi bene, consimili ma orientati politicamente!
Nell'appello figuravano pure le firme del Pontefice e del Capo dello stato: sarebbe bastato questo per capire che si trattava di una bufala, ma Ottolenghi si guardava bene dal verificare le fonti. Nell' articolo, titolato «Egregio prof., se giura di essere contro Sharon, non sarà boicottato», Ottolenghi definiva Frongia «fascista e liberticida», un «liberticida che ha l'ipocrisia di presentarsi come difensore della libertà» (questa espressione è in verità declinata al plurale perché riferentesi a tutti i presunti firmatari dell'appello).
Sono stati condannati entrambi: Ottolenghi per diffamazione, Ferrara perché - in veste di direttore - «ometteva di esercitare sul periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che venisse commesso il reato».
Una storiaccia insomma, simile a quella che vedeva Gabriella Carlucci incartarsi in una querelle incongrua, allorché i fisici del La Sapienza espressero il loro disappunto per la visita di Ratzinger, manipolando le asserzioni del Nobel Sheldon Lee Glashow ai danni di Maiani, valente ricercatore ora alla guida del Cnr.
Deve essere un vizio del Dna, va a capire. In questo delirio di onnipotenza che rilascia patenti di democraticità a seconda dell'umore e, ci vien fatto di pensare, dell'appartenenza politica, si era letto di consegnare a Ferrara (e oggi, aggiungiamo, anche ad Ottolenghi) l' ostracon . Forse l'invito più ironico sarebbe quello di indicare ai colleghi la via del convento. Ma vogliamo rovinare la quiete di Majorana? qui


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