Parla l'ex ispettore dell'Onu Scott Ritter: Colpiranno gli Ayatollah, senza prove

Parla l'ex ispettore dell'Onu Scott Ritter: Stati uniti e Israele stanno fabbricando un pretesto per cambiare regime a Tehran, proprio come hanno fatto a Baghdad. E le Nazioni Unite non fanno altro che rendersi complici di questa escalation


Ex ispettore delle Nazioni Unite in Iraq (dal 1991 al 1998), William Scott Ritter è diventato molto critico dell'Amministrazione statunitense da quando nel 2003 rivelò che, al momento dell'invasione anglo-americana della Mesopotamia, Saddam non possedeva armi di distruzione di massa. Nel suo ultimo libro pubblicato in Italia - «Obiettivo Iran» (Fazi editore) - Scott Ritter sostiene che per l'Iran l'Amministrazione Bush stia mettendo in scena lo stesso copione utilizzato per giustificare il cambio di regime a Baghdad: costruire la «minaccia iraniana» pur non avendo prove che Tehran stia provando ad acquisire l'atomica. Ne abbiamo discusso con l'autore, che ha risposto alle domande del manifesto al telefono dagli Stati Uniti.

Nel suo rapporto del 26 maggio l'Aiea parla di ricerche per acquisire testate nucleari e chiede a Tehran maggiori informazioni sui suoi missili. Le posizioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica si stanno irrigidendo? L'Aiea è un organismo politico. Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea sono frustrati perché non sono riusciti a ottenere da Tehran l'applicazione delle risoluzioni delle Nazioni unite che le chiedono l'immediata sospensione dell'arricchimento dell'uranio. Questa frustrazione è evidente nell'ultimo rapporto dell'Agenzia. Si tratta tuttavia di un documento che non contiene alcun fatto in grado di contraddire le precedenti rilevazioni, secondo le quali il programma nucleare iraniano sembra essere esclusivamente per usi civili, pacifici. Per questo lo giudico un rapporto politico, perché le «preoccupazioni» sottolineate dal rapporto sono derivate esclusivamente dall'intelligence statunitense. Il ruolo dell'Aiea e dei suoi ispettori in Iran è quello di accertare se la Repubblica islamica rispetta il «Safeguard agreement» sul Trattato di non proliferazione nucleare. L'Iran rifiuta di rispondere a domande che esulano dall'ambito di competenza di questo trattato, specialmente quando provengono da un servizio segreto apertamente ostile al regime iraniano. Sono sicuro che questo rapporto non sia stato preparato esclusivamente dal Consiglio dei governatori e che su quest'ultimo siano state effettuate forti pressioni da parte degli Stati Uniti.

Nel suo libro parla di un «partito della guerra» pronto ad attaccare l'Iran. Da chi sarebbe formato?

Dal circolo di pensatori neo conservatori che domina l'Amministrazione e soprattutto la formulazione delle sue politiche per la sicurezza nazionale. Gente come John Bolton, Paul Wolfowitz sono ormai fuori dal governo, ma le persone più influenti, come il vice presidente Dick Cheney, sono sempre lì. Io descrivo però un «partito» che va al di là dell'Amministrazione: un insieme di individui e organizzazioni - tra cui tanti «intellettuali» che intervengono sui media - uniti da un'ideologia che è la trasformazione radicale del Medio Oriente da perseguire, in questo caso, attraverso il cambiamento di regime in Iran.
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