inferno nell'ospedale di gaza



Arriviamo all'El Shifa Hospital, la mattina seguente i quattro giorni di bombardamenti ed incursioni dell'esercito israeliano nel nord della Striscia di Gaza che hanno provocato piú di cento vittime, delle quali la metà civili e almeno venti bambini.

L'entrata dell'unità d'emergenza è affollata da decine di persone che premono per entrare ma le guardie armate controllano l'ingresso e lasciano passare solo i parenti stretti dei ricoverati. Un altro gruppo di persone attende il proprio turno per donare il sangue che in questi giorni è il bene più prezioso e indispensabile per la vita delle centinaia di feriti che affluiscono al centro. Il dottor Raed Al Areeni ci conduce al reparto di terapia intensiva maschile dove sono ricoverati i casi più gravi. Una decina di letti accolgono i feriti che da giovedà scorso continuano ad arrivare senza sosta. Uomini, ragazzi e bambini che lottano per la sopravvivenza collegati a respiratori, tubi e cateteri che li mantengono in vita
Il dottor Raed, che non dorme ormai da molte ore, ci spiega i problemi che stanno affrontando in questi giorni di estrema emergenza. "L'ospedale ha terribili carenze di medicinali e attrezzature: manca il sangue, mancano i letti, manca il personale. Gli altri ospedali della Striscia ci stanno mandando, a seconda delle loro possibilità , tutto ciò che ci potrebbe essere utile per far fronte alle urgenze. Lo staff medico lavora senza sosta per garantire il primo soccorso e l'assistenza ai feriti". Un uomo di circa quarant'anni giace senza sensi collegato a un respiratore. Se sopravviverà verrà a sapere di essere l'unico superstite di tutta la sua famiglia. Otto persone rimaste uccise sotto il crollo della loro abitazione colpita da un missile israeliano. Un razzo lanciato da un elicottero ha distrutto un generatore dell'ospedale riducendo ulteriormente l'autonomia di produzione elettrica della struttura. "Il carburante che entra nella Striscia è insufficiente al normale funzionamento dell'ospedale. Le scorte si stanno esaurendo. Se si restasse senza elettricità anche solo per cinque minuti, perderebbero la vita tutti coloro che in questo reparto sopravvivono soltanto grazie alle macchine".Ma i problemi che devono affrontare i pazienti e lo staff medico di El Shifa non sono soltanto legati a questa terribile settimana di guerra. Il dottor Ayman El Asawi, responsabile del reparto dialisi, ci parla delle difficoltà connesse alla chiusura delle frontiere che, ormai da nove mesi, impedisce il normale transito di medicinali necessari alle terapie. "Molte delle nostre macchine per la dialisi sono inutilizzabili perché necessitano di manutenzione e sul mercato di Gaza non si riescono a trovare i pezzi di ricambio per la loro riparazione. I nostri pazienti sono costretti quindi a seguire trattamenti ridotti per permettere a tutti di ricevere le cure minime. Questo diminuisce le loro aspettative di sopravvivenza". Un anziano ci mostra le echimosi sulle sue braccia dovute all'inefficienza del trattamento. Per lui sarebbe necessaria un’evacuazione in Egitto o in Israele, ma purtroppo non è mai stato possibile.Oggi i tank israeliani si sono ritirati al di là del muro, ma entrambe le parti dichiarano che si tratta soltanto di una pausa. Tutti si attendono con certezza una seconda e più violenta ondata di attacchi. Intanto, mentre i cittadini di Jabalia fanno ritorno in quello che resta delle loro case, i militanti palestinesi proclamano la vittoria continuando a lanciare quassam, i vertici militari israeliani ribadiscono la continuazione dell'offensiva su Gaza e il personale dell'El Shifa hospital continua a svolgere il proprio lavoro tra enormi difficoltà .

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