G.Levy:Israele non deve chiedere nulla ai Palestinesi,ma porre fine all'occupazione
Oggi l'opinione pubblica israeliana si sveglia dal torpore e si domanda : "fare concessioni" o "non fare concessioni.",ma è una impostazione sbagliata: Israele deve restituire ai Palestinesi la terra rubata, la dignità calpestata , i diritti fondamentali dell'uomo Nessuno parla più di moralità,la giustizia è stata cancellata deliberatamente da tutte le trattative. Due e milione mezzo di persone - coltivatori, commercianti, avvocati, , ragazze ,uomini , donne, bambini e combattenti che stanno utilizzando mezzi violenti per una causa giusta - vivono da 40 anni.schiacciati da un sistema brutale Intanto noi, nei caffè, nelle case conversiamo su cosa dare e non dare,Partecipano a questo dibattito errato :avvocati, filosofi, conferenzieri, intellettuali e rabbini . Quando l'occupazione finirà che cosa diranno ai loro bambini?Che cosa diranno del ruolo che hanno accettato ? facile discutere ,nelle conferenze ,sull'etica universale dimenticando che cosa si è fatto il giorno precedente e che cosa si sta facendo ogni giorno
Gli intellettuali pubblicano le petizioni, "per fare le concessioni" o "per non fare le concessioni," deviando l'attenzione sul vero problema Ci sono dibattiti infiniti circa la corruzione ,ma nessuno si chiede : "Non è l'occupazione la corruzione più grande e più terribile ? I funzionari di sicurezza sono terrorizzati su cosa accadrebbe se venisse rimosso un posto di controllo o se venissero liberati i prigionieri , esattamente come erano spaventati i bianchi in Sudafrica per il "grande macello" che sarebbe accaduto quando i neri avessero acquisito i loro diritti
Ma queste non sono domande legittime: l'incarcerazione deve essere conclusa , i prigionieri politici devono essere essere liberati senza riserve. Come un ladro non può fare alcuna richiesta al proprietario che ha derubato , così 'Israele non può pretendere nulla fin quanto la situazione resta così com'è
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Non sottovalutiamo il summit di Annapolis. A dispetto di tutte le previsioni di un fallimento, peraltro del tutto giustificate, questo vertice potrebbe dare un importante contributo alla storia dei negoziati arabo-israeliani. Per la prima volta sarà chiaro come il sole chi è che aspira alla pace e, soprattutto, chi ne fugge come dal demonio. Israele si reca a Annapolis come se ve la mandassero a forza. Il Primo Ministro ha le mani legate. Se osasse affrontare le questioni cruciali, le uniche da discutere in quella sede, il suo destino politico sarebbe segnato. Due partiti, lo Shas e l’Yisrael Beiteinu, hanno già affermato che, in questo caso, farebbero cadere il governo. Possiamo ben credere che Ehud Olmert, il sopravvissuto, è consapevole del pericolo. Che ottenga o no accordi maestosi, parrà che i suoi incontri bisettimanali con il Presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, non siano mai avvenuti. Eli Yishai non lo permetterà, Avigdor Lieberman lancia minacce, e persino Ehud Barak si è accigliato. Un'Israele che rifiuta di discutere le questioni chiave è un'Israele che non vuole la pace. Così è.
Tutto ciò è reso ancora più drammatico dal contesto in cui si terrà il vertice: Israele non ha mai avute poche scusanti come ne ha ora, per eludere il cammino verso la pace; non c'è stato mai un clima così favorevole per progredire. Non si può di nuovo giocare la carta del terrorismo, perché è diminuito di molto.Il lancio di missili Qassam su Sderot e un tentativo infantile di assassinio non sono una ragione valida per sottrarsi al processo di pace. Questa bassa attività terroristica purtroppo accompagnerà per i prossimi anni le relazioni israelo-palestinesi. Dobbiamo imparare a convivere con ciò, e, sopratutto, riconoscere che il terrorismo non si fermerà, in assenza di un accordo che ponga fine all'occupazione.
Ma c'è di più. Il problema della sicurezza oggi è molto maggiore sul lato palestinese. Israele non può continuare a gridare slogan sulla sicurezza, dopo sette anni in cui, secondo i dati di B'Tselem, ha ucciso 4.267 palestinesi, di cui 861 bambini o adolescenti, mentre i morti israeliani sono 467.Un' altra scusa che non regge più è quella che “non c'è un partner”. Israele non ha mai avuto un partner così malleabile come Mahmoud Abbas . E' vero che rappresenta a mala pena la metà dei palestinesi - Olmert rappresenta una percentuale di israeliani ancora minore - ed è vero che sarebbe preferibile che della delegazione palestinese ad Annapolis facesse parte anche Hamas, ma questo non è una ragione per non tentare. Abbiamo distrutto Yasser Arafat come partner - ed è venuto il momento di pentircene - ma non possiamo più prendere a pretesto la debolezza del suo successore: Israele ha fatto di tutto per creare questa situazione.Anche il mondo arabo è più disponibile verso Israele e verso la pace di quanto non sia mai stato. Israele sta distruggendo metodicamente il piano di pace saudita e la risoluzione della Lega Araba, ma, cosa mai avvenuta, queste proposte sono ancora sul tavolo e mandano ad Israele un messaggio di speranza che non ha precedenti.
Al summit vedremo anche il reale comportamento degli Stati Uniti. Nessun altro protagonista è in grado didare un contributo pari a quello di Washington per raggiungere la pace nella regione, ma, in assenza di una qualsiasi pressione su Israele, resta la triste idea che anche gli americani non si prenderanno il disturbo di ottenere la pace. Il vertice di Annapolis si configura solo come per un' iniziativa superficiale americana: niente di più. Gli americani diranno” ci abbiamo provato”; ma, naturalmente, non è un tentativoautentico.
Ad Annapolis tutte le carte saranno messe in tavola, e ciò non sarà poca cosa. Il mondo vedrà e giudicherà, gli israeliani vedranno e decideranno: Vogliamo veramente la pace?
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