Dal documentario di Yarom: "caro Dio cosa abbiamo fatto nei TO"


SINTESI
Una notte, Tamar Yarom,ora è una regista, è stata svegliata uno dei soldati . Voleva mostrargli qualcosa nel seminterrato . " ho sentito il terribile rumore di un generatore e un forte odore di gasolio. Ho visto un palestinese di mezza età sdraiato con la testa sul generatore. Il suo orecchio era stato premuto contro il generatore acceso che, naturalmente, vibrava insieme alla sua testa.era tutta deformata. Mi stupii che nonostante tutto il sangue e l'orrore, si poteva ancora vedere un'espressione L'orrore di quella faccia mi è rimasta impressa per anni
Il giorno successivo, ho riferito a uno dei comandanti quello che avevo visto nel seminterrato e lui educatamente mi ha spiegato che io non deve interferire in quanto non riguardava il mio lavoro . Quel detenuto palestinese mi ha insegnato qualcosa che io non avevo imparato nell'Università. ,qualcosa che è è impressa nella mia memoria, incisa in ogni cellula del mio essere. Ho visto la vittima di una crudeltà che non sapevo che esistesse."
Nel 2002, 12 anni dopo aver completato il suo servizio militare, durante la seconda Intifada, Yarom gira: "Lir'ot im bia mehayekhet" , è un documentario basato sulla testimonianze di sei soldati donne durante la seconda intifada. Una di loro si chiama Meytal Sandler e ha scelto di lavorare come medico ad Hebron e durante le riprese beveva ogni giorno per dimenticare gli orrori visti La prima volta che ha incontrato la morte è stata quando le è stato consegnata il bambino Shalhevet Pas, ucciso nel 2001 da un cecchino palestinese. Un giorno l'hanno chiamata per "gestire "il cadavere di un palestinese. Prima di restituirlo alle autorità palestinesi era necessario lavarlo per togliere il sangue e nascondere ciò che gli era stato fatto Era stato colpito alla testa, ma era morto lentamente per dissanguamento
Libi Abramov,racconta .così, di essersi vendicato sugli Arabi, per il ferimento di una sua amica, al checkpoint
C'erano 70 o 80 persone, li ho costretti a stare in piedi per 12-14 ore sotto il sole costringendoli a compiere esercizi .Una notte un arabo mi rivolse gesti osceni, lo abbiamo spogliato e gliel'abbiamo fatta pagare"
Dana Behar si è arruolata nel 2001. Il suo lavoro consisteva, dieci minuti prima della battaglia,nel discutere con i comandanti di valori etici. Nella seconda intifada un gruppo di soldarti ,provenienti da Qalqilyah,si vantava di aver rubato perline e,perfino, qualche Corano. Lei ne rimase scioccata e parlò dell'accaduto con il comandante. Pochi giorni dopo incontrò gli stesso militari che si rivolsero a lei chiamandola cagna in quanto li aveva denunciati .Nel film ricorda soldati scattare foto ,come souvenir, con i cadaveri dei palestinesi. A un certo punto capì che qualcosa di "brutto" stava accadendo a lei. Decise di rivolgersi a uno psicologo, ora vuole dimenticare e non tornare più nei Territori. Spiega così la sua decisione di partecipare al film:"E' importante che la gente sappia ,la realtà è orribile" Tal Ben-Sira Morag, racconta di donne bastonate finchè i bastoni si rompevano.
Michelzon ricorda la prima volta che ha visto il checkpoint di Erez: "Era come vedere un topo in gabbia . Ero in stato di shock. Non avevo mai visto la povertà di Gaza: i palestinesi,vestiti di stracci, trasportavano sacchi sulla loro testa La loro povertà mi ha stordito non parlavamo, urlavamo ordini. Ho dovuto cambiare pelle per adattarmi».Una volta, «un palestinese presenta il lasciapassare, un permesso che per ottenerlo ci vogliono due mesi. E i soldati glielo sostituiscono con un altro, e glielo strappano davanti alla faccia, per vedere la sua reazione; poi, ridendo, gli restituiscono il documento originale».
Quando ho visto il film al Festival di Haifa, non potevo smettere di piangere. Ho pianto per ciò che abbiamo fatto. Caro Dio, che cosa abbiamo fatto"Tutte ora aderiscono al movimento «Rompere il silenzio».
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