Nufar Yishai Karin: testimonianze brutalità dell'esercito israeliano





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http://observer.guardian.co.uk/world/story/0,,2195924,00.html




Ricerche di Nufar Yishai-Karin sull'origine della violenza praticata dai soldati israeliani sui palestinesi.
Quando lei frequentava la quinta classe, suo padre la condusse sulle Alture del Golan e le mostrò dove aveva perduto i suoi migliori amici nella battaglia per l'avamposto di Tel Faher, il 9 giugno 1967. ?Per anni, quella battaglia fu per lui una zona emotiva inaccessibile,? racconta Nufar Yishai-Karin, una psicologa clinica alla quale, gli anni vissuti all'ombra del dramma della battaglia di suo padre, resero possibile acquisire un senso di consapevolezza oltre ad indirizzarla verso la sua successiva professione.
?La guerra mi ha coinvolta fin dai primi anni della vita,? racconta. Alla scuola superiore lei lesse molti libri sulla seconda guerra mondiale per poi passare alla guerra del Viet-Nam. Lesse ogni pubblicazione e in particolare tutte quelle che trattavano quella guerra, afferma, facendo poi notare: ?Ma allora non avevo ancora capito che ciò che mi interessava veramente erano i crimini di guerra commessi dai soldati.?
Dopo il suo servizio nell'esercito frequentò l'Università Ebraica e trascorse sette anni indagando sui processi che avevano portato i soldati israeliani a maltrattare i palestinesi durante la prima Intifada, verso la fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90. Il suo studio, che fece come tesi di specializzazione in una clinica psichiatrica, si concentrò sulle testimonianze dei soldati riguardanti gli atti di violenza ai quali loro stessi avevano partecipato. La tesi venne adattata per un articolo che appare nella attuale pubblicazione del giornale Alpayim, ed ha come co-autore il suo consulente per la tesi, prof. Yoel Elizur. L'articolo, intitolato ?Come può prodursi una situazione di tale genere??, non rivela i nomi dei soldati coinvolti, così come il tempo ed il luogo, per proteggere gli intervistati, che erano stati scelti come esempio, prendendoli da due compagnie di fanteria corazzata che avevano svolto un servizio prolungato a Rafah. In un articolo di replica, lo scrittore David Grossman ha fatto notare che questa non è la storia di alcuni individui, ma di centinaia e migliaia ? che hanno subito una sorta di ?introitazione' di un male estremo e diffuso.?
Il racconto comincia con l'esperienza traumatica di quella battaglia del 1967 alla quale partecipò suo padre, Yair Yshai, attualmente di circa 70 anni. Scontro che si protrasse per una intera giornata e in parte consistette in un combattimento corpo a corpo, con l'uso anche di pugnali. Ventidue soldati della brigata di fanteria Golani furono uccisi e molti altri feriti. ?Per anni mio padre sarebbe rimasto in silenzio e triste ascoltando la gente che raccontava degli errori commessi in quella occasione ? i soldati fatti salire sull'avamposto dal lato sbagliato, per cui molti di loro rimasero uccisi.
?Quando io frequentavo la 10ma classe, uno dei fondatori del museo della Brigata Golani venne a casa nostra per intervistare mio padre sulla sua vita militare e sulla battaglia. Ciò gli permise di aprirsi. In seguito divenne addirittura istruttore di soldati della Golani e fece anche degli studi sulla battaglia, che contribuirono moltissimo alla sua salute mentale.?
Quando Yishai-Karin venne arruolata nell'ottobre del 1989, quasi due anni dopo l'inizio della prima intifada, venne a sapere che avrebbe dovuto diventare un soldato combattente, come tutti gli altri ragazzi. . Lei era cresciuta nel moshav Beit She'arim, nella Jezreel Valley, dove vive attualmente con un figlio di sei anni in una casa spaziosa dove si aggirano liberamente gatti e all'ingresso sventola una bandiera d'Israele fuori misura. Essa ha frequentato la scuola elementare al moshav Nahalal e la scuola superiore al kibbutz Yifat.
Nel primo anno del suo servizio militare non si sentì soddisfatta. Fece un corso riguardante le condizioni del servizio e che si occupava dei diritti dei soldati; prese parte anche a laboratori psicologici e studiò come realizzare le interviste. Venne poi inviata al Centro Induzione a Tiberiade.
Ma là non era contenta. ?Volevo osservare da vicino quale fosse il significato del termine ?crogiolo'.? Richiese così il trasferimento alla brigata Golani ed successivamente venne convinta a prestare servizio nella compagnia Ashbal, una unità di fanteria corazzata. Per circa 15 mesi visse in una base nel sud della Striscia di Gaza, non lontano dalle ex-colonie di Rafah Yam e Pe'at Sadeh.
?Andai a Gaza nell'estate del 1990 e mi unii ad una unità che aveva iniziato il suo servizio quel febbraio,? ricorda.?C'erano circa 55 soldati, compresa molta gente che era stata espulsa dalle unità combattenti. Avere la funzione di sottufficiale incaricato delle condizioni di servizio era un lavoro di tipo sociale. Il compito specifico era quello di assistere i soldati che presentavano problemi, il che significa starli prevalentemente ad ascoltare. Mi abituai a parlare con loro durante il servizio di notte, perché in quel momento erano più comunicativi.?
Subito dopo il suo arrivo ci fu un incidente che la sconvolse. Un piccolo gruppo di soldati, che erano arrivati una settimana circa prima di lei, ?erano già riusciti a mettere disordine nelle cose. Avevano fatto un arresto e avevano dimenticato il prigioniero per tre giorni nella doccia. Me lo raccontarono e, non so come, mi chiesero di occuparmene.? Nella sua tesi, lei cita uno dei soldati coinvolti nell'incidente: ?Dopo che venne costruita una doccia con un generatore, in modo tale da poter avere acqua bollente tutto il tempo?..la doccia con il ?geyser?venne abbandonata e venne deciso che sarebbe risultata idonea come cella di detenzione. In quella occasione vi avevamo portato un giovane e ci eravamo dimenticati di lui per tre giorni...Egli era ammanettato ed aveva un pezzo di stoffa sulla bocca, non poteva parlare, non poteva muoversi, non poteva fare nulla. Dopo tre giorni, qualcuno, non ricordo chi, gli capitò di andare da quelle parti e allora se ne rammentò.?
Yishai-Karin se ne andò dalla Striscia di Gaza ?sconvolta per quello che avevo visto, ma ancor più preoccupata per la mancanza di difesa nei confronti dell'operato dell'esercito, per il fatto che viene presa un'unità e logorata in tal modo tale che, alla fine, l'esercitare violenza viene a far parte della vita dei soldati. Dopo di ciò, impiegai i sette anni successivi della mia vita indagando, per cercare di capire ciò che era avvenuto.?
Sparare come pazzi.
Yishai-Karin cominciò i suoi studi di psicologia nell'ottobre 1991. ?Già durante il mio servizio militare mi resi conto che questo sarebbe stato il mio lavoro di ricerca. Ero particolarmente interessata a scoprire perché certe persone in questi gruppi di studio lavorano per apportare un cambiamento in senso positivo, che cos'è nelle loro personalità che li rende tali e che cosa succede in tali situazioni.?
Uno dei suoi insegnanti, il prof. Yoel Elizur, era un riservista dell'unità di salute mentale dell'esercito. Secondo Elizur, quell'unità aveva avuto un buon ramo di ricerche negli anni '90, ma poi non ebbe l'autorizzazione a effettuare una ricerca sulla violenza dei soldati. ?La tendenza prevalente di allora era quella di tacere l'intera questione e di dire che i soldati nella generalità erano a posto.?
Yishai-Karin, che era venuta a conoscenza della qualità di Elizur nel campo, lo avvicinò con l'idea di proporgli la sua ricerca, di cui lui colse al balzo l'opportunità. Lo studio avrebbe compreso interviste con 18 soldati e tre ufficiali che avevano prestato servizio con lei nelle due unità di fanteria corazzata. Lei conosceva la maggior parte di loro dal suo servizio militare. Intervistò ciascuno di loro personalmente in casa di lui per qualche ora e registrò le interviste; lei è ancora in possesso dei nastri. Dati i suoi precedenti rapporti con i soldati portò implicitamente questi a fidarsi di lei e ad aprirsi completamente, disponibili a raccontarle i crimini da loro stessi commessi: assassini ed omicidi, ossa rotte ai bambini, umiliazioni inflitte, distruzione di beni e di proprietà, furti.
Circa metà dei 21 intervistati erano ashkenaziti, metà mizrahim ebrei del Medio Oriente e discendenti dal Nord Africa). La maggior parte nativi e prevalentemente provenienti da famiglie della classe media. C'erano membri di Moshav ( villaggi cooperativi di contadini) e kibbutzim, residenti di città miste quali Gerusalemme , Acri e Ramle, ma anche alcuni da Tel Aviv e da comunità alla moda quali Herzliya e Ramat Hasharon. L'articolo su Alpayim incentra l'argomento trattato su una delle due compagnie, dalla quale provenivano 14 degli intervistati.
L'articolo descrive le brutalità compiute da alcuni dei soldati, mentre altri erano rimasti passivi e una minoranza aveva cercato di contrastare il male che veniva compiuto. All'interno del gruppo dei criminali c'era il tipo di soldato impulsivo che utilizzava l'occasione per liberare, talvolta in modo entusiastico, la sua enorme rabbia fino ad allora contenuta.
Un testimone racconta: ?Andai a fare il mio primo giro di pattuglia?..Altri in perlustrazione stavano sparando proprio come matti?.Anch'io cominciai a sparare come gli altri?Era?guarda, non ti dirò che non era fantastico, perché, all'improvviso e per la prima volta venivi ad avere un'arma in modo completo, non stavi facendo esercitazioni in qualche centro di addestramento o il qualche rifugio sotterraneo nelle dune, o non so che, o avevi qualche comandante che si metteva a guardare oltre le tue spalle nel poligono di fuoco. All'improvviso eri responsabile di quello che stavi facendo. Prendi la pistola. Spari. Tu fai proprio quello che vuoi.?Una delle scoperte più sconvolgenti durante la ricerca è rappresentata dall'apprendere che i soldati godevano dell'ebbrezza del potere non meno che del piacere che traevano dalla violenza. ?In un punto o nell'altro del loro servizio, la maggior parte degli intervistati ha provato piacere nell'infliggere violenza,? osserva Yishai-Karin nella sua tesi. ?Essi avevano goduto della violenza perché essa era venuta a rompere la routine quotidiana, essi amavano perciò la distruzione ed il caos. Godevano inoltre per la sensazione di potere che veniva dalla violenza e per il senso di pericolo.?
Un testimone racconta: ?La verità? Amo quando c'è un disordine come quello. Questo è il momento in cui provo piacere. E' come una droga. Se non entro a Gaza e se non c'è una qualche tipo di rivolta, almeno una volta alla settimana, io vado pazzo.?
Un altro soldato dice: ?La cosa più importante è che tutto ciò rimuove da noi il peso della legge. Tu senti che tu sei la legge. Tu, sei la Legge. Tu, sei l'unico che ha potere di decisione?Come se dal momento stesso in cui tu lasci quel luogo che si chiama Eretz Yisrael [terra di Israele] e, attraverso il posto di controllo di Erez, entri nella Striscia di Gaza, tu diventi la legge. Tu, sei Dio.?
?Tutto è permesso'.
L'insensibilità di alcuni dei soldati determina estrema indifferenza nei confronti della sofferenza degli arabi: ?Eravamo su un mezzo armato quando questo giovane, di circa 25 anni, ci passa vicino lungo la strada, e proprio così, per nessuna ragione, egli non aveva lanciato un sasso, non aveva fatto nulla ? bang, una pallottola nello stomaco ? lui gli sparò nello stomaco ed il giovane che sta morendo sul marciapiedi, ma noi proseguiamo indifferenti. Nessuno gli lanciò un secondo sguardo.?
C'erano alcuni soldati, duri, che avevano sviluppato un'ideologia che sosteneva che perfino il più piccolo fatto avrebbe dovuto dare una risposta brutale. ?Un bambino di 3 anni, lui non può scagliare nulla, lui non può ferirti, qualsiasi cosa faccia, ma un ragazzo di 19 anni può. Con le donne non ho problemi. Con le donne, ma una mi tirò uno zoccolo e io la colpii lì [indicando l'inguine], le ruppi ogni cosa in quel posto. Non può più avere figli. La prossima volta non mi tirerà più gli zoccoli.. Quando una di loro [una donna] litiga con me io le sbatto il calcio del fucile in faccia. Dopo non ha più di che litigare con nessuno.?
Nello studio, alcuni soldati erano stati classificati come ?inclini ad essere plagiati? ? il che significa, che erano stati trascinati nella scia dai loro ufficiali e compagni ? e ce ne erano altri che non avevano mai sollevato una mano contro nessuno, prima del loro servizio militare. ?Nell'istante in cui la linea rossa viene rotta, non è semplicemente rotta, è frantumata in piccoli frammenti, e da quel momento ogni cosa è permessa,?ha affermato un soldato.
Questi soldati credevano che l'Intifada fosse una guerra, e che loro compito fosse doversi comportare in modo professionale e mantenere la ?purezza delle armi? ? moralità nel fare la guerra. Ma la realtà della situazione e il sentimento di fratellanza tra i combattenti hanno suggerito invece ad alcuni di loro di coprire gli amici, perfino se rubavano dalle case dove perquisivano o facevano molestie sessuali o provocavano le donne arabe.
La maggior parte dei soldati che vennero intervistati ricordavano in modo molto chiaro il loro primo incontro con la pratica della brutalità. In un caso, mentre erano ancora nell'addestramento di base, essi vennero utilizzati come scorta per un gruppo di sospettati. ?Presero gli arabi, lo fecero gli ufficiali in comando e li infilarono nel bus tra la porta di dietro e l'ultimo posto, li disposero solo tra i posti a sedere. Dovevano stare sulle ginocchia. Quindi ci dissero: Entro due minuti ? e ciò fa parte ancora dell'addestramento di base ? entro due minuti tutti devono essere nel bus. Nessuno calpesti i sedili?E ciascuno cominciò a calpestarli [gli arabi] e a salire su di loro, alla partenza?Era veramente un inverno tremendo. Meno quattro gradi centigradi e pioggia e grandine?Ciascuno di loro venne fatto uscire nel mezzo della notte?Non venne dato loro il tempo di vestirsi?Qualcuno tra loro aveva gli zoccoli, camicie a manica corta?Tutti aprirono le finestre deliberatamente. Ci furono alcuni che gettarono acqua su di loro dalle cucine, così sarebbero gelati dal freddo . E durante tutto il tragitto vennero tempestati di colpi?.intendo per l'intero percorso.?
Un altro soldato descrive una delle prime volte in cui entrò in casa per arrestare un arabo, ?Un vero gigante, di circa 30 anni, probabilmente. Dall'aspetto violento.Gli gridiamo di sdraiarsi al suolo, lo colpiamo, ma non riusciamo a piegarlo, lui vuole scappare?..Compaiono questi quattro giovani e gli tirano pietre da tutte le parti e noi lo stiamo picchiando?.Va giù?..Va giù?..Sta giù?..Alla fine si corica?Arriviamo al quartiere generale della compagnia e si vede che ha perso coscienza?.e pochi giorni più tardi è morto.?
Alcuni giovani comandanti incoraggiano la brutalità e l'avallano perfino. ?Dopo due mesi a Rafah arrivò un nuovo ufficiale comandante?Così facciamo il primo giro di pattuglia con lui. Sono le 6 di mattina, Rafah è sotto coprifuoco, non c'è neppure un cane per le strade. Solo un bambino di quattro anni che sta giocando sulla spiaggia. Sta costruendo un castello nel suo giardino. L'ufficiale improvvisamente comincia a correre e tutti noi corriamo insieme a lui. Veniva dagli ingegneri combattenti.. Noi tutti corriamo con lui. Afferrò il bambino. Nufar, io sono un degenerato se non ti sto raccontando la verità. Gli ruppe la sua mano qui al polso. Ruppe la sua mano al polso, Ruppe la sua gamba qui. E cominciò a calpestarlo sullo stomaco, tre volte, e se ne andò. Noi eravamo tutti là, con le bocche pendenti, guardandolo sotto shock??Il giorno dopo vado fuori con lui per un altro pattugliamento, i soldati stavano già cominciando a fare le stesse cose.?
Un incidente che provocò una crisi ebbe inizio quando un comandante di squadra del gruppo dei duri di cuore malmenò tre ragazzi, legati. Un soldato, con senso di responsabilità, fece venire un altro comandante di squadra che era paramedico. Egli raccontò a Yishai-Karin che nel momento in cui arrivò l'aiuto, i tre ragazzi palestinesi erano già? coperti completamente di sangue, i loro vestiti erano intrisi di sangue e loro stavano tremando di terrore. Le loro mani erano legate e loro avevano paura di muoversi, essi erano piegati sulle ginocchia.?
Il comandante di squadra dal comportamento corretto e il soldato rimproverarono il comandante di squadra dal comportamento brutale, ma non vennero appoggiati dal comandante di plotone. ? Dovreste sapere che ciò che voi due avete fatto è molto grave,? disse loro il comandante di plotone,? parlargli in questo modo! Dovreste sapere che potete essere puniti.?I due soldati che ricevettero questa lavata di capo raccontarono ad un altro soldato che cosa era accaduto, il quale, a sua volta, decise di riferire quella storia, il giorno successivo, durante l'incontro della brigata con il comandante di divisione.. Dopo averlo ascoltato ed aver chiesto di sentire le testimonianze dei due soldati, il comandante di divisione domandò al brutale comandante di squadra che cosa avesse da dire a sua discolpa. Ma questi si rifiutò di rispondere di fronte ai soldati. Il comandante di divisione lo rimosse dal settore e ordinò alla polizia militare di indagare sull'incidente. Il comandante di squadra venne condannato a tre mesi di prigione.Ricordando questo avvenimento, che interruppe la cospirazione del silenzio nella compagnia,Yishai-Karin fa notare che tutti gli altri soldati sostennero invece il comandante di squadra brutale, perfino coloro che avevano pensato che egli fosse andato troppo lontano tanto da meritarsi la punizione. Di fronte alla fede sacrosanta nella fratellanza fra i combattenti e nella lealtà nei confronti della unità, i soldati che avevano avuto il senso del dovere, vennero considerati dei traditori, perché ?nessun soldato dovrebbe andare in prigione per colpa di qualche arabo.?
Come spieghi questo comportamento?
?La compagnia Ash'har, che venne arruolata prima di noi, umanamente era un'unità dal comportamento eccessivo, pervertito. L'assenza di controllo da parte del livello di comando lasciò il suo segno in loro, e le cose che fecero prima del nostro arrivo furono eccessive. Prendi il caso del ragazzo e il calcio nei genitali, ad esempio.
?I soldati della compagnia Ashbal,? lei continua, ?erano di qualità superiore. C'erano quelli che erano stati cacciati fuori dal corso per piloti. Ne derivò uno scontro accanito tra le due compagnie, che di fatto era uno scontro tra due culture e perfino uno scontro socio-economico. C'è una connessione tra le esperienze pregresse di una persona ed il suo comportamento. E' qualcosa di simile al film parodia di Assi Dayan , ?La collina Halfon non risponde': il riflesso delle diverse forme di isralianità, che include, per esempio, il fine iracheno con gli occhiali che tu non capisci che cosa ci stia a fare là e pensa di diventare ragioniere.?
?I due soldati dall'atteggiamento corretto provenivano da case nelle quali era stato investito molto nella formazione dei bambini. L'uno era il figlio di uno psicologo e dirigente di fabbrica, e l'altro era figlio di un ufficiale di carriera, un tenente colonnello. In ambedue i casi le madri erano coinvolte nell'educazione dei figli ; fatto significativo ogni settimana ricevevano grandi pacchi. I due erano soldati splendidi. Di spinta passavano attraverso l'addestramento di base ed avevano tempo sufficiente per pensare che cosa fosse giusto e che cosa non lo fosse nelle operazioni della compagnia a Rafah. I loro ufficiali comandanti avevano orizzonti lontani e più angusti e provenivano da un diverso retroterra, ed è qui dove le culture si scontravano. Il comandante di squadra che andò in prigione, subì da ciò il trauma della sua vita, più che da tutte le cose che aveva fatto o che stava facendo nel momento in cui picchiava ragazzi più giovani legati. Attualmente egli vive negli Stati Uniti. La maggior parte dei soldati che ho intervistato hanno lasciato il paese, salvo cinque o sei.?
Come riuscisti a impedire la vendetta e che quelli che avevano fornito le informazioni venissero considerati dei ?traditori??
?Vennero per consultarsi con me ? sia il soldato che ho descritto come paramedico, sia l'altro che aveva riferito al comandante di divisione. Il secondo era affranto e spaventato a morte. Dopo la partenza del comandante di divisione, raggiunsi il quartiere dei sergenti ed incontrai il comandante di squadra che aveva infierito con il fracco di botte. Tutti lo stavano consolando. Io esitai un minuto e poi dissi loro che se qualcuno avesse osato far qualche cosa, non sarei stata in silenzio. Non dovevo domandare: sapevo che loro stavano progettando una vendetta. Prima che io finissi la frase tutti saltarono su ? come avevo osato? Mi era chiaro che io dovevo tracciare i miei confini. Il mio prestigio era così buono che loro mi perdonarono. Qualcuno disse subito, ?Lei è l'incaricata non ufficiale di noi tutti per le condizioni di servizio.?
?Nella mia tesi ho paragonato questa situazione ad una famiglia nella quale c'è sfruttamento sessuale o incesto o violenza e viene mantenuto segreto. La stessa cosa era per l'unità. Tu non denunci un membro della famiglia. Questo è il meccanismo di base che esiste in tutti noi e questi soldati rappresentano tutti noi.?
Istinti da uomo delle caverne.
I due soldati provvisti di una coscienza ? il testimone oculare delle percosse date a giovani privi di difesa ed il suo compagno paramedico ? furono allontanati dalla compagnia. Il primo venne inviato ad un corso per cecchini, l'altro ad un corso avanzato per paramedici ed in seguito ambedue fecero un corso per ufficiali. Il soldato che aveva rivelato il fatto al comandante di divisione venne emarginato. Tutti lo boicottarono e assillarono, fino a che venne infine trasferito fuori dalla compagnia e assegnato a un posto di retro-scaglione.
I due soldati di prima ritornarono alla compagnia come ufficiali e dettero l'avvio all'applicazione di un metodo finalizzato ad ?inculcare una cultura professionale.? Secondo la loro opinione la compagnia aveva subito una metamorfosi e i soldati, in genere, avevano rinunciato a comportamenti brutali.
Nei suoi studi, Yishai-Karin ha esaminato quanto gli sbagli fatti dai soldati hanno influenza sulla loro mentalità. Trovò che i due soldati che avevano senso di responsabilità ?erano gli unici intervistati all'interno del gruppo campione con descrizione dello sviluppo della personalità, della vittoria morale e dell'importanza relativa al loro servizio militare. Entrambi hanno sentito che quanto avvenuto lo si deve al fatto che non hanno avuto dubbi su ciò che stavano facendo.?
Yishai-Karin continua a ritenere i soldati che ha intervistato buona gente. ? Dal punto di vista della struttura dell'esercito prestavamo servizio in compagnie di fanteria senza alcun battaglione, collegate direttamente a una brigata corazzata, che per molto tempo fu dislocata sulle Alture del Golan. Non c'era un battaglione comando a supervisionare le cose, e la brigata comando proveniva essa stessa dai corpi corazzati. Nessuno capì quanto stava accadendo realmente nella compagnia e non c'era una persona per controllare le cose dal di fuori.. Il GOC del Comando Meridionale, Matan Vilnai, [ attualmente un Labor MK e ministro deputato alla difesa ] visitò spesso la compagnia e prese soldati qualsiasi per colloqui da uomo a uomo, ma i meccanismi della negazione e della segretezza erano al lavoro e lui non potè avere alcuna informazione su quanto era accaduto, anche se ci provò. Una delle conclusioni dello studio è che i meccanismi dell'occultamento dovevano essere messi in conto in quanto sono naturali e si faranno vivi sempre.
?L'esercito non dette a quella unità un regolare addestramento e quasi mai concesse loro congedi. Non venne data loro l'opportunità di riprendersi con un po' di vacanze. L'addestramento forma le unità per le necessità di un esercito regolare piuttosto che di una milizia, ma l'unità ricevette solo un terzo dell'addestramento che si doveva supporre di dover fornire.. I soldati sostennero che quanto più tempo l'unità trascorreva sul campo, tanto più diveniva violenta e tanto più era incline ad imporre ordine. Essi affermarono che l'esercito era consapevole della deriva verso la violenza e l'incoraggiava, perché in tal modo potevano stanziare meno truppe.
?Ci sono due mezzi che l'esercito adotta per orientare la violenza in guerra lungo appropriate direzioni, ?continua Yashai-Karin, ?cioè il patrimonio di conoscenza proveniente dalla lotta e l'addestramento. Questi mezzi non vennero utilizzati nell'Intifada. I due ufficiali consapevoli avevano pensato a queste cose da se stessi ed avevano introdotto le ?esercitazioni Intifada? prima di entrare in azione. Se un soldato si prepara, egli sa quello che ci si aspetta da lui, in tal caso il suo comportamento si adeguerà alle norme dell'esercito e non agli istinti degli uomini delle caverne.
?Come per il patrimonio di conoscenza proveniente dalla lotta, che portai nell'esercito da casa. Mio padre mi aveva raccontato della prima guerre del Libano. Egli era il comandante di una compagnia di ricognizione. In una occasione un gran numero di schisti arrabbiati si erano radunati all'ingresso della base ed i soldati divennero tesi. Mio padre e pochi altri soldati temerariamente si mossero verso la folla, parlarono alla gente e li placarono. Mio padre mi disse a quel tempo che chiunque non avesse conosciuto gli arabi e si fosse sentito messo sotto pressione dall'avvenimento sarebbe stato capace di sparare loro.Questo è un racconto che udii da ragazza nel 1983.
?Inoltre, nell'Intifada, mi resi conto quanto il tempo, e ancor più la tensione, producono reazioni che sono ancor più estreme e violente. C'era un comandante di compagnia che diventava usualmente agitato ed ogni volta causava una grande fracasso. Ciò di cui ci si sta dimenticando è l'eredità della battaglia, come nella storia di mio padre, nella quale il coraggio viene testimoniato dal loro non ricorso al fuoco. L'eredità della battaglia è qualche cosa di congenito, che viene trasmesso dalla Educazione dei Corpi, e ora manca.?
?Il messaggio potrebbe essere troppo complesso per un articolo di giornale. Freud parla di istinto aggressivo distruttivo. In una lettera a Einstein nel 1932, Freud scrisse, ?Meditando sulle atrocità riportate sulle pagine di storia, noi sentiamo che il fattore ideale viene spesso utilizzato per camuffare la sete di distruzione.' Ciò è presente in ciascuno, in tutte le lingue e in tutte le religioni, attraverso tutte le centinaia e migliaia di anni di storia, e probabilmente fin da prima. Ci sono alcune culture che sono più violente, si, ma la violenza è presente in ogni cultura. Ci sono situazioni che la provocano e fanno sì che la violenza si affacci in superficie.

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