Amira Hass: Gaza trasformata in uno zoo da Israele



Gaza un giardino zoologico.1.5 milioni di Palestinesi stanno vivendo in una superficie di circa 360 chilometri quadrati, chiusa da recinzioni di filo spinato, da mura e torrette militari. Una gabbia isolata

Uno zoo. Questo è uno dei modi in cui i palestinesi descrivono le condizioni in cui circa un milione e mezzo di loro stanno vivendo: in un’area di 360 chilometri quadrati, chiusa su tre lati da complessi reticolati, mura e torri di controllo militari e ad ovest dalle navi della marina israeliana che chiudono lo sbocco sul mare. Sopra di loro, in cielo, aerei senza equipaggio e palloni aerostatici fotografano senza sosta tutto quello che succede all’interno di questa gabbia chiusa, che ha sette passaggi per connettersi al mondo, tutti quanti chiusi quasi ermeticamente.Nel corso degli ultimi quattro mesi, Israele ha concesso a quasi duemila persone di uscire dalla Striscia di Gaza – una minoranza di questi erano ammalati, più di metà erano importanti attivisti di Fatah o lealisti in fuga da Gaza; e il resto era costituito da persone in possesso di una doppia cittadinanza o di visto per lunghi soggiorni all’estero. Giusto per fare un confronto: nel 1999, solo attraverso il confine di Rafah passavano 1400 persone al giorno, oltre alle migliaia che attraversavano il valico di frontiera di Erez, nonostante la politica di chiusura permanente. Adesso un milione e mezzo di esseri umani vivono con la consapevolezza che le dimensioni del loro mondo sono di 41 chilometri di lunghezza e 12 di larghezza. Il paragone ad uno zoo è stato fatto dal dottor Mamdouh al Aker, un dottore che dirige la Commissione Palestinese Indipendente per i diritti dei cittadini. Per un altro abitante di Gaza, un importante uomo d’affari i cui impianti alimentari sono in funzione al 5 percento delle loro possibilità, la situazione gli ricorda un ospedale: come i pazienti, gli abitanti non lavorano, ma ricevono cibo. Non lavorano perché da quattro mesi Israele ha proibito non solo il passaggio di qualsiasi prodotto di Gaza al mercato, ma anche l’ingresso di qualsiasi materia prima o mezzo di produzione. Se i prezzi dei beni continueranno ad aumentare e la crisi monetaria peggiorerà a causa dell’interruzione dei contatti fra banche israeliani e banche di Gaza, le organizzazioni di aiuto internazionale presto dovranno aumentare i quantitativi di cibo che donano, che attualmente costituisce circa il 10 percento degli approvvigionamenti che vengono introdotti. Forse verrà il giorno in cui faranno cadere pacchi di cibo dagli elicotteri.I governi di Israele, Stati Uniti e dell’Europa considerano l’imprigionamento ermetico di un milione e mezzo di esseri umani e la distruzione completa dell’infrastruttura economica di Gaza una risposta adatta ad Hamas, almeno fino a quando cadrà. Sembra che il “governo” di Ramallah sia d’accordo con loro. In realtà il capo del “governo” di Gaza, il primo ministro Ismail Haniyeh, ha suggerito che il regime esclusivo di Hamas a Gaza è temporaneo. Ma la natura temporanea dipende dal successo del dialogo fra Hamas e Fatah, mentre Israele e gli Stati Uniti vietano al presidente palestinese Mahmoud Abbas di portare avanti questo dialogo. E Abbas, in ogni caso, al momento è fermo all’approccio che considera Hamas come un’entità ostile.

Come sempre, gli studenti cui non viene consentito di uscire sono una minoranza la cui reclusione riflette la misura del danno inflitto al futuro palestinese. Da anni Israele impedisce che gli abitanti di Gaza studino nella West Bank. Di conseguenza, coloro che vogliono intraprendere studi superiori a livello universitario devono andare all’estero.

Prendiamo per esempio 10 ottimi studenti che abbiano ricevuto una borsa di studio per un master o per corsi accademici in Germania. Prendiamo parecchie centinaia di studenti che già studiano all’estero e sono stati bloccati a Gaza durante l’estate e altri che si sono iscritti quest’anno per studiare all’estero. Il contributo essenziale al futuro della loro comunità da parte di tutti questi studenti è certo. Ma se non escono da Gaza oggi, subito, alcuni di loro perderanno la loro borsa di studio, altri il primo semestre dell’anno scolastico e altri ancora l’intero anno. Migliaia di altri giovani hanno semplicemente rinunciato alle loro aspirazioni di studiare all’estero per la politica del blocco delle uscite. E quando non si ha l’opportunità di conoscere il mondo, il mondo secondo Hamas e gli orizzonti religiosi che offre diventano i più persuasivi. Dal 1991 Israele sta utilizzando la parziale o totale chiusura degli abitanti di Gaza nella loro gabbia, per periodi brevi o lunghi, come strategia politica: talora è presentata come forma di punizione, altre volte come un deterrente e sempre come preludio di un piano politico. Fino a poco tempo fa sembrava che le condizioni di chiusura non potessero essere peggiori. Gli ultimi quattro mesi hanno provato che c’è sempre un “peggio”.

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