Moni Ovadia: il dialogo e il nemico

Il Levitico, uno dei libri del Pentateuco, contiene molti versetti memorabili, fra questi ve ne è uno che recita più o meno così: «Se trovi l’asino del tuo nemico smarrito, prendilo per la cavezza e riportaglielo». Strana indicazione quella del biblista. Perché mai dovrei darmi la pena di riportare al mio nemico il suo asino risolvendogli un problema, se i sentimenti che mi animano nei suoi confronti mi portano a distruggerlo o, nel migliore dei casi, a ridurlo all’impotenza? Che cosa dunque vuole indurci a considerare il biblista con questo suggerimento apparentemente contraddittorio? A mio vuole invitarci a non dimenticare mai che il nostro nemico, chiunque egli sia, non cessa di rimanere titolare della condizione universale di essere umano. L’altro memorabile precetto del Levitico, il 18,19 «Amerai il prossimo tuo come te stesso», acutamente non indica quali siano le caratteristiche, né i comportamenti, né i tratti caratteriali del prossimo che siamo tenuti ad amare. Il versetto sottace altresì l’etnia, la religione o il colore della pelle di quel prossimo che abbiamo di fronte. Ora, la Toràh non sceglie mai di specificare o di sottacere a caso. Lo fa per sollecitare la responsabilità dell’uomo a stabilire priorità, ad assumersi il peso di un’interpretazione. Ritengo che i due versetti del Levitico mirino ad affermare un umanesimo radicale che non accetta a nessun titolo, la disumanizzazione dell’essere umano. Di nessun essere umano. Per questa ragione e molteplici altre, noi siamo tenuti a considerare ogni essere umano come un partner. Quel partner può essere ideale o scabroso, disponibile od ostile ma deve rimanere un partner con il quale non possiamo rifiutarci di cercare il dialogo. Se quel partner è il nemico, dobbiamo in ogni modo sforzarci di cercare una chiave per dialogare con lui appena sia possibile per fare la pace che è l’unica condizione in cui i due precetti del Levitico si possono inverare. E la pace si fa con il nemico!!! Veniamo ora alla fattispecie concreta di questi giorni. Il nostro Presidente del Consiglio Romano Prodi, ha invitato a non escludere totalmente la possibilità di aprire il dialogo anche con Hamas in un’eventuale riapertura delle trattative fra israeliani e palestinesi per una pace definitiva e duratura sulla base del contesto “due popoli, due stati”. Questa opinione è stata espressa anche da Yossi Beilin, eponente politico della sinistra israeliana ed ex negoziatore degli accordi di Oslo in un’intervista al nostro giornale. In quell’intervista Beilin ricordava che sull’apertura di un possibile dialogo con Hamas, si è espresso anche l’ex capo del Mossad (il servizio segreto israeliano). Quest’opinione, che personalmente condivido, è solo un’opinione, può essere accettata o respinta, ma è una degnissima opinione che merita di essere vagliata con attenzione e pacatezza, non un’adesione incondizionata alle idee e alla prassi di quella formazione islamista. Cosa accade invece nel nostro Paese dove la vera discussione è stata bandita a favore dell’insulto, dell’aggressione e dello sproloquio? Accade che sussiegosi esponenti del nostro centro destra quali l’onorevole Casini, ma in particolare l’onorevole Ronchi di An, specialista in faccine indignate o disgustate, si presentano in televisione con espressione compunta e addolorata e quasi accusano l’on. Prodi e il ministro degli Esteri D’Alema di voler distruggere Israele. Questi addolorati professionali sono poi gli stessi che hanno trascinato l’Italia nell’ignobile avventura irachena avallando le criminose e spudorate menzogne di Bush. Costoro inoltre si credono i veri amici di Israele solo perché sono proni alla politica del governo Olmert in ogni suo aspetto. E se invece, alla fine, i veri amici di Israele si rivelassero i critici onesti e leali dell’occupazione e degli omicidi “mirati”, i sostenitori di quella pace di Ginevra firmata dalle opposizioni palestinese e israeliana e tanto insultata e sbeffeggiata dai teorici dell’uso delle armi? E se avessero ragione i sostenitori del dialogo a oltranza, anche con Hamas, non per avallarne le opzioni terroriste, ma al contrario per farne emergere le componenti politico sociali che hanno guadagnato ad essa il consenso maggioritario dell’elettorato palestinese in una delle elezioni più democratiche che si ricordino in tutto il secondo dopoguerra? Dopo tanto inutile - sì inutile! - spargimento di sangue prodotto dalla logica ipersicuritaria e dal terrorismo, non si potrebbe almeno riprendere in considerazione la via del dialogo con tutti, invece di indossare le faccine del dolore e dell’indignazione che sui volti consumati dall’ipocrisia di certi politici italiani e non, fanno la mostra di un nasino all’insù sulla faccia lignea di Pinocchio?Moni Ovadia dall'Unità di oggi


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