Uri Avnery
Gush Salom - dal sito web Z-Net.it - Traduzione di
Bernardino Tolomei - 1 Febbraio 2006
Se Ariel Sharon non fosse stato in coma profondo, sarebbe
balzato giù dal letto dalla gioia.
La vittoria di Hamas ha realizzato i suoi più ardenti
desideri. Per un anno intero ha fatto tutto il possibile per boicottare Mahmoud
Abbas. La sua strategia era piuttosto ovvia: gli americani volevano negoziare
con Abbas, i negoziati avrebbero portato inevitabilmente ad una situazione che
lo avrebbe costretto a cedere quasi tutta la West Bank e Sharon non aveva
nessuna intenzione di fare questo. Lui voleva annettere circa la metà di quel
territorio. Quindi doveva disfarsi di Abbas e della sua immagine di moderato.
Durante l'ultimo anno la situazione dei palestinesi è
peggiorata di giorno in giorno; le azioni degli occupanti hanno reso impossibile
la vita normale. Gli insediamenti nella West Bank sono andati allargandosi in
continuazione; il muro, che taglia fuori il 10% circa della West Bank, è quasi
terminato; nessun prigioniero importante è stato restituito. Lo scopo era
quello di inculcare nei palestinesi l'idea che Abbas è debole ("un pollo
spennato", come dice Sharon), e non è capace di ottenere nulla, che
offrire la pace e osservare il cessate il fuoco non porta a niente.
Il messaggio per i palestinesi era chiaro: "Israele
conosce solo il linguaggio della forza". Ora i palestinesi hanno dato il
potere ad un partito che parla la stessa lingua. Perché Hamas ha vinto? La
elezioni palestinesi, come quelle tedesche, consistono di due parti. La metà
dei membri del parlamento sono eletti in liste di partito (come in Israele),
l'altra metà sono eletti individualmente nei propri distretti.. Questo ha dato
ad Hamas un grosso vantaggio. Nelle elezioni su liste di partito Hamas ha vinto
con una stretta maggioranza. Questo suggerisce l'idea che, finché si tratta
della linea politica generale, la maggioranza non è lontana da Fatah: due
stati, pace con Israele.
Molti dei voti dati ad Hamas non hanno a che fare con la pace,
la religione ed il fondamentalismo, ma con la protesta. L'amministrazione
palestinese, quasi esclusivamente nelle mani di Fatah, è inquinata dalla
corruzione.L'"uomo della strada" ha percepito che ai piani alti non
importa niente di lui. A Fatah è stata anche attribuita la colpa della
terribile situazione creatasi con l'occupazione. Inoltre, la gloria dei martiri
e la lotta irriducibile contro l'immensamente superiore esercito
israeliano,hanno accresciuto la popolarità di Hamas. Nelle elezioni
personali-locali la situazione di Hamas era anche migliore: Hamas aveva
candidati più presentabili, non macchiati da corruzione; la macchina del
partito era di molto superiore, i suoi membri molto più disciplinati; in ogni
distretto c'erano molti candidati di Fatah in competizione fra loro. Dopo la
morte di Yasser Arafat non c'è nessun leader abbastanza forte da imporre l'unità.
Marwan Barghouti, che forse avrebbe potuto essere all'altezza, è chiuso in una
prigione israeliana, altro grande regalo di Israele ad Hamas.
La gente che crede nelle teorie delle cospirazioni può
affermare che tutto ciò fa parte di un ambiguo piano israeliano. Alcuni pensano
addirittura che Hamas sia stata fin dall'inizio un'invenzione di Israele. Questa
è naturalmente una grossolana esagerazione, ma è comunque un fatto che negli
anni precedenti la prima intifada l'organizzazione islamica è stato l'unico
gruppo palestinese che aveva praticamente libertà di movimento nei territori
occupati.
La logica era questa: il nostro nemico è l'OLP, gli islamisti
odiano il laico Olp e Yasser Arafat, quindi possiamo usarli contro l'OLP. Per di
più, mentre tutte le istituzioni politiche erano bandite, e perfino i
palestinesi che lavoravano per la pace erano arrestati per attività politiche
illegali, nessuno era in grado di controllare quello che succedeva nelle
moschee. "Finché stanno a pregare non sparano", era l'ingenuo
convincimento del governo militare israeliano; quando scoppiò la prima intifada
nel 1987, si vide che era sbagliato. In parte Hamas fu costituito per competere
con i combattenti della Jihad Islamica. In breve diventò il nucleo centrale
della rivolta armata, ma per quasi un anno il Servizio di Sicurezza israeliano
non si mosse contro di esso. Poi la tattica cambiò e lo sceicco Ahmed Yassin,
il leader spirituale, fu arrestato.
Tutto questo è accaduto più per stupidità che per un piano
preciso. Adesso il governo israeliano si confronta con una leadership di Hamas
democraticamente eletta dal popolo. E ora? Be', c'è una forte sensazione di
deja vu. Negli anni '70 e '80 il governo israeliano dichiarò che mai e poi mai
avrebbe negoziato con l'OLP: sono terroristi, hanno un programma che prevede la
distruzione di Israele, Arafat è un mostro, un secondo Hitler. Quindi mai, mai,
mai. Alla fine, dopo tanto versamento di sangue, Israele e l'OLP si riconobbero
a vicenda e si firmò il trattato di Oslo. Adesso sentiamo la stessa musica:
Terroristi, assassini, il programma di Hamas prevede la distruzione di Israele.
Non negozieremo con loro mai e poi mai.
Tutto ciò fa molto comodo al partito Kadima di Sharon che
prevede apertamente un'annessione di territorio unilaterale ("Aggiustare
unilateralmente i confini di Israele"). E aiuterà i falchi del Likud e del
partito laburista il cui mantra è "Non abbiamo interlocutori per la
pace", cioè "al diavolo la pace". Gradualmente i toni
cambieranno. Entrambe le parti, e anche gli americani, scenderanno coi piedi in
terra. Hamas dichiarerà di essere pronta per i negoziati, e ci troverà una
qualche giustificazione religiosa. Il governo israeliano (probabilmente guidato
da Ehud Olmert), si piegherà alla realtà, e alle pressioni americane. L'Europa
dimenticherà i suoi ridicoli slogan. Alla fine tutti concorderanno che una pace
in cui Hamas sia uno degli interlocutori è meglio di una pace con la sola Fatah.
Preghiamo che prima di arrivare a quel punto non si sia versato troppo sangue.
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