MAGA'.ebrei ed arabi dialogano con musiche

ebrei e arabi dialogano con musiche e immagini

1MILANO - «MAGÀ»:
IN ebraico, tocco. Contatto, anche. Quindi, incontro. «Magà»: uno spettacolo - in prima mondiale questa sera alle 21, a Palazzo Reale, nella Sala delle Cariatidi - che non è solo uno spettacolo. «Va letto a due livelli - spiega Alessio Mazzolotti, 31 anni, autore teatrale e televisivo, che l’ha ideato -: uno spettacolo, appunto, costola della grande mostra "Israele Arte e Vita 1906-2006", ma anche un’esperienza, il tentativo di una task force di artisti di tutto il mondo di parlare di luoghi o di situazioni».Mazzolotti, che significa in concreto «parlare di luoghi e situazioni»?«"Magà" ha un altro padre: Yuval Avital, chitarrista, compositore e direttore d’orchestra israeliano. Insieme siamo partiti dalla volontà di creare un ponte fra Oriente e Occidente. E, insieme, tra forme d’arte differenti: musica, cinema, teatro, video art. Ed è nato questo spettacolo, che intende celebrare la vita quotidiana in Israele con serenità e profondità, ma senza stereotipi, anzi, mostrandone pure le profonde contraddizioni».Un mix di musica e cinema?«Una sfida. Una serie di sfide. Quattro musicisti: due uomini, Yuval Avital e Wisam Gibran, due donne, Raneen Hanna e Yael Tai. Si fronteggiano attorno a un totem bianco: l’albero del bene e del male. La prima fase di tutte le coppie di opposti che presentiamo ed esploriamo».Immagini che scorrono, mentre il «quartetto» suona e canta.«Non solo. Volendo raccontare il quotidiano, perchè non far parlare gli stessi musicisti? Così, mentre loro si esibiscono, sul totem scorrono brandelli di loro interviste: l’infanzia, le paure, i sogni. Insomma, la normalità. E la loro musica e le loro voci divengono la colonna sonora dal vivo dei loro stessi interventi».Il ruolo del pubblico? Passivo, come sempre?«Tutt’altro. La gente si siederà per terra, in cerchi concentrici: metafora di un rito ancestrale, la tribù attorno al fuoco. Gli "spettatori" si troveranno poi alle spalle grandi specchi, su cui verranno proiettate le immagini degli alberi che Rafael Yossef Herman ha ritratto nel deserto, in notti di luna piena: colori incredibili, niente ombre. Così anche il pubblico diviene parte attiva».E, al termine, gusterà un «rinfresco» particolare.«Sì: pane, olio e vino. Da duemila anni forme di dialogo mediterranee».

Il Giorno 20/12/2006



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