Nurit Peled Elhanan, La studiosa israeliana: "Nei nostri libri di scuola i palestinesi sono primitivi”
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i Natascia Ronchetti
Nurit Peled Elhanan durante una manifestazione
L'associazione Zochrot, che in ebraico significa Esse Ricordano,
non può ricevere donazioni, nemmeno dall’estero. Ordine del ministero
della Giustizia di Israele. Gli uomini e le donne dell’organizzazione
hanno chiesto aiuto a Nurit Peled Elhanan, docente di
Semiotica del linguaggio alla Hebrew University di Gerusalemme, per
mettere in rete testi scolastici che ristabiliscono verità storiche: li
passano al setaccio, li correggono, depennano, aggiungono.
“Mi hanno appena invitato a contribuire alla revisione”, dice Nurit
Peled “Hanno un programma di studio con il quale esaminano i libri di
storia e, quando trovano ricostruzioni che non corrispondono alla
verità, inseriscono tutto quello è stato omesso”. Nurit Peled ha
completato una lunga ricerca sui testi che finiscono sui banchi della
scuola dell’obbligo israeliana, che termina a 17 anni, quando scatta il
servizio militare obbligatorio, tre anni per gli uomini e due per le
donne. parlato con l'autrice
Le sono serviti cinque anni di analisi linguistica e semiotica per
dimostrare che, dalla storia all’educazione civica alla geografia,
l’obiettivo è consolidare il pregiudizio nei confronti dei palestinesi e
rafforzare gli stereotipi. Una ricerca che in Israele non trova spazio,
nessuna casa editrice l’ha voluta pubblicare in ebraico.
Un caso che ricorda un altro recente fatto di cronaca,
raccontato anche dall'Espresso
,
che ha fatto il giro del mondo: la proibizione da parte del ministero
dell'Educazione di adottare come libro di testo nelle
scuole “Borderlife”, il romanzo dell'israeliana Dorit Rabinyan
che racconta l’amore tra un artista palestinese e una traduttrice
israeliana a New York, diventato nonostante il divieto un vero
bestseller in Israele.
Un muro eretto contro un altro muro - quello del negazionismo della Shoah, armamentario ideologico del gruppo terroristico palestinese Hamas ma anche di altri Paesi musulmani, come l’Iran,
in prima fila nella delegittimazione di Israele – che avvita sempre di
più il conflitto arabo-israeliano in una spirale di odio reciproco. La copertina dell'edizione italiana della ricerca di Nurit Peled-Elhanan
Lo studio di Nurit Peled, che nel 2001 ha vinto il
premio Sakharov per la libertà di pensiero e i diritti umani, in Italia
ha iniziato a circolare grazie al contributo della ex vice presidente
del Parlamento europeo, Luisa Morgantini, con il libro “La Palestina nei
testi scolastici di Israele” (edizioni gruppo Abele). Nurit, che
insegna tuttora a Gerusalemme, è in questi giorni in Italia per un ciclo
di conferenze, in collaborazione con Assopace Palestina. Prossime tappe
a Padova (domani 19 febbraio) e a Roma, il 22, alla Casa internazionale
delle donne.
Professoressa Peled Elhanan, quanti libri ha analizzato?
Tutti i testi che vengono proposti nelle scuole, dalle elementari alle
superiori, dopo l’autorizzazione di una apposita commissione del
ministero dell’Educazione. In teoria gli insegnanti possono scegliere.
Ma l’impostazione è, più o meno, sempre la stessa. E, a loro volta, i
docenti sono stati formati nello stesso modo. Quindi, sono stati
ideologizzati.
Facciamo degli esempi?
Partiamo dalle immagini: il palestinese è raffigurato come un contadino
arretrato, quasi sempre con una tunica e spesso su un cammello. Non
parliamo semplicemente di una stereotipizzazione. E’ un messaggio che
congela il popolo palestinese in una dimensione storica e sociale che è
stata ampiamente superata da ben oltre mezzo secolo. Nei testi non
compaiono mai palestinesi che fanno i medici, gli ingegneri, i cantanti,
i giornalisti, gli insegnanti, solo per fare qualche esempio. Sono
tutti primitivi Alì Baba. Delle caricature. E, potenzialmente, dei
terroristi. Sui confini dello Stato di Israele, nei libri ci sono quasi
sempre solo i riferimenti biblici, quelli definiti dalle antiche tribù. E
i check point vengono rappresentati non come sono in realtà – posti di
blocco davanti ai quali si accalcano centinaia di palestinesi che
rivendicano il diritto di lavorare - ma come luoghi rassicuranti dove i
soldati bevono tè.
E le proteste? Docenti e studenti tacciono?
Certo che le proteste ci sono. Così come ci sono i docenti critici, per
esempio quelli organizzati nell’associazione Insegnanti politici di
Gerusalemme. Ma sono pochi e non sono sostenuti dagli intellettuali di
sinistra israeliani. E mi riferisco anche a grandi scrittori di fama che
vogliono sapere ma non vogliono sapere tutto, che sono contro
l’occupazione militare dei territori palestinesi ma non sono attivisti.
Tutti vedono la realtà come costituita da un “noi” e da un “loro”. Poi,
naturalmente, si avvicendano i ministri e di conseguenza cambiano anche i
libri di storia e di geografia. Ma, nella sostanza, tutto resta uguale.
E adesso due ministeri chiave come quello all’Educazione e quello alla
Giustizia sono in mano ad Habait Hayehudì, la Casa Giudaica, partito
religioso e fondamentalista di destra che vuole cacciare dalla Knesset,
il parlamento, anche i deputati arabi che hanno avuto in un lontano
passato rapporti con palestinesi protagonisti di scontri con gli
israeliani. Vogliono accentuare la giudaizzazione del Paese, non la
democrazia. E hanno un forte potere negoziale nella coalizione di
governo guidata da Netanyahu.
Torniamo alla ricerca. Ne parla con i suoi studenti?
Certo. La prima reazione è lo choc. Quando sanno, però, non possono più
fare finta di nulla. Ma solo i giovani maggiormente istruiti possono
sviluppare questa consapevolezza.
E lei non subisce pressioni?
Molte, ma nessuno è ancora riuscito a fermarmi. La ricerca che ho svolto
non è stata ben accolta nemmeno dai miei colleghi della Hebrew, non
hanno voluto contribuire alla pubblicazione. Il problema di fondo è
l’impostazione ideologica dell’insegnamento, che riguarda tutto il
Paese. Con qualche rara eccezione: le scuole indipendenti, che possono
fare il loro programma, e le scuole miste, dove si studiano sia la
lingua araba sia l’ebraico. Ma il razzismo è, purtroppo, dominante.
Poi però ci sono organizzazioni come Zochrot…
Alla quale il ministero ha, di fatto, tagliato i fondi. E’ costituita da
formatori e ricercatori universitari che cercano di insegnare agli
insegnanti cos’è la nakba, che per i palestinesi è l’Olocausto del loro
popolo. Stanno correggendo i testi scolastici. E mi hanno appena chiesto
di revisionarli, insieme a loro, apportando le integrazioni necessarie,
per poi pubblicarli su Internet. Invito gli attivisti di Zochrot ai
miei corsi, collaboriamo. Ma il peso politico del fondamentalismo e
della destra è molto forte, mentre il partito arabo non ha alcuna
influenza.
Intanto a Gerusalemme e in tutta Israele prosegue la cosidetta intifada dei coltelli…
Parliamo di ragazzini palestinesi disperati, non di terroristi. Si
ribellano a tutto per affermare il diritto di vivere da persone libere.
Una mobilitazione spontanea. E incontrollabile. Alla quale l’esercito
reagisce con le uccisioni o con gli arresti. Dallo scorso settembre
oltre duemila giovani sono finiti in carcere.
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