Stefano Jesurum : Setirot – Maldicenza




«Una guida alla costruzione e al mantenimento di una società basata sul rispetto reciproco»; «C’è un gran bisogno di capire quali sono i limiti dell’uso della parola e quanto può essere arricchente ed educativo il silenzio». Così rav Riccardo Di Segni e rav Alfonso Arbib presentano la riedizione che Morashà propone del “Chafètz Chayìm” (a cura di Donato Grosser). Le regole della maldicenza codificate nel secondo Ottocento, in Polonia, da rabbi Israèl Meìr Kagan, insegnano a “discorrere senza trasgredire la mitzvà di non sparlare del prossimo”.
Un testo che leggerò – anzi, studierò – certamente. Anche perché spero e credo possa essere utile, al di là della stretta osservanza halachica, a contenere gli ormai sfrenati “dibattiti” interni ai social media ebraici, discussioni che a volte sconfinano nell’indecenza.



2  Rav Alberto Moshe Somekh ; giornalismo e maldicenza

 

3   La Bibbia invita i figli di Israele a non spargere calunnie contro il prossimo. Da qui nasce il principio del Lashon Hara (discorso malvagio) che proibisce di dire cose negative riguardo a un’altra persona. Il precetto di noin pronunciare un Lashon Hara, cioè di non dire nulla di negativo riguardo a un altro, si applica anche quando il discorso corrisponde a verità. L’unica eccezione concerne chi ha legittimamente bisogno di ricevere informazioni positive e negative circa una determinata persona (come, per esempio, un datore di lavoro) o circostanza necessarie per prevenire un male maggiore. Una storia chassidica può aiutare a comprendere la severità con cui si proibisce i parlare male degli altri. “Un uomo andava in giro per il villaggio raccontando bugie ingiuriose sul conto del suo maestro. Un giorno, sentendosi in colpa, andò dal maestro e lo pregò di perdonarlo, dicendogli che avrebbe fatto qualsiasi tipo di ammenda che questi gli avesse assegnato. Il rabbino disse all’uomo: “Prendi un cuscino di piumo, taglialo, aprilo e disperdi le piume al vento”. L’uomo fece come gli aveva ordinato il rabbino. Poi tornò da lui e riferì che aveva obbedito al suo invito. Il rabbino disse: “Devi fare ancora una cosa: ora raccogli le piume e rimettile nel cuscino”. L’uomo a questo punto capì che non c’era ammenda per il danno che le sue parole avevano provocato, proprio come era ormai impossibile raccogliere le piume disperse al vento”.
 

 
Fonte: " Per conoscere l'ebraismo" di Daniel Taub

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