Amira Hass :Piccoli trionfi in una lotta da Sisifo. I Rabbini per la Pace


di Amira Hass  - 9 febbraio 2012
Questa settimana sono giunte notizie di tre battaglie individuali che hanno segnato dei punti contro il regime discriminatorio di Israele. I beduini della tribù Jahalin non saranno espulsi in una comunità presso la discarica di Abu Dis e la loro scuola non sarà demolita.  Una gara d’appalto per uno sviluppo lussuoso a Lifta, un villaggio palestinese alla periferia occidentale di Gerusalemme distrutto nel 1948, è stata revocata per ordine della magistratura.  E a Munther Fahmi, il proprietario, nativo di Gerusalemme, della libreria presso l’American Colony Hotel di Gerusalemme Est,  sarà permesso di restare nella città in cui è nato. Milioni di ore di lavoro e una quantità incommensurabile di resistenza da parte dei palestinesi, hanno ripagato.
Forse è stata la scuola ecologica degli Jahalin, fatta di pneumatici usati, nella comunità  Khan al-Ahmar, che ha colpito il grasso fianco di Israele e ha attirato attenzione internazionale sufficiente a far ripensare le autorità di distruzione di Israele.  Per gli sfollati di Lifta (che ora vivono a Gerusalemme) è stato presumibilmente il loro insolito accesso alle loro case in rovina che li ha spinti ad appellarsi contro il danno alla loro eredità e alla sua bellezza.  Il loro appello, avanzato congiuntamente con attivisti e organizzazioni israeliane, ha portato alla denuncia di problemi nella gara d’appalto per lo sviluppo.  E le firme degli autori Amos Oz e David Grossman, nonché quelle di altre figure pubbliche, hanno sicuramente trasmesso al Ministero dell’Interno il messaggio che sarebbe stato un errore deportare Fahmi dal suo luogo di nascita.
Com’è seducente pensare che questi tre esempi contengano qualche formula magica che potrebbe essere copiata per garantire il successo di migliaia di altre battaglie!
Non è così. La consapevolezza che queste sono eccezioni alla regola mitiga le celebrazioni già in tono minore.  Non è ancora chiaro se tutti i Jahalin che vivono in un complesso di tende alla periferia orientale di Gerusalemme saranno salvati da un trasferimento forzato in prossimità della discarica, un piano elaborato l’anno scorso. Ma le autorità d’occupazione restano decise a commettere ulteriori violazioni della legge internazionale  e a concentrare questa popolazione protetta in una singola località permanente. Alla comunità colpita saranno consentiti il riesame e i commenti alla fine della procedura di pianificazione, ma non sarà consultata nel corso di essa.
Nonostante le proteste, anche dell’Europa, l’enorme distesa dell’Area C della West Bank, che è sotto controllo israeliano, continua a essere un laboratorio israeliano per l’attuazione di metodi sofisticati per la deportazione nascosta di palestinesi.
Ci sono decine di migliaia di palestinesi nati a Gerusalemme che sono stati spogliati del loro status di residenti nella città ad opera dell’insensibilità mascherata da legge israeliana sulla residenza.  Le celebrità non fanno alcuno sforzo speciale per difendere il diritto naturale di nascita di queste persone a vivere nella propria città. L’Ufficio del Procuratore Distrettuale di Gerusalemme sta ora accusando due di loro, Mohammed Totah e Khaled Abu Arafa, di permanere illegalmente nella città.
Il presidente uscente della Corte Suprema, giudice Dorit Beinisch, non ha ancora sentenziato sulla petizione di Totah e Abu Arafa e su quella di due altri membri del blocco Cambiamento e Riforme del Consiglio Legislativo Palestinese, contro la revoca del proprio status di residenti.  I quattro sono stati eletti in elezioni per le quali hanno esercitato pressioni gli Stati Uniti.  Ma la Beinisch non si è presa il fastidio di emettere un ordine di sospensione della loro espulsione sino al termine della procedura.  Sapeva che né il paese né il consolato statunitense si sarebbe infiammati in seguito alla loro deportazione forzata.
Lifta si è impressa nella coscienza di Israele come un villaggio palestinese. Ma il diritto alla memoria è presentato come un rischio per la sicurezza. Il sentimento di nostalgia per questa terra e di appartenenza ad essa e il diritto di viverci sono di esclusivo monopolio ebraico.
I Rabbini per i Diritti Umani? Questa organizzazione non è impegnata soltanto nelle battaglie di Lifta e dei Jahalin. Prende parte a dozzine di altre campagne, la maggior parte di esse pari a sforzi di Sisifo, per salvare la gente dalle fauci maligne del regime del privilegio ebraico.  Sono, senza volerlo, tentativi audaci e dolorosi di salvare la parola “ebraico” dall’essere sinonimo in Israele di razzista, altezzoso, duro di cuore, ipocrita, miope.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Haaretz.com
traduzione di Giuseppe Volpe

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