B’Tselem: la crisi dell'acqua a Gaza



Cause dell’inquinamento dell’acqua a Gaza.
La crisi dell’acqua nella Striscia di Gaza si è originata a seguito dell’estrazione eccessiva dell’acqua sotterranea del Sistema Acquifero Costiero. Si è valutato che l’ammontare annuo dell’acqua pompata dalla falda acquifera sia all’incirca il doppio dell’acqua che vi refluisce. A seguito di questa sovra estrazione, che è andata avanti per diversi decenni, nella falda è entrata acqua salata. Inoltre, la scarsa manutenzione degli impianti per il trattamento delle acque reflue a Gaza City durante l’operazione Piombo Fuso, che è cresciuta dopo l’assedio, e i danni subiti dal sistema di smaltimento delle acque reflue a Gaza City durante l’Operazione Piombo Fuso, hanno determinato un ulteriore inquinamento dell’acqua sotterranea, dovuto alle acque di scolo, e una maggiore salinità. Un altro fattore di inquinamento è dato dai siti per lo smaltimento dei rifiuti a Gaza, che non sono gestiti in modo corretto. Subito dopo l’Operazione Piombo Fuso questi siti hanno ricevuto una gran quantità di rifiuti, più di 600.000 tonnellate – che contengono amianto, detriti di media misura, oli e carburanti
Il consumo di acqua a Gaza.
Il consumo giornaliero per persona nella Striscia di Gaza è di 91 litri, leggermente più altro che nella West Bank, dove il valore è di 73 litri, ma inferiore al minimo dei 100 litri che è raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Salute (WHO). In confronto, il consumo giornaliero per persona in Israele è di 242 litri nelle aree urbane e di 211 litri in quelle rurali.
L’entità dell’inquinamento.
Il direttore del controllo di qualità del Servizio Idrico delle Municipalità della Costa di Gaza, Ing. Majed Ghanem, ha detto ad Ha’aretz che un’analisi effettuata nel tardo 2009 su 180 pozzi ha rivelato che, nel 93 % di loro, il livello dei cloruri (che sta a indicare la salinità dell’acqua) era da 1.000 a 2.000 mg/litro, di quattro/otto volte superiore dei 250 mg/litro raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Salute. Un’acqua con un livello dei cloruri così alto non è potabile. Secondo Ghanem, l’inquinamento riguarda anche il colore dell’acqua e provoca anche il suo odore repellente. noltre, un esame effettuato dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente su una serie di pozzi a Gaza ha rinvenuto che la concentrazione dei nitrati era sei volte superiore al livello dei 50mg/litro raccomandati dal WHO. Un livello così elevato di nitrati è suscettibile di causare anemia tra i bambini e metaemoglobinemia (sindrome “blu dei neonati”) tra i neonati, che rischia di portare soffocamento e morte. Uno studio pubblicato nel 2007 per il quale era stato esaminato un campione di 340 neonati di Gaza, aveva rinvenuto che quasi la metà di loro soffrivano dei sintomi preoccupanti della sindrome. L’Autorità Palestinese per l’Acqua stima che quasi il 40 % dell’ incidenza della malattia è correlata a Gaza con l’acqua da bere inquinata. Secondo le Organizzazioni internazionali di soccorso, il 20 % delle famiglie di Gaza ha per lo meno un figlio di età inferiore ai cinque anni che soffre di diarrea a causa dell’acqua inquinata. Uno studio delle Nazioni Unite pubblicato nel 2009 ritiene che a Gaza la diarrea sia la causa del 12 % delle morti di bambini. La mancanza di acqua potabile è suscettibile di causare malnutrizione nei bambini e di influenzare il loro sviluppo fisico e psichico. L’inquinamento dell’acqua danneggia anche i prodotti agricoli della zona. Secondo Ghanem, il latte fornito dalle mucche a Gaza è inquinato e le coltivazioni agricole che una volta caratterizzavano la zona, quale quelle delle arance, sono diminuite in quantità e qualità

Effetti dell’assedio e dell’Operazione Piombo Fuso. Fin dall’inizio dell’assedio, Israele ha vietato l’ingresso di apparecchiature e di materiali che possono essere utilizzati per migliorare, a Gaza, la qualità dell’acqua e del gusto, e per sviluppare e ripristinare le infrastrutture dell’acqua e gli impianti per il trattamento delle acque reflue. Il divieto è rimasto in vigore anche dopo il recente allentamento delle restrizioni, e nonostante la decisione del Consiglio dei Ministri di permettere l’ingresso di materiali da costruzione per progetti che sono stati approvati dall’Autorità Palestinese e sono supervisionati da organizzazioni internazionali. L’attrezzatura necessaria comprende pompe per l’acqua, tubature, generatori, computer, cemento per uso edile, e cloruro. Israele classifica questi materiali come prodotti a duplice uso, che possono essere utilizzati per scopi militari e quindi ne vieta l’ingresso. Attualmente, il Servizio Idrico delle Municipalità della Costa di Gaza richiede 1.250 tonnellate di cemento solo per ricostruire le riserve per l’acqua. Il valico di Sufa tra Gaza e Israele, che è addetto tra le altre cose al passaggio dei materiali da costruzione, è stato chiuso fin dal marzo del 2009. Gli statuti delle Organizzazioni internazionali vietano loro di acquistare, per i progetti di ripristino, cemento fatto entrare a Gaza di contrabbando attraverso i tunnel. La mancanza di materiali da costruzione e di parti di ricambio ha portato anche a una maggiore perdita di acqua dalla rete di distribuzione di Gaza. Prima dell’assedio le perdite erano state del 30 % della quantità di acqua fornita ai consumatori, in genere dovute a perdite nelle tubature. Nel 2009, le perdite hanno raggiunto il 47 %, secondo i dati forniti dal Servizio Idrico delle Municipalità della Costa. La centrale elettrica della Striscia di Gaza sta lavorando a regime ridotto fin da quando Israele l’ha bombardata nel giugno del 2006. C’è pure una penuria di combustibile per uso industriale necessario per far funzionare la centrale, a seguito delle controversie sorte tra l’Autorità Palestinese e Hamas per ciò che riguarda il suo finanziamento, che ha portato a frequenti interruzioni di corrente. Le interruzioni impediscono agli impianti per il trattamento delle acque reflue di completare il ciclo del trattamento di 14 giorni e mettono pure a repentaglio la frequenza dell’approvvigionamento idrico alle case. Secondo i dati delle Nazioni Unite, a Gaza City l’acqua viene fornita alle abitazioni da 4 a 6 ore una volta ogni 5 giorni e nella parte rimanente della Striscia di Gaza da 4 a 6 ore una volta ogni 3 giorni. A causa della bassa pressione, l’acqua non riesce a giungere fino all’ultimo piano degli edifici alti. Nell’Operazione Piombo Fuso, Israele ha danneggiato gli impianti per il trattamento delle acque reflue di Gaza City, determinando l’allagamento di vaste aree agricole con liquami non trattati. Secondo il Servizio Idrico delle Municipalità della Costa, durante l’operazione sono stati danneggiati 30 chilometri di rete idrica, 11 pozzi e 6.000 contenitori privati di acqua, con un danno complessivo per l’acqua e gli impianti per il trattamento delle acque reflue pari a 6 milioni di dollari.
La maggior parte delle acque reflue di Gaza al momento scorre verso il mar Mediterraneo, in parte come acque di scolo grezze e in parte che hanno subito un trattamento parziale. Organizzazioni internazionali hanno scoperto che il tratto di costa nei pressi del quale scorrono le acque reflue è inquinato e non idoneo alla balneazione. Appropriati trattamenti delle acque reflue avrebbero consentito l’utilizzo dei liquami trattati per fini legati all’agricoltura ed avrebbero ridotto il pompaggio dell’acqua dal sottosuolo.
Effetto della situazione economica sul consumo dell’acqua.
A causa della cattiva qualità dell’acqua, molti abitanti di Gaza sono costretti ad acquistare acqua trattata in impianti gestiti da imprenditori locali o utilizzare impianti di dissalazione domestici. La qualità dell’acqua ottenuta in questo modo non è controllata e pure la mancanza di pezzi di ricambio e di alimentazione elettrica regolare li ha danneggiati.
Poiché il costo del trattamento dell’acqua per depurarla dei nitrati e dei cloruri è molto caro, il costo di un metro cubo di acqua trattata è di 50 shekel (circa 13 dollari USA nell’agosto del 2010), 10 volte superiore al prezzo pagato dalle famiglie in Israele. Molti abitati di Gaza non possono far fronte a questo lusso: il tasso di disoccupazione a Gaza ha raggiunto il 39 % nel 2009, e quello di povertà nel 2007 era del 43 %. Nel 2007, la spesa di una famiglia di Gaza era in media pari a poco più di 2.000 shekel al mese.
Le raccomandazioni del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
Per evitare il crollo dell’economia dell’acqua a Gaza, un anno fa, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha raccomandato che venisse posto fine al pompaggio dell’acqua dalla falda acquifera costiera. Il Programma ha inoltre suggerito che Israele ed Egitto, paesi che condividono l’acqua della falda, elaborino un piano d’azione congiunto – che comprende fonti di approvvigionamento di acqua alternative, tra le quali impianti di dissalazione – per far fronte alla crisi idrica di Gaza. Il Programma ha pure raccomandato che venga eseguita un’indagine epidemiologica per studiare gli effetti del consumo di acqua inquinata sulla popolazione di Gaza, in particolar modo sui bambini.Per far fronte alla grave crisi dell’acqua a Gaza, Israele deve permette l’ingresso immediato dei materiali e delle attrezzature occorrenti per ripristinarvi e svilupparvi il sistema idrico e quello di trattamento delle acque reflue. Inoltre, tutte le parti – Israele, l’Autorità Palestinese, il governo di Hamas e l’Egitto – devono mettere in campo interventi per arrestare il rapido deterioramento delle condizioni del sistema idrico sotterraneo della falda Acquifera Costiera, che serve agli abitanti della Striscia di Gaza, e trovare per i residenti ulteriori fonti di acqua da bere.La crisi dell'acqua nella Striscia di Gaza
(tradotto da mariano mingarelli)

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