IN RICORDO DI MAREK EDELMAN,: lettera alle organizzazioni militari palestinesi



Parla Marek Edelman, il protagonista della rivolta nel ghetto L' eroe di Varsavia, appello ai «partigiani palestinesi» «Ma contro i nazisti noi non attaccavamo i civili» Sfuggì nel 1943 alle Ss dalle fognature. «Oggi come allora, nelle guerriglie urbane non vince nessuno» DAL NOSTRO INVIATO GERUSALEMME - Ammette un possibile parallelo tra «partigiani palestinesi» in guerra oggi contro l' occupazione israeliana e «partigiani ebrei» che 60 anni fa combattevano i nazisti. Dice di «comprendere» la necessità di «assassinare» spie e collaborazionisti del nemico. E aggiunge che però oggi come allora «la guerriglia urbana non sarà mai vinta da nessuno, non dai militari e non dai rivoltosi». Marek Edelman, il protagonista della rivolta del ghetto di Varsavia, ha scatenato polemiche a non finire con la lettera-appello per una risoluzione pacifica del conflitto tra israeliani e palestinesi resa nota all' inizio della settimana . «Ma come può fare un paragone tra i kamikaze islamici e gli ebrei partigiani durante la Seconda Guerra Mondiale? Vergogna, non dice neppure che i palestinesi sono terroristi!», protestano indignati i suoi vecchi compagni di battaglia. «Edelman è sempre stato un antisionista e anche questa volta non si smentisce», dichiara da Gerusalemme al quotidiano Ha' aretz più risentito che mai Israel Gutman, ex commilitone di Edelman e autore di numerosi libri sulla resistenza anti-nazista in Europa dell' est. Ma Edelman non si lascia impressionare. Il suo nome è una leggenda. Nato a Varsavia nel 1926, nel novembre 1942 entrò a far parte dei gruppi partigiani che all' interno del ghetto ebraico iniziarono a organizzare la resistenza armata. Una missione disperata: si trattava di convincere gli ebrei che le deportazioni significavano automaticamente la morte nelle camere a gas, occorreva eliminare i kapò, soprattutto trovare armi, scontrarsi con l' antisemitismo diffuso tra i partigiani polacchi. Infine le rivolta armata scoppiò nel ghetto già decimato dalle deportazioni il 19 aprile 1943 e durò sino al 16 maggio, quando i tedeschi penetrarono negli ultimi bunker trovando solo morti. Edelman fu tra un piccolo pugno di partigiani che riuscì a evadere dal ghetto e raggiungere la «parte ariana» di Varsavia tramite le fognature. Poi rifiutò di emigrare in Israele. Rimase in Polonia, è stato un chirurgo di successo, ha militato tra le fila di Solidarnosc. Oggi è il più celebre testimone e guardiano delle memorie dei circa tre milioni di ebrei polacchi sterminati. E dalla sua casa in Polonia ha parlato per telefono al Corriere. Cosa vuole dire quando dice che una rivolta urbana è destinata a fallire? «Penso alla nostra rivolta sessanta anni fa. Ma anche a tante altre nella storia, nessuna ha vinto. Non vincono i partigiani e non vince l' esercito che li combatte. Ecco perché ritengo necessario che ora ebrei e palestinesi debbano riprendere a negoziare». In Israele sono in tanti a criticare la sua scelta di definire «partigiani» gli attivisti palestinesi. Al suo tempo avete mai pensato di usare i kamikaze? «La parola "partigiano" serve solo per connotare la rivolta di una popolazione civile. Non ha accezioni morali. Ma è ovvio che ci sono differenze tra la rivolta palestinese e la nostra in Polonia. Noi non avevamo alcuna cultura della morte. Anzi, volevamo vivere, combattevamo per la nostra vita perché i nazisti volevano liquidarci tutti. Soprattutto combattevamo contro i soldati tedeschi. Non pensammo mai di usare uomini-bomba contro civili. La nostra era una guerra profondamente morale. Nelle nostre operazioni sapevamo che avremmo facilmente perso la vita, ma c' era sempre la possibilità di sopravvivere. Che mi ricordi, la prima volta che udii la parola "kamikaze" fu molto più tardi, quando i giapponesi li utilizzarono nel Pacifico». Ma lei eguaglia la resistenza ebraica al nazismo a quella palestinese contro Israele? «No, non penso siano la stessa cosa. I palestinesi vogliono costruire uno Stato. C' è una dimensione territoriale nella loro lotta che noi non avevamo. Soprattutto, lo ripeto, noi non miravamo ai civili. Posso forse paragonare i sistemi palestinesi a quelli dei guerriglieri in Colombia, ai gruppi criminali al servizio della mafia e dei trafficanti di droga». E' necessario eliminare le spie e i collaborazionisti? «Credo che sia uno dei primi passi per una rivolta popolare. Penso che i palestinesi non abbiano altra scelta». Una via d' uscita al conflitto in Medio Oriente? «Individuare un' autorità morale di statura internazionale che faccia da mediatore». Chi? «Ho già mandato lettere a 3 o 4 persone. Ma non faccio nomi sino a che non avrò le loro risposte». Lorenzo Cremonesi Il personaggio e la storia MAREK EDELMAN Nato 76 anni fa a Varsavia, Edelman (nella foto) durante l' occupazione nazista della Polonia organizzò la resistenza armata degli ebrei della sua città contro la deportazione. Dopo la guerra, Edelman restò in Polonia, dove ha lavorato come chirurgo. E' stato militante di «Solidarnosc» LA RIVOLTA DEL GHETTO Dal 19 aprile al 16 maggio del 1943, 750 ebrei del ghetto di Varsavia, capeggiati da Mordehai Anielewicz, resistettero con le armi all' esercito nazista occupante, per evitare la caduta del ghetto e la deportazione nei campi di sterminio.

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