Alberto Negri : Il martirio degli ultimi nella Cirenaica dimenticata
Niente a volte è più ingannevole della geografia. Stretta tra Bengasi e Tobruk, negli anni Novanta Derna mi apparve scendendo dall’altopiano verso il mare alla fine di una gola fatta di pareti verticali percorsa dallo uadi che veniva dal Gebel al Akhdar irrigando palmeti, frutteti, agrumeti.
Credo che oggi, dopo il ciclone Daniel e il crollo delle dighe, nulla esista più di tutto questo. Ma anche allora il Gebel, chiamato anche la Montagna Verde, era un’insidia assai temuta dallo stesso colonnello Gheddafi. Qui si annidavano infatti islamisti e jihadisti che più volte avevano provato ad assassinarlo. Per tenere buona la popolazione locale e contenere la predicazione degli imam qui negli anni Duemila Gheddafi lanciò nel mezzo del ginnasio greco la “Dichiarazione della Montagna Verde”, un grande progetto per di ridare splendore alla regione della pentapoli, un piano ambizioso che come molti altri del regime rimase sulla carta.
Anche questo alla fine era un inganno. Con la fine di Gheddafi nell’ottobre del 2011, in un Paese travolto dall’anarchia, a Derna nel 2015 tornarono i jihadisti: erano i combattenti libici dell’Isis protagonisti delle battaglie a Dayr az Zor, in Siria, e poi a Mosul in Iraq.
NEL MAROCCO COLPITO dal terremoto almeno c’è uno “stato”, una monarchia con il sovrano padre padrone del Paese che però tace. Non come in Libia che dopo la caduta di Gheddafi dopo la rivolta di Bengasi e l’intervento occidentale si è spaccata tra Cirenaica e Tripolitania senza più ritrovare l’unità. Ormai sono due anni che si devono tenere elezioni per riunificare i governi di Tripoli e Bengasi ma francamente il traguardo appare ancora distante.
Il ciclone Daniel con il crollo di due dighe nella regione di Derna ha spazzato via migliaia di vite che da anni vivono in un ambiente tossico: ma chi in questi decenni ha fatto più manutenzione in Libia, se non a eccezione degli impianti petroliferi utili a rimpinguare le entrate di governi più simili a cleptocrazie di trafficanti di essere umani, divisi in clan e tribù, che non a una nazione? Basta andare a Ras Jedir, al confine tra Libia e Tunisia, dove traffici di ogni tipo alimentano un’economia da mezzo miliardo di dollari l’anno. Lì dove i migranti, derubati, sfruttati e vessati, muoiono nel deserto, lontani da ogni testimonianza, senza alcuna possibilità di salvezza.
LA TRAGEDIA È AVVENUTA proprio a Derna la cui liberazione da islamisti e jihadisti fu annunciata qualche anno fa dallo stesso generale Haftar. La vittoria, accompagnata dai raid americani, prima sullo Stato islamico poi sui gruppi legati ad Al Qaeda aveva spianato la strada alla conquista di una città di 100mila abitanti ma era stata ottenuta con un alto prezzo di sangue e distruzioni.
Queste tragedie hanno molti volti ma soprattutto una vittima, gli ultimi, il popolo, lasciato al suo destino, una moltitudine di essere umani trattati come sudditi privi di valore.
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