Grossman :Israele, la terra e l'anima


Quello che segue è il testo del discorso pronunciato dallo scrittore israeliano dal palco della manifestazione di sabato a Tel Aviv (alla quale hanno partecipato più di 100 mila persone) contro la riforma della Giustizia annunciata dal premier Netanyahu.

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Incontro sempre più persone, soprattutto giovani, che non vogliono continuare a vivere qui. Che si sentono alienati da quanto accade e ciò li rende, a malincuore, degli estranei in patria. Israele come lo conosciamo oggi ha smesso di essere la loro casa e, per non soffrire a causa di questo senso di estraneità, si sono rifugiati in una sorta di “esilio interiore”.

È una sensazione che comprendo, ma fa male.
Perché lo Stato di Israele è stato fondato per essere il luogo nel mondo in cui ogni ebreo, e il popolo ebraico, si sentano a casa. E se così tanti israeliani si sentono “esuli nel proprio Paese”, è chiaro che qualcosa sta andando storto.
Mi sembra che molti condividano questo sentire, gente di destra, di centro e di sinistra, ebrei e arabi, laici e religiosi. Quelli che sono stati sconfitti alle elezioni e persino quelli che hanno vinto: ossia coloro il cui giubilo di vittoria non riesce a nascondere quella sottile sensazione di panico quando constatano il vero prezzo del loro trionfo, e soprattutto quando iniziano a configurare i volti dei partner con cui condividono la vittoria.
Nel ricorrere del 75mo anniversario dalla sua fondazione, Israele si trova di fronte a una lotta fatale sulla propria identità: sui tratti della sua democrazia, sul ruolo dello Stato di diritto, sui diritti umani. Sulla libertà di creazione e sulla libertà di espressione artistica. Sull’autonomia dell’informazione pubblica.
Si tratta di una lotta contro leggi volte a istituzionalizzare il razzismo e la discriminazione, a umiliare le minoranze. Una battaglia contro politici cinici, alcuni dei quali corrotti, determinati a ridefinire la giustizia in modo unilaterale, antidemocratico. E in un batter d’occhio.
Amiche e amici, lo so, non è facile uscire di casa e manifestare settimana dopo settimana, rimanendo imbottigliati nel traffico, a volte per ore. Ma ciò che stiamo facendo qui è un atto di grande risveglio. È l’inizio del ritorno dall’esilio – soprattutto quello interiore, paralizzante – verso casa. In questa folla enorme e variegata, ci sono quanti – come me – cui brucia nei cuori e toglie il sonno il futuro dei diritti Lgbt o dell’istruzione, così come dell’occupazione. Sono qui in piazza con noi rappresentanti di molte organizzazioni che nel quotidiano non si occupano di proteste. E c’è anche chi – come nelle precedenti manifestazioni – da sempre si identifica con la destra.
Tutte queste persone oggi sono pronte a mettere da parte, per un po’, la propria agenda, per unirsi attorno alla cosa più importante, critica e urgente. E lo facciamo perché, dietro al programma unilaterale e oppressivo della “riforma giudiziaria”, vediamo una casa in fiamme. E capiamo che se lo Stato di diritto viene danneggiato in maniera critica anche tutte le altre battaglie importanti si disintegreranno gradualmente. Per tutti questi motivi mi rifiuto di essere un esule in patria e penso sia così anche per voi. Altrimenti non saremmo qui. Manifestiamo perché ci rifiutiamo di essere passivi, ci rifiutiamo di rimanere indifferenti. Ci rifiutiamo di essere esuli nel nostro Paese. Adesso è il momento, amiche e amici, è l’ora buia. Ora è il momento di alzarsi e gridare che questa terra è parte della nostra anima.
Ciò che accade oggi determinerà cosa ne sarà di essa, chi saremo noi e chi saranno i nostri figli. Perché, se lo Stato di Israele sarà così diverso e lontano dalla speranza e dalla visione che lo hanno creato, si può dire che in un certo senso – un pensiero terrificante – non sarà più. Ma se vogliamo – e ovviamente noi lo vogliamo – che lo Stato di Israele continui a esistere e a prosperare, non deve allontanarsi dalla speranza e dalla visione sulla cui base è stato creato. Voi – centotrentamila persone riunite qui stasera – voi siete la speranza, voi siete la visione, voi siete l’opportunità"


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