La settimana scorsa la Corte Penale
Internazionale (CPI) ha comunicato che avrebbe avviato la fase
preliminare di una causa per crimini di guerra presentata dall’Autorità
Nazionale Palestinese (ANP) contro Israele.
Un rapporto informativo israeliano ha
definito l’iniziativa “quasi senza precedenti”. E’ stata nominata una
giuria di tre giudici per l’istruzione della causa: Peter Kovacs
(presidente), Marc Perrin de Brichambaut e Reine Adelaide Sophie
Alapini-Gansou.
La causa ne richiama alla memoria
un’altra: nell’originaria sentenza della CPI che ha ordinato alla
procuratrice capo Fatou Bensouda di riaprire il caso della nave Mavi
Marmara, Kovacs è stato l’unico giudice a votare contro la riapertura.
La procuratrice ha archiviato il caso definitivamente, reputando che la
gravità dell’incidente non fosse sufficiente per portarlo di fronte alla
corte.
Il 31 maggio 2010 dieci attivisti turchi
a bordo della Mavi Marmara, una nave componente di una flottiglia che
cercava di rompere l’assedio di Gaza, sono stati uccisi da commandos
della marina israeliana. Questo numero non è stato ritenuto
sufficientemente alto per una corte che si occupa di “uccisioni di
massa.”
Già respinta?
La sensazione è che per quest’ultima
causa, la soluzione ci sia già. Con la nomina di Kovacs, un giudice che
ha già stabilito che l’uccisione di 10 cittadini turchi da parte delle
forze armate israeliane non debba essere indagata, la corte potrebbe
aver già rigettato la causa dell’ANP.
Benché l’attuale causa sia stata
presentata inizialmente nel 2015, molti osservatori ritengono che il
massacro degli ultimi due mesi da parte delle forze israeliane a Gaza
abbia spinto la CPI verso un atteggiamento più attivo. La tempistica
della CPI nell’annunciare il processo preliminare rivela che l’ANP ha
depositato una denuncia alla fine di maggio, chiedendo alla Corte di
esaminare le attuali violazioni israeliane del diritto internazionale.
Sembra evidente che la ‘Grande Marcia
del Ritorno’ e la risposta vendicativa di Israele – con l’uccisione di
130 palestinesi a Gaza, quasi tutti civili disarmati – sia ciò che ha
spinto la Corte Internazionale ad agire.
Nei giorni scorsi i cecchini israeliani
hanno ucciso un ragazzino che cercava di scavalcare la barriera
installata da Israele. Israele sostiene di dover difendere la sua
sovranità territoriale, ma non è chiaro come un ragazzino disarmato
metta qualcuno in pericolo, tanto meno la sovranità israeliana. Non
riconosce Hamas ed ha rifiutato di definire il proprio confine con la
Palestina, inclusa Gaza.
Perché venga riconosciuta e rispettata
la sovranità di una Nazione, essa deve negoziare i confini con i suoi
vicini. Israele ha ripetutamente rifiutato di farlo, non solo con la
Palestina, ma anche con il Libano e la Siria. Nessuno Stato riconosce
l’occupazione di Israele della Cisgiordania, di Gaza o delle Alture del
Golan. Quindi, non può essere negoziato nessun confine internazionale e
la sovranità di Israele non può essere garantita.
Attacco brutale
Dopo la morte del ragazzino Hamas ha
lanciato decine di razzi su Israele, ferendo parecchi israeliani, e
Israele ha inviato gli F16 di costruzione americana a bombardare Gaza.
Israele lo ha descritto come il più brutale attacco sull’enclave
dall’ultima vasta invasione, nel 2014.
Due ragazzi che giocavano in un parco
pubblico sono stati uccisi dopo che un aereo da guerra ha sganciato una
bomba su un vicino grattacielo. L’esercito israeliano ha sostenuto di
avere avvertito i civili dell’attacco, come per assolversi da ogni
responsabilità, ma non ha fornito prove di questo, anche dopo una
richiesta in merito.
E’ strano che pochi mezzi di
informazione – come questo israeliano – abbiano riferito dell’importante
sviluppo legale che coinvolge la CPI. Il rapporto israeliano ha
affermato che se venisse aperta un’inchiesta formale, si tratterebbe di
“un passo drammatico che avrebbe conseguenze sullo status di Israele
nella comunità internazionale.”
Il comunicato della Corte, di 11 pagine,
invita ad informare la popolazione palestinese circa la CPI ed il ruolo
che è destinata a giocare nel giudicare il caso, indirizzando il
proprio staff a impostare “un sistema di informazione pubblica e
attività di sensibilizzazione a beneficio delle vittime e delle comunità
palestinesi colpite nella situazione della Palestina e riferire
all’Aula, conformemente ai principi stabiliti nella presente decisione.”
Secondo il rapporto informativo
israeliano, esso inoltre invita le vittime palestinesi a presentarsi e
fornire testimonianza sulle loro sofferenze.
Ostacolo iniziale
Questo è un giorno che Israele ha
paventato per anni. Questo è un giorno che ha cercato di evitare come la
peste. Ha fatto di tutto per cooptare la CPI.
Il predecessore di Bensouda nel ruolo di
procuratore capo, Luis Ocampo, si è venduto al miglior offerente. Ha
anche detto che la Corte Suprema israeliana potrebbe legalizzare le
colonie ed ha pubblicamente respinto la causa palestinese. La stessa
Bensouda ha rifiutato di portare avanti questa causa, ma è stata
costretta a farlo dalla giuria sopra menzionata.
Questa notizia non significa che la CPI
stia realmente avviando una causa formale contro Israele. Si tratta di
una fase processuale preliminare; il caso ha incontrato un iniziale
ostacolo sulla strada dell’azione penale formale.
Ma se Israele continua a perseguire i
propri interessi con metodi di massacro di massa, come ha fatto per
anni, allora il caso potrà superare con successo ogni ostacolo che si
troverà di fronte.
Richard Silverstein
scrive sul blog Tikun Olam, che si occupa di rivelare gli eccessi dello
stato di sicurezza nazionale israeliano. I suoi lavori sono stati
pubblicati su Haaretz, the Forward, the Seattle Times e the Los Angeles
Times. Ha contribuito alla raccolta di saggi dedicata alla guerra del
Libano del 2006, ‘E’ tempo di parlare’ (Verso), e ha scritto un altro
saggio nella raccolta ‘Israele e Palestina: prospettive alternative
sullo Stato’ (Rowman &Littlefield).
Le
opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non
rispecchiano necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
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