Akiva Eldar : L'accordo tra Israele e Palestina di Trump punta all'alleanza saudita, non alla pace

 Sintesi personale

Poco dopo che il presidente Donald Trump ha dato l'addio al suo nuovo amico, il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, il 12 giugno, il canale 10 di Israele ha riferito che il genero e consigliere del presidente Jared Kushner e l'inviato del Medio Oriente americano Jason Greenblatt si sarebbero recati in  Medio Oriente la prossima settimana per discutere il piano di pace dell'amministrazione per la regione. Il loro itinerario include soste a Gerusalemme, in Arabia Saudita e negli stati del Golfo. La sede dell'Autorità Palestinese nella città di Ramallah in Cisgiordania non è nei loro programmi. Per ora  l'ultimo accordo promesso da Trump è un piano di pace tra Israele, i sauditi e gli stati del Golfo ricchi di petrolio.
L'opinione prevalente tra i funzionari israeliani e palestinesi che hanno  parlato questa settimana con Al-Monitor è che l'amministrazione Trump consideri  il conflitto israelo-palestinese come un semplice ostacolo all'alleanza strategica  contro l'Iran . Secondo questi funzionari, che hanno parlato in condizioni di anonimato, l'ambasciatore degli Stati Uniti in Israele David Friedman, un convinto sostenitore degli insediamenti in Cisgiordania, ha accertato che l'accordo promesso da Trump poco dopo il suo insediamento sarebbe stato ben visto dal  Primo Ministro Benjamin Netanyahu, ma non dai Palestinesi  .
In questa situazione Israele e l'Arabia Saudita accoglieranno con favore il piano statunitense e solleciteranno i palestinesi a riprendere i negoziati con Israele sulla base del nuovo progetto. I palestinesi probabilmente rifiuteranno  categoricamente il piano, sostenendo che non rispetta le intese raggiunte in anni di negoziati con Israele. La crisi potrebbe comportare  lo smantellamento dell'Autorità palestinese e l'abrogazione dell'accordo di Oslo del 1993. I sauditi incolperanno i palestinesi per il fallimento dell'accordo  rinunciando all'Iniziativa di pace araba guidata dai sauditi  nel 2002 che condiziona la normalizzazione dei legami arabi con Israele al  suo ritiro dai territori occupati.
Il discorso del 10 giugno, Netanyahu consegnato a Gerusalemme ai rappresentanti del Congresso ebraico americano, dà credito a questo scenario. "Se il presidente Abbas vuole fare la pace, riconosca lo stato ebraico, per l'amor di Dio. Ciò porterà la pace una volta per tutte ", ha detto. In seguito ha ripetuto la sua richiesta ai palestinesi di riconoscere Israele come stato ebraico, e ha chiesto che l'AP "la smetta di pagare i terroristi". La Casa Bianca è fortemente d'accordo con entrambe queste condizioni, ma a Ramallah non hanno alcuna possibilità di scelta . Un leader palestinese che adotta l'ethos sionista e abbandona  l'ethos palestinese firmerebbero la sua stessa condanna a morte e nel migliore dei casi sancirebbe la sua fine politica.
In un insolitamente duro editoriale a Haaretz il 9 giugno, Greenblatt ha gettato le basi per un altro round della campagna "non c'è un partner palestinese ". Ha accusato la leadership palestinese di essere l'unico responsabile nel  minare il processo di pace diffondendo menzogne ​​e impegnandosi in "retorica esagerata". Non c'era una sola parola su 51 anni di occupazione militare israeliana e violazione dei diritti umani palestinesi. Il  capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha criticato Greenblatt per aver evitato ripetutamente i  problemi sostanziali durante le decine di riunioni organizzate . Ha rifiutato di discutere i futuri confini e gli insediamenti israeliani e anche la soluzione a due stati, ha detto Erekat. "Sig. Greenblatt, il signor Friedman e [l'ambasciatore degli Stati Uniti presso l'ONU Nikki] Haley, tra gli altri, non saranno soddisfatti finché i palestinesi non appoggeranno il sionismo, rinunceranno ai loro diritti politici e aderiranno all'apartheid ".
Erekat avrebbe potuto aggiungere un altro nome alla sua lista: il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman . In un incontro a fine marzo con i leader ebrei a New York, ha accusato la dirigenza palestinese di aver ripetutamente perso tutte le opportunità che gli erano state presentate negli ultimi 40 anni e di aver rifiutato tutte le proposte ricevute. Secondo un rapporto di Channel 1, il principe ereditario ha sorpreso gli ascoltatori dicendo: "È tempo che i palestinesi accettino le proposte e accettino di venire al tavolo dei negoziati, in caso contrario  stiano zitti e smettano di lamentarsi". Ha chiarito che la questione palestinese non è una priorità per il suo governo e per il pubblico saudita. "Ci sono questioni molto più urgenti e più importanti da affrontare, come l'Iran", ha dichiarato.
Secondo una lunga esposizione questa settimana al The New Yorker, il principe ereditario saudita ha dichiarato ai funzionari statunitensi che è disposto a stringere legami completi con Israele e sembra intenzionato a porre fine al conflitto, anche se i palestinesi non sono soddisfatti dei termini dell'accordo. "Israele non ci ha mai attaccato. Condividiamo un nemico comune ". L' 'articolo  proseguiva dicendo che l'amministrazione dell'ex presidente Barack Obama sospettava che Netanyahu si fosse incontrato segretamente con i leader dello stato del Golfo a Cipro nel 2015, nel tentativo di consolidare un fronte unito contro l'accordo nucleare di sei potenze con l'Iran. Secondo l'articolo, Israele e gli stati del Golfo hanno recentemente ampliato la loro cooperazione militare e di intelligence contro le organizzazioni terroristiche islamiche che operano nella penisola del Sinai. Tuttavia, Netanyahu ignora un punto critico. Come Ephraim Sneh ha scritto lo scorso aprile, Israele ha bisogno di un'alleanza regionale che includa Ramallah  .
Durante il suo discorso al Congresso degli ebrei americani  Netanyahu ha dichiarato: "L'Iran ha prodotto una cosa buona. Ha avvicinato Israele e i nostri vicini arabi più che mai. Gli stati arabi, ha aggiunto Netanyahu, hanno apprezzato le dure politiche di sicurezza di Israele nella lotta al terrorismo ". Ha criticato l'accordo nucleare con l'Iran, dicendo che i paesi che l'hanno sostenuta sono fuori dalla portata dei missili iraniani e hanno ignorato le minacce poste ai vicini dell'Iran, tra cui l'Arabia Saudita e Israele. Netanyahu ha tracciato una linea diretta tra l'accordo nucleare con l'Iran e i nuovi contatti tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord.
Leggendo tra le righe  si può avvertire la preoccupazione che Trump, accecato dalle luci della ribalta della diplomazia internazionale, potrebbe passare  da un accordo nucleare acquoso con la Corea del Nord a un accordo nucleare annacquato con l'Iran. Netanyahu teme  che il desiderio del presidente americano per il Premio Nobel per la pace, possa  trasformare il suo "accordo finale" per la pace israelo-palestinese in una soluzione a due stati che i palestinesi potrebbero accettare. Dopo averlo elevato allo status di messia, gli israeliani non possono quindi accusarlo di essere il loro nemico.

Trump's Israel-Palestine deal targets Saudi alliance, not peace

 

Shortly after President Donald Trump bid farewell to his new buddy, North Korean dictator Kim Jong-un, on June 12, Israel’s Channel 10 reported that the president’s son-in-law and adviser Jared Kushner and US Mideast envoy Jason Greenblatt would travel to the Middle East next week to discuss the administration’s peace plan for the region. Their itinerary includes stops in Jerusalem, Saudi Arabia and the Gulf states. The Palestinian Authority seat in the West Bank city of Ramallah is not on their schedule. For now, there is no mention of the Palestinians on the tour. An alien landing on Earth would be certain that Trump’s promised “ultimate deal” is a peace plan between Israel, the Saudis and the oil-rich Gulf states.

The alien would not be far from the truth. The prevailing view among Israeli and Palestinian officials who spoke this week with Al-Monitor is that the Trump administration views the Israeli-Palestinian conflict as a mere hurdle on the way to forging a strategic US-Israeli-Arab alliance against Iran and its proxies. According to these officials, who spoke on condition of anonymity, US Ambassador to Israel David Friedman, a stalwart supporter of the West Bank settlements, has ascertained that the deal Trump promised soon after he took office would be tailored to fit Prime Minister Benjamin Netanyahu, and too tight to the point of constricting for Palestinian President Mahmoud Abbas.
In this situation, Israel and Saudi Arabia would welcome the US plan and urge the Palestinians to resume negotiations with Israel based on the new blueprint. The Palestinians would flatly reject the plan, claiming that it disregards understandings reached over years of negotiations with Israel. The crisis would result in the dismantling of the Palestinian Authority and abrogation of the 1993 Oslo Accord. The Saudis would blame the Palestinians for the collapse of the deal and would renounce the 2002 Saudi-led Arab Peace Initiative that conditions normalization of Arab ties with Israel on its withdrawal from the occupied territories.
The June 10 speech Netanyahu delivered in Jerusalem to representatives of the American Jewish Congress lends credence to this scenario. “If President Abbas wants to make peace, recognize the Jewish state, for God’s sake. That will bring peace once and for all,” he said. He subsequently repeated his demand for the Palestinians to recognize Israel as the Jewish state, and demanded that the PA “stop paying terrorists.” The White House is strongly on board with both these conditions, but they do not stand a chance in Ramallah. A Palestinian leader who adopts the Zionist ethos and abandons the families of the Palestinian ethos regards as freedom fighters against Israel’s occupation would likely be signing his own death warrant. At best, he would be engineering his political demise.
In an unusually harsh op-ed in Haaretz on June 9, Greenblatt laid the groundwork for another round of the “there’s no Palestinian partner” campaign. He accused the Palestinian leadership of being solely responsible for undermining the peace process by disseminating lies and engaging in “overwrought rhetoric.” There was not a single word about 51 years of Israeli military occupation and violation of Palestinian human rights. Writing in response, chief Palestinian negotiator Saeb Erekat lambasted Greenblatt for repeatedly avoiding substantive issues during the dozens of meetings they held. He declined to discuss future borders and Israeli settlements and even a two-state solution, Erekat said. “Mr. Greenblatt, Mr. Friedman, and [US Ambassador to the UN Nikki] Haley, among others, won’t be satisfied until Palestinians endorse Zionism, renounce their political rights and sign on to apartheid,” he concluded.
Erekat could have added another name to his list: Saudi Crown Prince Mohammed bin Salman. At a late March meeting between the heir apparent and Jewish leaders in New York, he accused the Palestinian leadership of repeatedly missing all the opportunities presented to it for the past 40 years and rejecting all the proposals it had received. According to a Channel 10 report, the crown prince surprised listeners by saying, “It’s time for the Palestinians to accept the proposals and agree to come to the negotiating table, or for them to shut up and stop complaining.” He made it clear that the Palestinian issue is not a priority for his government and for the Saudi public. “There are far more pressing and more important issues to deal with, such as Iran,” he was reported as saying.
According to a lengthy expose this week in The New Yorker, the Saudi crown prince has told US officials he is willing to forge full ties with Israel and sounded keen to end the conflict, even if the Palestinians are unhappy with the terms of a deal. “Israel has never attacked us. We share a mutual enemy,” he reportedly told the Americans. The piece went on to say the administration of former President Barack Obama suspected that Netanyahu had met secretly with Gulf state leaders in Cyprus in 2015 in a bid to consolidate a united front against six powers’ nuclear agreement with Iran. According to the article, Israel and the Gulf states had recently broadened their military and intelligence cooperation against Islamist terror organizations operating in the Sinai Peninsula. Still, Netanyahu ignores a critical point. Like Ephraim Sneh wrote last April, Israel needs a regional alliance that will include Ramallah, not sacrifice it.
During his American Jewish Congress speech, Netanyahu said, “Iran has produced one good thing. It brought Israel and our Arab neighbors closer together than ever before.” Arab states, Netanyahu added, have come to appreciate Israel’s tough security policies and that “Israel can help … against the risks of terrorism.” He criticized the nuclear agreement with Iran, saying the countries that supported it are out of range of Iran’s missiles and had ignored the threats posed to Iran’s neighbors, chief among them Saudi Arabia and Israel. Netanyahu drew a direct line between the nuclear agreement with Iran and the new contacts between the United States and North Korea. “Imagine that President Trump would come back with some deal, and Britain, France and Germany would applaud it, and South Korea and Japan would say that it endangers their existence. You’d think you’d listen to this, right? So the same thing happened with the Iran deal,” Netanyahu argued.
Reading between the lines, one can sense concern that Trump, blinded by the limelight of international diplomacy, could continue in that direction, moving from a watery nuclear agreement with North Korea toward a watered-down nuclear agreement with Iran. Netanyahu may fear the American president’s unabashed desire for the Nobel Peace Prize could thus turn his “ultimate deal” for Israeli-Palestinian peace into a two-state solution that the Palestinians might accept. Having elevated him to the status of a messiah, the Israelis could then hardly accuse him of being their enemy.