I soldati uccidono Raed Salh senza alcuna giustificazione durante un raid militare

I soldati sparano a Raed Salhi nel campo di rifugiati di a-Duheisheh senza alcuna giustificazione durante un  raid ; Raed è morto per le ferite un mese dopo
Pubblicato: 26 ott 2017
Il 9 agosto 2017, tra le 3:00 e le 4:00, i soldati sono entrati nel campo  di a-Duheisheh con l'obiettivo di arrestare due residenti: Raed Salhi, 21 anni, e 'Aziz 'Arafah, 24, che erano tutti e due nelle loro case . Durante l'operazione i soldati hanno sparato ad entrambi gli uomini mentre tentavano di fuggire. Salhi è morto per le lesioni il 3 settembre 2017, mentre 'Arafah è ancora ricoverato in ospedale e detenuto in Israele.
Nella notte in questione, il fratello di Raed, Muhammad Salhi, aveva visto un messaggio su Facebook che riferiva che i militari stavano facendo un raid nel campo. Rapidamente ha svegliato Raed, che dormiva nel cortile sul lato occidentale della casa, dato che le forze di sicurezza erano già venute in passato per arrestarlo. Raed Salhi, che non era armato, si è alzato e ha tentato subito di scappare salendo su un muro di cemento di circa 2 - 2,5 metri di altezza che circondava il cortile.
Nella testimonianza del 13 agosto 2017 al ricercatore sul campo di B'Tselem, Musa Abu Hashhash il fratello di Raed Muhammad, 24 anni, ha dichiarato:
"Ho gridato a Raed di svegliarsi. Si è alzato immediatamente ed è salito sul muro del cantiere per saltare all'altro lato. Allo stesso momento ho sentito un colpo di arma da fuoco . Raed è caduto dall'altra parte del muro. Pensavo che fosse riuscito a fuggire. Mia madre ha iniziato a urlare , ho cercato di calmarla dicendole che Raed era riuscita a fuggire, ma lei non mi credeva e continuava a urlare e a piangere.
Ho camminato verso il muro e ho sentito mio fratello Raed che diceva: "Sono diventato un martire" Lo ripeteva. Ho visto un soldato in piedi sul muro in un angolo. Mia madre e io abbiamo cominciato a gettare piatti e bicchieri dietro il muro per allontanare i militari, ma i soldati hanno sparato al muro."
Nella testimonianza del 13 agosto 2017 al ricercatore sul campo di B'Tselem Musa Abu Hashhash, la madre di Raed, Zeinab a-Maharmeh (Salhi), 52 anni, ha descritto quello che è successo:
"Ho sentito che Muhammad gridava a Raed e gli diceva che l'esercito era nel campo. Sapevo che Raed avrebbe cercato di fuggire prima che arrivassero a casa nostra. Mentre ero in piedi dietro la porta a guardare la strada, per assicurarmi che i militari non potessero entrare nella nostra casa, ho sentito i miei figli Muhammad e Bassam dire che i militari avevano sparato dei colpi e dei soldati erano sul muro intorno al cortile dove Raed dormiva. Pensavo che Raed fosse riuscito a fuggire prima che arrivassero i militari. Ho sentito qualcuno dietro il muro affermare: "Sono diventato un martire", ma la sua voce era debole e poi è rimasto in silenzio. Ho chiesto a Muhammad se fosse la voce di Raed. Muhammad ha cercato di negarlo, ma non gli ho creduto e ho cominciato a gridare e a piangere. Non sapevo cosa stesse  succedendo attorno a me. Ho visto Muhammad gettare piatti e bicchieri dietro il muro e ho iniziato a buttarli anche io. Ho pianto e gridato finché sono quasi svenuta."
La famiglia ha chiamato un'ambulanza. Bassam Salhi, 27 anni, fratello di Raed e Muhammad, che era in casa  , ha cercato di salire sul muro per vedere cosa fosse  successo a suo fratello. È riuscito a vedere che si stava ancora muovendo, ma i soldati  hanno sparato verso di lui e lui è scivolato ed è caduto all'indietro. Dopo alcuni tentativi, mentre i soldati continuavano a sparare al muro intorno alla casa della famiglia Salhi e al muro della casa vicina, Bassam è riuscito  a salire sul tetto di una casa adiacente. Aspettava che i soldati si allontanassero e poi è andato da suo fratello,che giaceva ferito nel vicolo ed era pienamente cosciente . Bassam Salhi ha cominciato a trascinare  il fratello , ma dopo aver proseguito per circa 100 metri alcuni soldati sono tornati e lo hanno costretto a lasciare il fratello. È salito su un tetto adiacente e ha visto i soldati che portavano Raed, che non si muoveva più, in  una moschea vicina. Pochi minuti dopo i soldati hanno cominciato a sparare a Bassam, che è tornato nella casa di famiglia. Altri residenti hanno dichiarato che i soldati hanno portato Raed in un'ambulanza solo dopo 40 minuti.
I militari non hanno informato la famiglia sul posto in cui era Raed, ed è stato solo il giorno dopo che hanno saputo dal Club dei prigionieri palestinesi che era stato ricoverato all' Hadassah Ein Kerem a Gerusalemme.
Sua madre, che lo ha visitato in ospedale il 13 agosto 2017, ha dichiarato  il 28 settembre 2017 al ricercatore sul campo di B'Tselem Musa Abu Hashhash:
"Quando siamo arrivati nella stanza di Raed c'erano due soldati dentro. L'infermiera ci ha visto e immediatamente ha chiuso la tenda per non farmi vedere mio figlio. L'ho sentita parlare al telefono e mi sono innervosita. Avevo paura e sono andata via  immediatamente dall'ospedale. Piangevo molto e ho cominciato a tremare. Sono andata a casa senza vedere mio figlio e sono diventata sempre più ansiosa .
Mercoledì ho deciso di riprovare. Mio marito ed io abbiamo attraversato il Checkpoint 300 e siamo arrivati ​​all'ospedale. La porta della stanza di Raed era aperta e sono entrata. Due soldati che lo custodivano non ci hanno impedito di entrare. Sono rimasta scioccata quando ho visto Raed. Era incosciente e collegato ad una macchina di ventilazione. All'inizio pensavo fosse morto, ma poi ho notato che il suo petto si muoveva. C'era un tubo  nel collo e un altro nel suo stomaco.
Dopo qualche minuto un medico è venuto e si è arrabbiato perché eravamo lì. Ha chiamato la sicurezza. Sono scappata con mio marito e siamo tornati a casa. ancora più preoccupata , perché ho capito che Raed era in uno stato veramente pessimo.
Circa una settimana dopo ho cercato di visitare nuovamente Raed, ma al Checkpoint 300 mi hanno negato l'ingresso e mi hanno ordinato di tornare a casa.  Ho pianto e ho cercato di convincere il soldato che volevo visitare mio figlio in ospedale, ma non mi ha ascoltato e mi ha detto di tornare a casa. Ho aspettato lì per più di due ore finché non ho rinunciato alla speranza. Ho lasciato il checkpoint e sono andata a casa."
In una conversazione successiva con il ricercatore sul campo di B'Tselem Musa Abu Hashhash, la madre di Raed ha spiegato che aveva paura di affrontare il personale medico all'ospedale  creando problemi al  marito, che ha il cancro e viene  curato all' Hadassah Ein Kerem . Il 3 settembre 2017,la famiglia ha ricevuto una telefonata dall'ospedale ed è stata informata che Raed era morto . Circa una settimana dopo l'uccisione di Raed, il 16 agosto 2017, le forze di sicurezza hanno arrestato il fratello di Raed a casa. Gli è stato dato un ordine amministrativo di detenzione per quattro mesi.
L'indagine di B'Tselem dimostra che i soldati che sono venuti ad arrestare Raed Salhi gli hanno sparato senza alcuna giustificazione mentre stava scappando da loro e non erano in alcun pericolo. Inoltre, alcuni dei colpi erano diretti alla parte superiore del suo corpo , in violazione completa degli ordini. I soldati hanno anche sparato al fratello per impedirgli di fornire il primo aiuto. I militari hanno ricoverato Salhi in un ospedale israeliano senza aggiornare la famiglia e le guardie lo sorvegliavano nonostante sia stato incosciente. Quando i suoi genitori hanno cercato di visitarlo, il team medico lo ha impedito e non ha fatto   alcuno sforzo per informarli della sua condizione medica e del suo trattamento. Come in molti casi quando uccide o ferisce i palestinesi, l' establishment della sicurezza è stato rapido ad intraprendere azioni contro la famiglia del ferito Salhi, in questa circostanza negando a sua madre la possibilità di entrare in Israele per visitare suo figlio e detenendo suo fratello senza processo
Per un'intera generazione le  ripetute lettere sull'applicazione della legge,  inviate da  B'Tselem  al sistema militare  non hanno portato a alcuna responsabilità significativa negli incidenti che hanno coinvolto l'uccisione di palestinesi. In molti casi non è stata aperta alcuna indagine e, in ogni caso,  queste indagini si sono quasi sempre dimostrate come una macchia bianca. Di conseguenza, B'Tselem ha deciso di smettere di scrivere al MAG Corps per richiedere indagini. Allo stesso tempo, B'Tselem continua ad agire per incoraggiare le  indagini su incidenti come questo, dove  la forza letale viene utilizzata contro i palestinesi  pur non essendoci  chiaramente alcuna giustificazione accettabile . B'Tselem dettaglia anche tali incidenti nelle relazioni pubbliche. Naturalmente,il sistema giuridico continua ad essere responsabile dell'indagine di tali casi e  a  perseguire tutti i soggetti coinvolti. Tuttavia finché il MAG Corps mantiene la sua politica di sbiancare sistematicamente l'uccisione e il ferimento dei palestinesi da parte delle forze di sicurezza, non c'è alcuna deterrenza che potrebbe eventualmente mettere fine a tali sparatorie letali sui palestinesi.

btselem.org


Soldiers shoot Raed Salhi in a-Duheisheh Refugee Camp without any justification during detention operation; Raed died of his injuries one month later
Published: 
26 Oct 2017
On 9 August 2017, between 3:00 AM and 4:00 AM, soldiers entered a-Duheisheh Refugee Camp with the goal of arresting two residents: Raed Salhi, 21, and ‘Aziz ‘Arafah, 24, who were both in their homes. During the operation, the soldiers shot both the men as they attempted to escape. Salhi died of his injuries on 3 September 2017, while ‘Arafah is still hospitalized and detained in Israel.
On the night in question, Raed’s brother Muhammad Salhi saw a Facebook post reporting that the military was raiding the camp. He quickly woke up Raed, who was sleeping in the yard on the western side of the house, since the security forces had already come in the past to arrest him. Raed Salhi, who was not armed, woke up and immediately attempted to escape by climbing a concrete wall some 2 – 2.5 meters high surrounding the yard.
In testimony taken on 13 August 2017 by B'Tselem field researcher Musa Abu Hashhash, Raed’s brother Muhammad, 24, stated:
Muhammad Salhi. Photo by Musa Abu Hashhash, B'Tselem, 13 Aug. 2017
I shouted at Raed to wake up. He woke up immediately and climbed the yard wall to jump to the other side. At the same moment I heard quick gunfire. Raed fell to the other side of the wall. I thought he’d managed to escape. My mother started screaming and I tried to calm her down and tell her that Raed had managed to escape, but she didn’t believe me and kept on screaming and crying.
I walked toward the wall and heard my brother Raed say “I have become a martyr.” He repeated it. I saw a soldier standing on the wall in the corner. My mother and I began to throw plates and glasses behind the wall to drive the military away, but the soldiers shot at the wall.
In testimony taken on 13 August 2017 by B'Tselem field researcher Musa Abu Hashhash, Raed’s mother, Zeinab a-Maharmeh (Salhi), 52, described what happened:

I heard Muhammad shouting at Raed and telling him that the military was in the camp. I knew that Raed would try to escape before they reached our house. While I was standing behind the door watching the road, to make sure the military hadn’t gotten to our house yet, I heard my sons Muhammad and Bassam say that the military had fired shots and soldiers were standing on the wall around the yard where Raed had been sleeping. I thought Raed had managed to escape before the military arrived. I heard someone behind the wall say a few times “I have become a martyr,” but his voice was weak and then he fell silent. I asked Muhammad if it was Raed’s voice. Muhammad tried to deny it, but I didn’t believe him and I started to shout and cry. I didn’t know what was going on around me. I saw Muhammad throwing plates and glasses behind the wall and I started to throw them too. I cried and screamed until I almost passed out.
The family called for an ambulance. Bassam Salhi, 27, the brother of Raed and Muhammad, who was in the house at the time, tried to climb onto the wall to see what had happened to his brother. He managed to see that he was still moving, but the soldiers standing around the house shot toward him and he slipped and fell back down. After a few more attempts, when the soldiers kept shooting at the wall around the Salhi family home and the wall of the neighboring house, Bassam managed to climb onto the wall and get onto the roof of an adjacent home. He waited for the soldiers to move away and then went down to his brother, who was lying injured in the alley and was fully conscious. Bassam Salhi began to evacuate his brother from the scene, but after progressing about 100 meters some of the soldiers returned and forced him to leave his brother. He climbed onto an adjacent roof and saw the soldiers evacuating Raed, who was not moving any more, to a nearby mosque. A few minutes later, the soldiers began to fire at Bassam, who went back into the family home. Other residents stated that the soldiers only evacuated Raed in an ambulance after about 40 minutes.
The military did not update the family on Raed’s whereabouts, and it was the next day before they learned from the Palestinian Prisoner’s Club that he was hospitalized at Hadassah Ein Kerem in Jerusalem.
The yard where Raed Salhi slept and the fence on which he climbed. Photo: Musa Abu Hashhash, B'Tselem, 13 August 2017

The yard where Raed Salhi slept and the fence on which he climbed. Photo: Musa Abu Hashhash, B'Tselem, 13 August 2017

His mother, who visited him in hospital on 13 August 2017, stated in testimony taken on 28 September 2017 by B'Tselem field researcher Musa Abu Hashhash:

Zeinab a-Maharmeh. Photo by Musa Abu Hashhash, B'Tselem, 13 Aug. 2017
When we got to Raed’s room there were two soldiers inside. The nurse saw us standing at the entrance and immediately closed the curtain so that I couldn’t see my son. I heard her speaking on the telephone and I got nervous. I was afraid and left the hospital immediately. I cried a lot and began to shake. I went home without seeing my son and I only got more and more anxious.
On Wednesday I decided to try again. My husband and I crossed Checkpoint 300 and got to the hospital. The door to Raed’s room was open and I went in. Two soldiers who were guarding him did not stop us going in. I was shocked when I saw Raed. He was unconscious and connected to a ventilation machine. At first I thought he was dead, but then I noticed that his chest was moving. There was a tube in his neck and another one in his stomach.
After a few minutes, a doctor came along and was angry that we were there. He called security. I ran off with my husband and we went home. I got home even more worried, because I realized that Raed was in a really bad condition.
About a week later I tried to visit Raed again, but at Checkpoint 300 they told me that I was denied entry and they ordered me to go home. I was surprised when the soldiers told me that I was denied entry. I cried and tried to convince the soldier that I wanted to visit my son in hospital, but he didn’t listen and told me to go home. I waited there for more than two hours until I gave up hope. I left the checkpoint and went home.
In a later conversation with B'Tselem field researcher Musa Abu Hashhash, Raed’s mother explained that she was afraid to confront the medical personnel at the hospital in case this made problems for her husband, who has cancer and is also being treated at Hadassah Ein Kerem. On 3 September 2017, the family received a phone call from the hospital and was informed that Raed had passed away. About a week after Raed was shot, on 16 August 2017, the security forces arrested Raed’s brother Muhammad at home. He was given an administrative detention order for four months.
Raed Salhi. Photo courtesy of the family.
B'Tselem’s investigation shows that the soldiers who came to arrest Raed Salhi shot him without any justification while he was escaping from them and they were not in any danger. Moreover, some of the shots were directed at his upper body, in complete contravention of the orders. The soldiers also shot at his brother in order to prevent him from providing first aid. The military hospitalized Salhi at an Israeli hospital without updating the family, and stationed guards despite the fact that he was unconscious. When his parents attempted to visit him, the medical team prevented this and did not make any effort to inform them of his medical condition and treatment. As in many cases when it kills or injures Palestinians, the security establishment was quick to take actions against the family of the injured Salhi, in this instance denying his mother the possibility to enter Israel in order to visit her son and detaining his brother without trial.
For an entire generation, repeated letters from B'Tselem to the military law enforcement system failed to lead to any meaningful accountability in incidents involving the killing of Palestinians. In many cases no investigation was opened, and in any case such investigations almost always proved to be a whitewash. Accordingly, B'Tselem has decided to stop writing to the MAG Corps to demand investigation. At the same time, B'Tselem continues to act to encourage accountability by investigating incidents such as this in which lethal force is used against Palestinians in circumstances when there was clearly no acceptable justification for this. B'Tselem also details such incidents in public reports. Naturally, the legal system continues to be responsible for investigating such cases and prosecuting all those involved. However, as long as the MAG Corps maintains its policy of systematically whitewashing the killing and injuring of Palestinians by the security forces, there is no deterrence that might eventually put a stop to such lethal shootings of Palestinians.

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