Giorgio Gomel Nazione di rifugiati e diritto di asilo
hakeillah.com
Nazione di rifugiati e diritto di asilo
di Giorgio Gomel
Il mondo politico e la società civile in
Europa e altrove, in buona parte, ha condannato Trump per i
divieti e limiti imposti all’ingresso di immigrati e rifugiati
negli Stati Uniti, da paesi a popolazione in prevalenza
musulmana, e per la decisione di rafforzare ed estendere il muro
fra gli Stati Uniti e il Messico. Netanyahu no, e nel linguaggio
primitivo di Twitter ha fatto un impudente e trionfalistico
paragone con quanto costruito sul confine fra Egitto e Israele
che avrebbe “fermato l’immigrazione clandestina”. Un proclama
inutile, insensato, irritante per gli ebrei americani e
messicani e che ha costretto il Presidente di Israele Rivlin ad
esprimere le scuse al suo omologo messicano per un’ingerenza
negli affari interni del paese. Ironia amara e tragica, per una
nazione come Israele composta di immigrati e rifugiati. Un
proclama reso pubblico per di più il giorno successivo a quello
in cui il mondo ricorda la Shoah, che promana dal governo di un
paese voluto, fondato e difeso come luogo di rifugio dalle
persecuzioni e di riscatto di un popolo oppresso e discriminato.
Esso riflette un’ideologia che contraddice in modo vistoso il
nostro essere in quanto ebrei, portatori di memoria, sensibili
alle condizioni degli altri e difensori dei valori
universalistici dell’ebraismo, quali la dignità dello straniero,
la difesa dei più deboli.
Guardiamo poi pragmaticamente ai
fatti.
Il muro vantato da Netanyahu come “grande
successo” è in verità una barriera di 250 km, completata nel
2013, costata al bilancio pubblico di Israele circa 500 milioni
di dollari, diretta a impedire l’ingresso nel paese di immigrati
africani che andassero ad aggiungersi ai circa 60.000 già in
Israele, in larga parte rifugiati dall’Eritrea e dal Sudan,
giunti nel paese dopo una fuga disperata attraverso l’Egitto e
il Sinai da guerre ed eccidi di massa nei loro paesi. Gente che
vive nei quartieri diseredati di Tel Aviv, Arad e Eilat, privi
di infrastrutture per un minimo di accoglienza ed integrazione,
soggetti a un grande caos legislativo, alle frequenti vessazioni
della polizia, alla crudeltà xenofoba dei vicini nelle aree
metropolitane più povere, e difesi solo dal coraggio di ONG
israeliane - come la Hotline for Refugees and Migrants, e da
giudici illuminati.
Israele, che pure ha ratificato la
Convenzione sui Rifugiati del 1951 e che afferma di attenersi ai
principi delle Nazioni Unite in materia, non li riconosce come
aventi diritto d’asilo. La legislazione in materia risale alla
“legge sulla prevenzione degli infiltrati” introdotta nel 1954
contro il “ritorno” di palestinesi dai campi profughi dispersi
nei paesi arabi dopo la Nakba. Dal 2005 sono giunti nel paese
profughi dal Darfur (Sudan) e dall’Eritrea, inizialmente in
numeri esigui, poi via via crescenti. In quanto richiedenti
asilo ricevono un visto valido appena due mesi, poi rinnovabile:
possono risiedere in Israele, ma senza usufruire di alcun
diritto circa il lavoro, la casa, l’assistenza sanitaria. Fino
al 2014, secondo un’indagine condotta da Galia Sabar e Elizabeth
Tsurkov (Israel’s policies towards asylum-seekers: 2002-2014,
IAI Working paper, 2015), su circa 9000 sudanesi rifugiati in
Israele nessuno ha ottenuto l’asilo, su 34.000 eritrei appena 4.
Dal 2012 in virtù di una legge
restrittiva, poi emendata e resa ancora più stringente nel 2014,
gli immigrati, detti “infiltrati”, sono costretti a tre mesi di
prigione, seguiti da un lungo periodo di detenzione (in genere
20 mesi) nel campo di Holot nel Negev - dove, pur liberi durante
le ore del giorno, non possono lavorare - e poi rilasciati.
Inoltre Israele ha negoziato con paesi africani come l’Uganda e
il Ruanda accordi per una loro “volontaria” deportazione in
cambio di aiuto finanziario. L’intero meccanismo regolamentare è
concepito per agire da deterrente per futuri tentativi di
ingresso e per spingere i richiedenti asilo già nel paese a
lasciare Israele.
In questo senso Netanyahu ha cinicamente
ragione: la barriera è servita, ormai pochissimi la superano.
Giorgio Gomel
Commenti
Posta un commento