Oltre le 28 pagine: l’Arabia Saudita e l’Occidente

 

 

Oltre le 28 pagine: l’Arabia Saudita e l’Occidente

Redazione 25 luglio 2016 1
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Oltre le 28 pagine: l’Arabia Saudita e l’Occidente
Di Kevin Schwartz
22 luglio 2016
Assaporiamo le spezie dell’Arabia, e tuttavia non sentiamo mai il sole torrido che dà loro la vita.
Questa frase è scritta all’interno della rotonda della Sala di lettura Jefferson nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, al di sopra della raffigurazione del Commercio.
La pubblicazione da tempo attesa delle 28 pagine segrete di un’inchiesta del Congresso sugli attacchi dell11 settembre, rappresenta il resoconto pubblico più completo della prova che certi cittadini sauditi hanno potenzialmente aiutato alcuni dei dirottatori. Tuttavia, qualsiasi prova che il governo saudita abbia fornito consapevolmente assistenza, a questo punto resta indiziaria e non dimostrata ed è  una prospettiva condivisa da un promemoria del 2005 della CIA-FBI, pubblicato lo stesso giorno delle 28 pagine. L’ex Senatore Bob Graham che era membro dell’inchiesta del Congresso, insieme a Terry Strada, la presidente nazionale dell’associazione Famiglie dell’11/9 Unite per la Giustizia contro il Terrorismo, hanno a loro volta replicato che la faccenda del coinvolgimento è lungi dall’essere conclusa, e che è necessario che siano pubblicate altre informazioni segrete.
Mentre le 28 pagine possono fornire poche conclusioni sul modo in cui è accaduto il più grosso attacco terroristico sul suolo statunitense, la loro pubblicazione è un’ulteriore indicazione che è in dubbio la supremazia dell’Arabia Saudita come minato alleato mediorientale irreprensibile. La desecretazione  delle 28 pagine segue a ruota altri sviluppi che hanno minato l’immagine accuratamente curata    dell’Arabia Saudita come alleato fedele e stabile come: la firma di un accordo nucleare con l’Iran nel 2015, che aumentava la prospettiva di una crescente cooperazione con il principale rivale del regno; la diffusione di una serie di cablogrammi sauditi in lingua straniera che trattano questioni interne tra cui il monitoraggio dei cittadini e i tentativi di combattere voci critiche sui media stranieri; la testimonianza non verificata di Zachariaa Moussaoui (il “ventesimo dirottatore”” che descrive  un probabile coinvolgimento del governo dell’Arabia Saudita negli atta’11 settembre; una guerra in Yemen che ha causato migliaia di morti civili e provocato una crisi umanitaria e una preoccupazione internazionale sull’esecuzione di 47 individui accusati di terrorismo.
Una conseguenza di questi sviluppi è l’introduzione di una legge bipartitica a opera del Comitato del Senato statunitense per le Relazioni Estere, per ridurre l’appoggio americano all’Arabia Saudita in fatto di armi da usare nella sua campagna in Yemen.
In un altro caso, la Camera americana dei Rappresentanti ha approvato soltanto per poco una legge che permette il trasferimento di bombe a grappolo in Arabia Saudita, che è la prova che i legislatori stanno cominciando ad affrontare questo problema con maggior attenzione. Inoltre, il Senato degli Stati Uniti ha di recente approvato una legge che premetterebbe al governo dell’Arabia Saudita, di essere ritenuto legalmente responsabile di qualsiasi potenziale ruolo avuto negli attacchi dell’11 settembre, anche se  una scappatoia dell’ultimo minuto nella legge, è probabile che ne diminuirà l’impatto. Si continuano a esprimere preoccupazioni circa il finanziamento che fa paese a favore gruppi estremisti e di moschee di tutto il mondo. In seguito al massacro avvenuto il mese scorso in un locale notturno di Orlando, in Florida, per esempio, Hillary Clinton ha dichiarato che l’Arabia Saudita ed altri paesi del Golfo sono indifferenti riguardo all’appoggio finanziario da parte dei loro cittadini all’estremismo violento. Non è la prima volta che la probabile candidata Democratica ha preso di mira in questo modo  l’Arabia Saudita nel corso  della sua campagna elettorale.
Altrove le relazioni con l’Arabia Saudita stanno subendo un analogo esame. L’anno scorso la Svezia ha deciso di non rinnovare un accordo saudita per le armi mantenuto fin dal 2005, in gran parte per la preoccupazione circa la situazione dei diritti del paese. Il Regno Unito ha ritirato un’offerta di 5,9 miliardi di sterline per un contratto per una prigione, dopo le critiche su violazioni dei diritti umani espresse sia da funzionari dei Tory che da quelli del Partito Laburista. Belgio e Olanda hanno fatto dei passi per porre fine o limitare la vendita di armi all’Arabia Saudita, mentre l’Unione Europea ha approvato una risoluzione non vincolante affinché i paesi membri pongano fine alla vendita di armi. Il governo canadese ha proceduto con un accordo controverso per una  vendita di armi  di 15 miliardi di dollari (firmato dal predecessore dell’attuale governo), tra grida di protesta generali per annullarlo e una
causa legale che sostiene che l’accordo contravviene alle leggi federali che proibiscono vendite di questo tipo a paesi sospettati di usarle contro i civili o di avere una situazione di violazioni ripetute dei diritti umani.
Il Ministro degli Esteri canadese Stéphane Dion, anche se si assume la responsabilità di aver fatto accettare l’accordo per le armi, ha riconosciuto la preoccupazione di tutti, osservando che il fatto di vendere armi all’Arabia Saudita potrebbe essere un problema che è meglio lasciare all’elettorato.
Il ministro degli esteri dell’Arabia Saudita, Adele al Jubeir forse ha ragione quando nota che “la sorpresa nelle 28 pagine è che non c’è alcuna sorpresa,” ma sarebbe in difficoltà a mostrare una tale mancanza di interesse circa il crescente esame minuzioso da parte del pubblico e le percezioni mutevoli sul ruolo dell’Arabia Saudita nel mondo. I sauditi hanno invece replicato ai suddetti sviluppi con azioni dirette, minacce di rappresaglie, e una vivace campagna di pubbliche relazioni. L’ambasciatore saudita in Svezia è stato richiamato in patria per breve tempo. Gli Stati Uniti sono stati minacciati del ritiro di investimenti sauditi dell’ammontare di 750 miliardi di dollari per il loro paese, in base alla legge del Senato per la responsabilità legale del 9/11 (approvata nel maggio 2016).*   In replica al pasticcio del patto canadese per le armi, l’Arabia Saudita ha difeso il suo  sistema giudiziario in quanto “invita a preservare e a proteggere i diritti umani,” anche se la Freedom House** la classifica malissimo in tutte le categorie del suo indice di libertà. Gli attuali funzionari e  ambasciatori e gli ex consiglieri dello stato saudita hanno sempre più cercato energicamente di difendere le azioni e l’immagine del loro stato  di fronte al pubblico, citando il ruolo chiave che ha l’Arabia Saudita nel combattere il terrorismo internazionale, in alleanza con gli Stati Uniti e le Nazioni Unite. Cercano di giustificare la “Operazione Tempesta decisiva” dell’Arabia Saudita in Yemen, come un tentativo di ristabilire il “legittimo ordine” e di “combattere una milizia influenzata dall’Iran.” Questa campagna di pubbliche relazioni è stata favorita da altri tentativi di promuovere una contro-narrazione alle voci critiche sull’Arabia Saudita, compreso l’uso di società di Pubbliche Relazioni allo scopo di affascinare i decisori politici e i giornalisti americani e della  tentata censura di voci critiche riguardo alla situazione  dei diritti umani di quel paese. Nel maro 2016, è stato istituito il Comitato Saudita Americano per le Pubbliche Relazioni e Affari (SAPRAC), il primo gruppo
di pressione con base negli Stati Uniti che ha l’espresso compito di operare per i rafforzamento dei legami tra Stati Uniti e Arabia Saudita e di evidenziare le opportunità di investimento.  “Visione 2030,” il piano promosso come tentativo di diversificare e modernizzare l’economia saudita il quale comprende la parziale privatizzazione della compagnia petrolifera Aramco, di proprietà statale, può essere ragionevolmente considerato una parte di questa  offensiva  del  “fascino”,  dato che i banchieri di tutto il mondo guardano a una parte del premio.
Le risposte circa il coinvolgimento dell’Arabia Saudita nell’11 Settembre si dimostrano vaghe e per sempre ignote. Ma, più che mai, si stanno sollevando domande e si stanno facendo azioni successive in relazione all’Arabia Saudita, estendendole al di là di quello che è contenuto nelle 28 pagine di 14 anni fa e preannunciando un nuovo riallineamento del rapporto di lunga data degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali con questa potenza del Medio Oriente.
Kevin L. Schwartz è uno studioso e scrittore di base a Washington, D.C. Il suo sito web è http://kevinschwartz.org
* http://it.sputniknews.com/politica/20160518/2702082/Riyadh-NewYork-terrorismo-Al-Qaeda.html
**Freedom House è una organizzazione non governativa internazionale, istituita nel 1941, con sede a Washington, D.C., che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche, e diritti umani.
https://www.google.it/webhp?sourceid=chrome-instant&ion=1&espv=2&ie=UTF-8#q=Freedom+House
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.counterpunch.org/2016/07/22/beyond-28-pages-saudi-arabia-and-the-west/

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