Steven Erlander :Se l'ultradestra israeliana attacca gli scrittori talpe",
REPUBBLICA DI OGGI, pp 1-15
Se l'ultradestra israeliana attacca gli scrittori talpe", l'artcolo di Steven Erlander, corrispondente da Gerusalemme del New York Times.
Battaglie per libri, musica, commedie, finanziamenti e onorificenze accademiche: quando avvengono in Israele, queste lotte diventano di natura esplosiva perché generano accanite e feroci discussioni su democrazia, fascismo e fanatismo, identità, destino degli ebrei. Qui, quasi ogni settimana si apre un nuovo fronte nei conflitti culturali e la società intera ne è profondamente scossa. L'ultima battaglia èdi mercoledì scorso, con un attacco sferrato da un gruppo di estrema destra alle amate icone letterarie della sinistra. Tra questi Amos Oz, Abraham Yehoshua e David Grossman, scrittori considerati da anni la voce e la coscienza dello Stato israeliano. Il gruppo "Im Tirtzu" ha dato il via a una campagna a colpi di cartelloni nei quali definisce gli scrittori .talpe nella cultura», innescando accuse di maccartismo. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e numerosi membri della sua coalizione conservatrice si sono uniti al coro di condanna nei confronti di chi denigra questi pilastri della culturali israeliana. Eppure, alcuni di questi stessi ministri hanno preso parte a molte altre battaglie di questo tipo: in particolare Miri Regev, ministra della Cultura e dello Sport, di negare gli aiuti statali alle istituzioni che non esprimono "lealtà" a Israele. Secondo un poeta molto noto, Meir Wieseltier, questa legge «ci avvicina all'ascesa del fascismo». Ma sul Jerusalem Post Isi Leibler ha detto che il governo «non è obbligato a offrire sussidi a chi demonizza la nazione». L'incessante susseguirsi di conflitti di questo tipo è parte di una battaglia politica per cui i politici di nuova generazione vogliono conquistare la posizione di leader del campo nazionalista. Fra loro Miri Regev, 50 anni, potenza nascente nel Likud; Ayelet Shaked, 39 anni, donna senza peli sulla lingua di Jewish Home e Naftali Bennet, 43 anni, ministro dell'Istruzione e capo di Jewish Home. L'Israele che tutti loro rappresentano è più religioso, meno ossequiente verso i valori e l'eredità della vecchia élite europeizzata, e soprattutto è sempre meno a sinistra. «Non siamo in presenza di un semplice conflitto culturale: qui sono in gioco l'aspetto politico, demografico e sociale di Israele» dice Nahum Barnea, uno dei giornalisti più influenti di Israele. Per Yossi Klein Halevi, esperto dello Shalom Harman Institute, le guerre culturali riflettono .la crescente sensazione di assedio» che Israele avverte. .Si sono innescati profondi timori nella psiche degli ebrei. paure da cui il sionismo aveva cercato di affrancarci» spiega. Secondo lui, invece di sentirsi come se vivessero «in una nazione normale tra altre nazioni», molti israeliani si starebbero dirigendo di nuovo verso «una versione statalista del vecchio ghetto ebraico, e sempre più spesso Israele reagisce considerando quanti tra i nostri concittadini sono ritenuti in combutta con questo processo di assedio, o di incoraggiarlo, alla stregua di collaboratori». A gennaio il quotidiano di sinistra Haaretz ha portato alla ribalta i dibattiti interni al ministero su quali opere debbano essere considerate «indesiderate per motivi politici» e quindi proibite agli studenti delle superiori. Tra i vari criteri presi in considerazione, ha spiegato il quotidiano, c'è il fatto di capire se gli artisti si esibiscono negli insediamenti in Cisgiordania e se dichiarano lealtà allo Stato e all'inno nazionale, atteggiamenti particolarmente complicati per i cittadini arabi di Israele. La ministra della Cultura è sistematicamente derisa dalla sinistra per aver raccontato al quotidiano Israel Hayom di «non aver mai letto Céchov, e di non aver mai assistito da giovane alle sue commedie», ma di aver ascoltato «canzoni sefardite». Dal canto suo Bennett ha imposto agli esperti del ministero dell'Istruzione di togliere dall'elenco delle letture per i licei, e proibirne la diffusione, un romanzo che narra la storia d'amore tra una donna israeliana e un giovane palestinese. A quanto sembra, lo ha fatto nel timore che il libro possa promuovere l'assimilazione. La storia d'amore, in verità, si svolge all'estero: la coppia infatti si divide quanto torna a casa, lei in Israele e lui in Cisgiordania. Secondo Bennett, il romanzo Borderlife di Dont Rabinyan infama l'esercito israeliano, e il capo della commissione ministeriale dice che «potrebbe istigare all'odio e scatenare tempeste sentimentali nelle classi»
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